Che io e i numeri non si vada d'accordo, è un altro di quegli assiomi di cui si parlava qualche giorno fa. Sono passata alla storia, al liceo, per aver ispirato la frase più felice della professoressa di Matematica, quando, di fronte al mio ennesimo errore, disse che una zolletta di zucchero, sciolta in una tazzina di caffè, avrebbe avuto più probabilità di ricomporsi, di quante ne avessi io, a capire i teoremi.
Questo per dire che non mi sono stupita più di tanto quando ho realizzato che il calendario dei turni del blog che mi ero elaborata mentalmente non coincideva con le scadenze reali, anzi: semmai, il miracolo era il contrario, visto che finora ero sempre riuscita ad arrivare "giusta"agli appuntamenti. Quello che però mi è rincresciuto è che, oltre ad aver perso un titolo buono, oltretutto ossequioso della tradizione, come "giovedì gnocchi" , passo al pc la serata normalmente dedicata alla televisione: perché, come è vero che il giovedì sta agli gnocchi, è altrettanto vero, almeno in casa mia, che il mercoledì sta ad XFactor.
A scanso di equivoci, anticipo subito che, a dispetto della rigorosa puntualità che mi vede, davanti al televisore, allo scoccare delle nove, con cucina pulita e lavastoviglie avviata, a me XFactor NON piace. Lo trovo lento, dispersivo e volgare, l'esatto contrario del suo corrispondente statunitense, quell'America's Got Talent che, oltre a sfornare talenti veri, annovera anche fra i suoi giudici quella meraviglia della natura di Simon Cowell, che basta vederlo per tornare a sperare.
L'unico motivo per cui guardo questo programma è solo perché spero, ad ogni puntata, che il suo contenuto si possa finalmente avvicinare alla buona idea di partenza- la valorizzazione di talenti musicali italiani- e passi se ciò deve avvenire attraverso i meccanismi di un reality, con annessa gara canora: se questo è lo scotto da pagare per avere un po' di buona musica in televisione, siamo disposti a sorbettarci anche collegamenti quotidiani, processi, coreografie strampalate e tutto quanto fa scioubissss.
Questo per dire che non mi sono stupita più di tanto quando ho realizzato che il calendario dei turni del blog che mi ero elaborata mentalmente non coincideva con le scadenze reali, anzi: semmai, il miracolo era il contrario, visto che finora ero sempre riuscita ad arrivare "giusta"agli appuntamenti. Quello che però mi è rincresciuto è che, oltre ad aver perso un titolo buono, oltretutto ossequioso della tradizione, come "giovedì gnocchi" , passo al pc la serata normalmente dedicata alla televisione: perché, come è vero che il giovedì sta agli gnocchi, è altrettanto vero, almeno in casa mia, che il mercoledì sta ad XFactor.
A scanso di equivoci, anticipo subito che, a dispetto della rigorosa puntualità che mi vede, davanti al televisore, allo scoccare delle nove, con cucina pulita e lavastoviglie avviata, a me XFactor NON piace. Lo trovo lento, dispersivo e volgare, l'esatto contrario del suo corrispondente statunitense, quell'America's Got Talent che, oltre a sfornare talenti veri, annovera anche fra i suoi giudici quella meraviglia della natura di Simon Cowell, che basta vederlo per tornare a sperare.
L'unico motivo per cui guardo questo programma è solo perché spero, ad ogni puntata, che il suo contenuto si possa finalmente avvicinare alla buona idea di partenza- la valorizzazione di talenti musicali italiani- e passi se ciò deve avvenire attraverso i meccanismi di un reality, con annessa gara canora: se questo è lo scotto da pagare per avere un po' di buona musica in televisione, siamo disposti a sorbettarci anche collegamenti quotidiani, processi, coreografie strampalate e tutto quanto fa scioubissss.
Va da sè che, ogni volta, io vada a dormire delusa- o meglio: amareggiata dalla pochezza che lo spettacolo riesce a produrre, come casting, come giudici, come scelta delle canzoni, come tempi assegnati alla musica, come tutto, insomma. Me ne sarei dovuta rendere già conto quando, alla prima edizione, venne eliminato uno dei gruppi più raffinati che mai erano apparsi sui palcoscenici italiani, i Cluster, colpevoli di "non essere entrati in pancia" a quello, fra i giurati, che spiccava per incompetenza in materia musicale. E avrei dovuto averne ulteriore conferma lo scorso anno, quando tre buzzurroni spiritati, che potevano anche essere simpatici, ma che in dieci puntate o forse più, avranno azzeccato tre o quattro note, o forse meno, hanno perso per sei punti la finale, contro un onesto mestierante, tornato nell'inevitabile anonimato appena spenti i riflettori.
E a quelli che potrebbero obiettare che non è il caso di prendersela per queste cose, che i problemi che affliggono questo mondo sono ben altri e ben più gravi e che queste sono solo canzonette, rispondo serenamente con un bell'anche no: perché, vedete, la Dani e io siamo madri di due aspiranti musiciste, che si confrontano da anni con strumenti di tutto rispetto e con uno studio di tutto rispetto e sentire spacciare per musica e per artisti queste banalità di bassa lega, davvero, mi avvelena il sangue. Uno dei giudici, in questa serie, ha sancito che l'intonazione è secondaria, per un adulto che sa di voler fare il cantante- e le nostre figlie a dieci anni, con un futuro irto di punti interrogativi, hanno dovuto affrontare selezioni durissime, all'interno delle quali la perfetta intonazione costituiva la prova preliminare. Abbiamo visto schiere di più o meno giovani con ambizioni artistiche snobbare la musica italiana o esibire con spocchia abissi di ignoranza musicale, quando da noi da anni gli impegni familiari sono modulati sulle stagioni sinfoniche e sui concerti sparsi per l'Europa, e le memorie dei vari cellulari scoppiano di invenzioni di Bach alternati a pezzi dei Green Day. E soprattutto, assistiamo ogni giorno a sacrifici sempre più pesanti- a levatacce mattutine, a schiene precocemente doloranti, a giornate che non conoscono ore libere, la cui ricompensa è tutta e solo nella gioia dell'oggi, nell'amore viscerale per lo strumento che suonano e per ciò che riescono a tirarne fuori. Io non so che cosa farà mia figlia da grande- e penso che anche la Dani lasci aperta ogni strada alla sua : ma quello che so, oggi, è che la musica non è quella che ci propina questa televisione, fatta di risse, di parolacce, di polemiche sterili e di arroganze sfacciate. Perché se l'X factor che si ricerca è solo l'apoteosi del "televisivo" e del "velinismo", allora è meglio metterci una croce sopra. Per sempre.
E a quelli che potrebbero obiettare che non è il caso di prendersela per queste cose, che i problemi che affliggono questo mondo sono ben altri e ben più gravi e che queste sono solo canzonette, rispondo serenamente con un bell'anche no: perché, vedete, la Dani e io siamo madri di due aspiranti musiciste, che si confrontano da anni con strumenti di tutto rispetto e con uno studio di tutto rispetto e sentire spacciare per musica e per artisti queste banalità di bassa lega, davvero, mi avvelena il sangue. Uno dei giudici, in questa serie, ha sancito che l'intonazione è secondaria, per un adulto che sa di voler fare il cantante- e le nostre figlie a dieci anni, con un futuro irto di punti interrogativi, hanno dovuto affrontare selezioni durissime, all'interno delle quali la perfetta intonazione costituiva la prova preliminare. Abbiamo visto schiere di più o meno giovani con ambizioni artistiche snobbare la musica italiana o esibire con spocchia abissi di ignoranza musicale, quando da noi da anni gli impegni familiari sono modulati sulle stagioni sinfoniche e sui concerti sparsi per l'Europa, e le memorie dei vari cellulari scoppiano di invenzioni di Bach alternati a pezzi dei Green Day. E soprattutto, assistiamo ogni giorno a sacrifici sempre più pesanti- a levatacce mattutine, a schiene precocemente doloranti, a giornate che non conoscono ore libere, la cui ricompensa è tutta e solo nella gioia dell'oggi, nell'amore viscerale per lo strumento che suonano e per ciò che riescono a tirarne fuori. Io non so che cosa farà mia figlia da grande- e penso che anche la Dani lasci aperta ogni strada alla sua : ma quello che so, oggi, è che la musica non è quella che ci propina questa televisione, fatta di risse, di parolacce, di polemiche sterili e di arroganze sfacciate. Perché se l'X factor che si ricerca è solo l'apoteosi del "televisivo" e del "velinismo", allora è meglio metterci una croce sopra. Per sempre.
Ingredienti (per 4 persone)
400 g di patate
150 g di farina
1 barbabietola piccola (sui 200 g)
sale
400 g di patate
150 g di farina
1 barbabietola piccola (sui 200 g)
sale
Lavare benissimo le patate con la buccia e metterle a cuocere in acqua fredda leggermente salata. Quando saranno cotte, sbucciarle ancora calde (meglio se bollenti) e passarle allo schiacciapatate. Incorporarvi 100 g di farina e il sale, impastando rapidamente e poi, a poco a poco, la barbabietola frullata, aggiungendo i restanti 50 g di farina, per rendere più asciutto l'impasto. Alla fine, dovrete avere il classico impasto da gnocchi, morbido, ma che non si attacca alle mani. Spolverate il piano di lavoro e preparate tanti rotolini, da cui taglierete degli gnocchi, lunghi max 2 cm. Volendo, potete passarli sui rebbi di una forchetta, per dare loro la classica forma rigata.
Mettete sul fuoco una pentola capiente, con abbondante acqua, portate ad ebollizione, salate e, alla ripresa del bollore, gettatevi dentro gli gnocchi. Quando sono cotti, verranno in superficie. Scolateli bene con una schiumarola, a mano a mano che affiorano, e conditeli con burro fuso e semi di papavero
Buon Appetito
Alessandra
Mettete sul fuoco una pentola capiente, con abbondante acqua, portate ad ebollizione, salate e, alla ripresa del bollore, gettatevi dentro gli gnocchi. Quando sono cotti, verranno in superficie. Scolateli bene con una schiumarola, a mano a mano che affiorano, e conditeli con burro fuso e semi di papavero
Buon Appetito
Alessandra