Nell'ordine, l'ho detestata/ammirata/amata/adorata, con quell'adorazione tutta speciale che si riserva quando si scopre quante e quali marce in più finiscano per nascondersi dietro modi scontrosi e difficili. Mia nonna era la donna più intelligente che io abbia mai conosciuto, con l'handicap di una nascita sbagliata: se fosse nata un secolo dopo, l'avremmo vista sui giornali, in mezzo ai politici o ai medici o alle stiliste di grido. Avendo avuto la mala sorte di venire al mondo nel 1913, dovette adattarsi a quella trafila di cliché a cui allora era impossibile sottrarsi, a maggior ragione se donna e pure sfortunata- e che, neanche a dirlo, non le appartenevano: la casa, il matrimonio, i figli e la conseguente acquisizione di ruoli che, inevitabilmente, la inchiodarono ad una vita che, in tempi diversi, non avrebbe mai scelto.
Perchè stonata, rispetto alle sue aspettative.
E sottotono, rispetto alle sue doti.
Il suo senso etico, ancora più alto di un senso del dovere elevato alla enne, le impose di non ribellarsi: non fu impedita a farlo, semplicemente lo scelse.
Adattandosi ad una vita sottotono e ricercando spazi personali in quello che più rimpiangeva e più la interessava, vale a dire lo studio.
Mia nonna era la secondogenita di una famiglia benestante, almeno fino a quando non compì 12 anni: in quell'anno, suo padre, l'unico sostentamento alla famiglia, morì di un male misterioso in pochi giorni e la sorella primogenita venne adottata dallo zio che, al tempo delle mille lire al mese, ne portava a casa tremila. Mia prozia Teresa potè diplomarsi, prendere la patente, guidare la macchina, fare scelte indipendenti, mentre mia nonna- che di tutti era la più intelligente e la più dotata- si trovò a dover aiutare la madre a mantenere le sue sorelle e quel fratello maschio che, per ironia della sorte, essendo nato per ultimo, divenne l'ennesima bocca da sfamare e non il possibile erede della professione del padre.
I suoi studi si interruppero alla sesta elementare: da piccola, ridevo come una matta e facevo ridere le mie amiche, quando svelavo il titolo di studio di mia nonna. Da grande, mi si stringeva il cuore.
Perchè in mezzo avevo visto una donna che cercava il riscatto dalla sua ignoranza- e lo cercava, questo sì, nell'unico modo che le apparteneva. Facendo studiare i figli, anzitutto. E sfruttando qualsiasi occasione la vita le offrisse, per ampliare la sua cultura.
Quando dico che ho avuto una nonna che leggeva un libro al giorno, non sto esagerando. Anzi, probabilmente mi sto tenendo bassa, perchè non includo la quantità di riviste, di quotidiani, di documentari che divorava, di continuo. Negli anni, aveva sviluppato un approccio raffinato agli argomenti che la interessavano, la Storia su tutti e se mai ho avuto la possibilità di ampliare i miei orizzonti e di confrontare i miei punti di vista, è da mia nonna che l'ho imparata, su quel tavolo della cucina in cui io ripetevo a voce alta le lezioni e lei chiosava, chiedeva, approfondiva.
E, naturalmente, controbatteva.
Perchè, sia chiaro, se mai ci fu una Van Pelt in famiglia, questa era lei.
Scorbutica, impettita, testarda, irremvibile.
Le sue certezze erano incrollabili- e questo valeva anche per la cucina: gli gnocchi si fanno col pesto, la Pasqualina si fa a Pasqua coi carciofi, con le bietole il resto dell'anno- e la frolla, è un "tre-due-uno"
E ditemi voi, se non aveva ragione...
1. sarebbe meglio impastare a mano, sempre: l'unico vero rischio che presenta la preparazione della frolla è che il burro si surriscaldi (in gergo: che si bruci): non a caso, è prassi farla riposare in frigorifero. Tenete presente, però, che se il burro "si brucia" non c'è riposo che tenga. Ovvio che la salvate, lasciandola una notte in frigorifero: ma la friabilità è diversa. Non solo: lavorandola a mano, potete ridurre al minimo i tempi di riposo- qualche volta, stendo e inforno, senza nessun passaggio in frigo, per dire- e avere sempre la possibilità di capire quando "cogliere l'attimo"- quando cioè è il momento giusto per smettere di lavorare.
Se usate il mixer, il burro deve essere freddissimo- non di freezer, ma di frigo. Sorvegliate la lavorazione e, naturalmente, mettete in frigo.
quale farina? quelle che preferite, purchè siano povere di glutine. Ultimamente siamo tornati alle farine grezze, che sciorinano una gamma di sapori inedita. Proprio per questo, consiglio di andarci piano, a seconda del tipo di farcitura che si vuole usare. Coi frutti di bosco, per esempio, la farina grezza sta divinamente. Con i ripieni al limone, ho qualche dubbio. In ogni caso, è sempre meglio mischiare, in percentuali variabili a seconda dei vostri gusti
quanto burro? dal burro dipende la friablità dell'impasto. Date le premesse, è ovvio che maggiore è la quantità di burro, più difficile sia impastare la frolla: ma una volta che avete preso la mano, è tutta discesa. E una frolla friabile e burrosa è un buon modo per riconciliarci col mondo.
La frolla all'olio, nelle prossime puntate
quanto zucchero? lo zucchero è responsabile della croccantezza. A me la frolla piace friabile, non croccante, quindi ne metto poco. Aggiungo anche che mai come nel caso dello zucchero bisogna tener conto del ripieno: si mangia tutto in un colpo solo, la frolla e quello che contiene-e un boccone troppo dolce copre tutto il resto.
quale zucchero? tendenzialmente, quello semolato. A volte, uso lo zucchero di canna, in una frolla rustica, mentre lo zucchero a velo lo riservo per alcuni biscotti. Ma col semolato mi son sempre trovata benissimo, quindi non cambio.
l'uovo: in teoria, bisognerebbe indicare il peso. Ce la vedete, mia nonna, a pesare le uova? Lei ci metteva un tuorlo, di quelli delle uova di una volta, quando le galline andavano a sentimento e non a misure standard. Io ci metto un uovo intero, se medio, un tuorlo solo, se grande.
la scorza di limone: non chiedetemi perchè, perché non saprei darvi nessuna spiegazione: ma se non metto la scorza del limone, ottengo una frolla meno friabile. Sarà suggestione, mettiamola cosi. Ma se non ho limoni, cambio dolce. E la metto sempre, anche quando fa a pugni col ripieno: magari solo una grattigiatina, ma guai a dimenticarla****
*** arrivata ora email pietosa da lettore, chimico di professione: l'acido citrico neutralizza il glutine. Quindi, non solo la scorza ci va, ma sarebbe ancora meglio aggiungere direttamente qualche goccia di limone.
quanto riposo? dipende da quanto lunga è stata la lavorazione. Tendenzialmente, io faccio riposare dopo che ho steso in teglia. Il motivo, è nel paragrafo seguente.
stendere la frolla col mattarello: nei libri di ricette, di solito c'è scritto di tenere la frolla in frigo per un'oretta, poi di manipolarla un po', per renderla nuovamente lavorabile e poi di stenderla col mattarello sulla teglia, farcire e infornare.
In casa mia, i sogni si infrangevano sul mattarello.
Nel senso che 2 volte su 3 non mi riusciva di tirare la frolla e metterla in teglia in un colpo solo, senza bisogno di aggiunte.
Parlo al passato perché, da quando sono in campagna, ho un tavolo di marmo che si sta rivelando l'alleato più prezioso che potessi avere: è sempre freddo, quindi è l'ideale per la lavorazione della frolla.
Ma già lo so, che quando tornerò a casa, saremo alle solite.
Per cui, io faccio così: lavoro il minimo la frolla e la stendo subito nella teglia, aiutandomi col mattarello fin dove riesco e rappezzando a mano, per il resto. POI- e solo poi, metto in frigo.
cottura: su questo, son talebana. 170°C, modalità ventilata- e la tolgo dal forno quando è ancora chiara. Leggermente brunita, sarebbe l'espressione esatta, ma il leggermente va inteso in senso estremo: appena un velo.
Poi ci sono le cotture in bianco e le varie eccezioni. Ma la mia regola è che la frolla deve cuocere il meno possibile. E riposare almeno qualche ora, prima del consumo.
problemi in cottura: di solito è uno- ed è quello che la frolla non aderisca allo stampo, ma si rattrappisca un po': è perchè nn la si fa riposare nello stampo. Se avete fretta, potete passarla un quarto d'ora nel freezer. Altrimenti, da mezz'ora a tutto il santo giorno, se avete tempo. Per la cottura in bianco, son necessari altri accorgimenti: ma direi che per oggi, la lenzuolata può bastare ;-)
Perchè stonata, rispetto alle sue aspettative.
E sottotono, rispetto alle sue doti.
Il suo senso etico, ancora più alto di un senso del dovere elevato alla enne, le impose di non ribellarsi: non fu impedita a farlo, semplicemente lo scelse.
Adattandosi ad una vita sottotono e ricercando spazi personali in quello che più rimpiangeva e più la interessava, vale a dire lo studio.
Mia nonna era la secondogenita di una famiglia benestante, almeno fino a quando non compì 12 anni: in quell'anno, suo padre, l'unico sostentamento alla famiglia, morì di un male misterioso in pochi giorni e la sorella primogenita venne adottata dallo zio che, al tempo delle mille lire al mese, ne portava a casa tremila. Mia prozia Teresa potè diplomarsi, prendere la patente, guidare la macchina, fare scelte indipendenti, mentre mia nonna- che di tutti era la più intelligente e la più dotata- si trovò a dover aiutare la madre a mantenere le sue sorelle e quel fratello maschio che, per ironia della sorte, essendo nato per ultimo, divenne l'ennesima bocca da sfamare e non il possibile erede della professione del padre.
I suoi studi si interruppero alla sesta elementare: da piccola, ridevo come una matta e facevo ridere le mie amiche, quando svelavo il titolo di studio di mia nonna. Da grande, mi si stringeva il cuore.
Perchè in mezzo avevo visto una donna che cercava il riscatto dalla sua ignoranza- e lo cercava, questo sì, nell'unico modo che le apparteneva. Facendo studiare i figli, anzitutto. E sfruttando qualsiasi occasione la vita le offrisse, per ampliare la sua cultura.
Quando dico che ho avuto una nonna che leggeva un libro al giorno, non sto esagerando. Anzi, probabilmente mi sto tenendo bassa, perchè non includo la quantità di riviste, di quotidiani, di documentari che divorava, di continuo. Negli anni, aveva sviluppato un approccio raffinato agli argomenti che la interessavano, la Storia su tutti e se mai ho avuto la possibilità di ampliare i miei orizzonti e di confrontare i miei punti di vista, è da mia nonna che l'ho imparata, su quel tavolo della cucina in cui io ripetevo a voce alta le lezioni e lei chiosava, chiedeva, approfondiva.
E, naturalmente, controbatteva.
Perchè, sia chiaro, se mai ci fu una Van Pelt in famiglia, questa era lei.
Scorbutica, impettita, testarda, irremvibile.
Le sue certezze erano incrollabili- e questo valeva anche per la cucina: gli gnocchi si fanno col pesto, la Pasqualina si fa a Pasqua coi carciofi, con le bietole il resto dell'anno- e la frolla, è un "tre-due-uno"
E ditemi voi, se non aveva ragione...
TRE-DUE-UNO
Una premessa veloce.
Al mondo, esistono più ricette di frolla che gocce nel mare.
E la sottoscritta le ha provate (quasi) tutte.
Alla fine, son tornata al punto di partenza, con un distinguo- e cioè, che questa frolla è quella che preferisco per le torte con ripieni grassi (a base di creme, di formaggi, di panna e ovviamente, di latte e di uova). Personalmente, la uso anche per le crostate con la marmellata perchè, essendo poco dolce, si equilibra bene con la farcitura: ma questo perchè nelle marmellate di casa mia lo zucchero si sente.
Per il resto, seguo le ricette, via via che le scelgo: per cui, aspettatevi di trovare qui sopra decine di varianti.
Ma la frolla del mio cuore, quella che non tradisce, che mette tutti d'accordo e che d'istinto suggerisco a chiunque mi chieda una ricetta collaudata è quella che segue...
per uno stampo da crostata del diametro di 26 cm
300 g di farina 00
200 g di burro freddo
100 g di zucchero semolato
1 uovo intero
la scorza grattugiata di un limone
un pizzico di sale
un pizzico di sale
burro e farina per ungere lo stampo
Sulla spianatoia, setacciate la farina e unite il burro a pezzetti. Incorporatelo alla farina schiacciandolo lievemente con la punta delle dita (mia nonna diceva "come se stessi contando le palanche, i soldi, cioè) e appena si sono formate delle grosse briciole, aggiungete lo zucchero, l'uovo, il limone e il sale.
Lavorate l'impasto il meno possibile, meglio se con le mani fredde. Bagnatele sotto l'acqua del rubinetto e asciugatele bene, prima di impastare- e vedrete che in un attimo otterrete una palla compatta.
ed ora, i trucchi (i pasticceri fatti e finiti o sedicenti tali sono pregati di astenersi dalla lettura di quanto segue)
Se usate il mixer, il burro deve essere freddissimo- non di freezer, ma di frigo. Sorvegliate la lavorazione e, naturalmente, mettete in frigo.
quale farina? quelle che preferite, purchè siano povere di glutine. Ultimamente siamo tornati alle farine grezze, che sciorinano una gamma di sapori inedita. Proprio per questo, consiglio di andarci piano, a seconda del tipo di farcitura che si vuole usare. Coi frutti di bosco, per esempio, la farina grezza sta divinamente. Con i ripieni al limone, ho qualche dubbio. In ogni caso, è sempre meglio mischiare, in percentuali variabili a seconda dei vostri gusti
quanto burro? dal burro dipende la friablità dell'impasto. Date le premesse, è ovvio che maggiore è la quantità di burro, più difficile sia impastare la frolla: ma una volta che avete preso la mano, è tutta discesa. E una frolla friabile e burrosa è un buon modo per riconciliarci col mondo.
La frolla all'olio, nelle prossime puntate
quanto zucchero? lo zucchero è responsabile della croccantezza. A me la frolla piace friabile, non croccante, quindi ne metto poco. Aggiungo anche che mai come nel caso dello zucchero bisogna tener conto del ripieno: si mangia tutto in un colpo solo, la frolla e quello che contiene-e un boccone troppo dolce copre tutto il resto.
quale zucchero? tendenzialmente, quello semolato. A volte, uso lo zucchero di canna, in una frolla rustica, mentre lo zucchero a velo lo riservo per alcuni biscotti. Ma col semolato mi son sempre trovata benissimo, quindi non cambio.
l'uovo: in teoria, bisognerebbe indicare il peso. Ce la vedete, mia nonna, a pesare le uova? Lei ci metteva un tuorlo, di quelli delle uova di una volta, quando le galline andavano a sentimento e non a misure standard. Io ci metto un uovo intero, se medio, un tuorlo solo, se grande.
la scorza di limone: non chiedetemi perchè, perché non saprei darvi nessuna spiegazione: ma se non metto la scorza del limone, ottengo una frolla meno friabile. Sarà suggestione, mettiamola cosi. Ma se non ho limoni, cambio dolce. E la metto sempre, anche quando fa a pugni col ripieno: magari solo una grattigiatina, ma guai a dimenticarla****
*** arrivata ora email pietosa da lettore, chimico di professione: l'acido citrico neutralizza il glutine. Quindi, non solo la scorza ci va, ma sarebbe ancora meglio aggiungere direttamente qualche goccia di limone.
quanto riposo? dipende da quanto lunga è stata la lavorazione. Tendenzialmente, io faccio riposare dopo che ho steso in teglia. Il motivo, è nel paragrafo seguente.
stendere la frolla col mattarello: nei libri di ricette, di solito c'è scritto di tenere la frolla in frigo per un'oretta, poi di manipolarla un po', per renderla nuovamente lavorabile e poi di stenderla col mattarello sulla teglia, farcire e infornare.
In casa mia, i sogni si infrangevano sul mattarello.
Nel senso che 2 volte su 3 non mi riusciva di tirare la frolla e metterla in teglia in un colpo solo, senza bisogno di aggiunte.
Parlo al passato perché, da quando sono in campagna, ho un tavolo di marmo che si sta rivelando l'alleato più prezioso che potessi avere: è sempre freddo, quindi è l'ideale per la lavorazione della frolla.
Ma già lo so, che quando tornerò a casa, saremo alle solite.
Per cui, io faccio così: lavoro il minimo la frolla e la stendo subito nella teglia, aiutandomi col mattarello fin dove riesco e rappezzando a mano, per il resto. POI- e solo poi, metto in frigo.
cottura: su questo, son talebana. 170°C, modalità ventilata- e la tolgo dal forno quando è ancora chiara. Leggermente brunita, sarebbe l'espressione esatta, ma il leggermente va inteso in senso estremo: appena un velo.
Poi ci sono le cotture in bianco e le varie eccezioni. Ma la mia regola è che la frolla deve cuocere il meno possibile. E riposare almeno qualche ora, prima del consumo.
problemi in cottura: di solito è uno- ed è quello che la frolla non aderisca allo stampo, ma si rattrappisca un po': è perchè nn la si fa riposare nello stampo. Se avete fretta, potete passarla un quarto d'ora nel freezer. Altrimenti, da mezz'ora a tutto il santo giorno, se avete tempo. Per la cottura in bianco, son necessari altri accorgimenti: ma direi che per oggi, la lenzuolata può bastare ;-)