E' il caso editoriale dell'estate,
probabilmente lo sarà anche dell'anno, considerato il piattume che ha
contraddistinto le pubblicazioni di questo 2013, almeno finora e lo
segno nei libri da leggere perchè, nonostante i mille difetti, ha
comunqueil pregio di tenere avvinghiato il lettore dallaprima all'ultima
pagina. E' un giallo di stampo classico, con un'indagine che si riapre a
distanza di decenni, a causa del ritrovamento fortuito del cadavere
della vittima nel giardino del mentore della voce narrante e che innesca
una serie di colpi di scena, in un procedere parallelo delle ricerche
della polizia (tutte sbagliate) e di quelle del narratore (tutte
giuste). Lo sfondo è quello un po' asfittico di una piccola cittadina
della provincia nordamericana, nei cui armadi sono appesi tanti
scheletri quanti sono gli ostacoli che si frappongono alla ricerca della
verità e le immagini stereotipate- dal campus al fast food- sono
comunque ravvivate da una trama originale e, per certi versi insolita,
visto che l'argomento attorno al quale tutto ruota è qualcosa di poco
battuto, come il mestiere dello scrittore.
E questo, ahimè, è il vero punto debole
del romanzo: un plot fortissimo, un'infilata di idee vincenti- ed è
scritto da cani. Con tutto il rispetto per i cani, sia chiaro. Ma uno
stile così sciatto, una ricerca così ingenua, a tratti anche volgare,
della vivacità dei dialoghi, una sequela di occasioni mancate come
quella che si è snodata lungo le quasi 800 pagine del libro (ovviamente,
troppe) erano anni che non mi capitava di incontrarla. E non mi si
venga a dire che l'autore è giovane e che si fatà- perchè gli espedienti
perchè ciò non accada li hanno già messi tutti in atto: d'Orrico, sul
corriere, dice che "dopo questo romanzo, il romanzo contemporaneo non
sarà più lo stesso e nessuno potrà far finta di non saperlo"; l'huffington post si
lancia in un'interpretazione dotta sulla fatica di scrivere,
francamente fuori luogo, tanto quanto aver definito "noir" un romanzo
che di nero non ha assolutamente nulla; infine, ci sono le classifiche
di vendita, che vedono svettare La Verità sul Caso Harry Quebert più o
meno in tutta Europa. Intendo dire, chi glielo farà fare, al buon Joel
Dicker, di iscriversi ad un corso serio di scrittura?
Peccato, perchè nelle mani di una Vargas
(o di un Ed Mc Bain o di un Cornell Woolrich, se vogliamo virare sul
noir) un'idea del genere sarebbe sfociata in un capolavoro assoluto.
Invece, rende solo ricchissimo il suo autore ;-) e finisce su
menuturistico, fra le letture da ombrellone. Perchè lo consiglio, sia
chiaro, ma in uno scenario vacanziero e rilassato, da bagnasciuga, creme
solari e, a turbare la quiete, qualche ciottolo portato a riva dalle
onde. Che le pietre miliari, si sa, son ben altre..
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