Il The Recipetionist è uno dei motivi che mi hanno convinta a ripartire con il blog.
Perchè è il contest che avrei voluto inventare io, se solo fossi stata come la Elisa Baker.
Che è la persona più trascinante, più altruista, più generosa che mi sia capitato di incontrare, da parecchio tempo a questa parte.
E che ha inventato una gara ritagliata su misura su queste sue qualità.
Obbligare la blogsfera a rifare le ricette di un blog, ogni mese, significa infatti cogliere il vero senso del nostro essere qui, sul web.
Che non è quello di "una ricetta e via", ma quello più consapevole e meditato di una condivisione a 360°, che includa il nostro sapere, ma anche le nostre emozioni, i nostri affetti e- da qui- il desiderio di rendere parte di una porzione della nostra storia privata anche gli amici che abbiamo incontrato sul web.
Per questi motivi, far circolare le ricette nella rete ha un senso profondo, che va al di là delle mode del momento, che ci vedono tutti come buoi dietro al carro di questo o quel piatto: imponendo una selezione personale, il the Recipetionist ci rende ogni volta protagonisti, anche se sotto i riflettori c'è un blog che non è il nostro e ci coinvolge con tutto il nostro essere e che rende ogni scelta diversa dalle altre, anche quando magari riguarda lo stesso piatto: perchè diverse sono le motivazioni che ci hanno spinto verso quella preparazione e non verso un'altra, esattamente come diversi- e quindi unici- siamo noi che ci divertiamo con un blog di cucina, anche se unica è l'etichetta di foodblogger che ci accomuna.
Come ho già detto, avrei partecipato al The Recipetionist, indipendentemente dal vincitore che avrei incontrato, la mia prima volta.
"una ricetta sola", mi ero detta, "basta essere costanti".
Poi, ho sbirciato il verdetto.
E ho subito capito che i buoni propositi, con me, finiscono all'alba.
Perché impormi di scegliere una ricetta sola, di fronte a quel tripudio di gemme che forma l'indice del blog di Mari- Lasagna Pazza era una roba contro natura, a cui non intendevo nè intendo sottostare.
Il motivo è presto detto: perchè Mari è una sorta di matrioska del melting pot. Intanto, vive a Trieste, città che per ragioni storiche e geografiche è diventata un crocevia di popoli e di culture diversissime fra loro, punto d'incontro della Mitteleuropa e punto di fusione delle tradizioni slave con quelle austriache e con quelle italiche.
Poi, perchè la storia personale di Mari parla la stessa multiculturalità, per giunta nelle lingue a me più affini: il coup de foudre, qui sul web, è avvenuto grazie alla sua nonna genovese, che poi trovò marito nel Basso Piemonte, secondo una tradizione collaudatissima nel secolo scorso a cui non fu immune neanche il ramo della famiglia da cui discendo io, per parte di padre; l'altro ramo scende giù, fino al Salento, altra terra unica, nella sua bellezza e nella sua magia, a cui la unisce un legame che, da qualche anno, è diventato a doppio filo, con una scelta matrimoniale da intenditrice finissima qual è:-); lo sguardo sul mondo si è soffermato poi su Madrid, altro posto del cuore della sottoscritta, che Mari ama con una struggente dolcezza della nostalgia.
Nessuno di questi luoghi è rimasto per Mari una semplice espressione geografica: tutti, al contrario, sono stati filtrati fra le maglie della sua sensibilità e fatti rivivere nei loro aspetti più genuini, più tipici, più emozionanti, con una capacità rara di andare e di arrivare al cuore: leggere la lista delle ricette di Lasagnapazza è molto più che scorrere un elenco di piatti. E' un tranche de vie, un coacervo di delicate emozioni, l'ampiezza di una cultura tanto vasta quanto mai ostentata che si ricapitola in ricette straordinarie, che traggono spunto da questo sapere così raffinato e prendono vita in una bravura senza pari.
Potevo fermarmi ad una sola scelta?
La risposta è ovvia, ed è un no: mai come in questo caso, l'imbarazzo della scelta ha avuto la meglio sui miei propositi severissimi di selezione.
Ma quando si è trattato di scegliere da dove cominciare, per la pubblicazione su questo blog, non ho avuto esitazioni.
E qui sotto, c'è scritto il perché...
STRUCOLO IN STRAZA
Lo strucolo triestino fa parte della storia della mia famiglia acquisita. Quella di mio marito, che è "triestina" per parte di zio e di cugini: noi siamo più numerosi, loro sono "unici" e questo li ha resi quasi fratelli, a dispetto delle distanze che li hanno separati e che, per ironia della sorte, si sono centuplicate negli anni. E' per questo che mangiare come a Trieste in casa nostra ha comunque il sapore di casa: quando possiamo disporre di materie prime fresche, è un tripudio di prosciutti, di pinze, di Liptauer; altrimenti, ci arrangiamo con le ricette.
E lo strucolo è fra quelle più gettonate.
Come se non bastasse, assieme allo strudel è stato il protagonista di una delle sfide più entusiasmanti del'MTChallenge- altro "più-che-parente" della sottoscritta.
Buon ultimo, il fatto che mia suocera usi una ricetta diversa: potevo esimermi dal confronto?
qui trovate la ricetta originale, che è come Mary Poppins- praticamente perfetta. Ma visto che alle blog notes ci siamo già affezionati, eccole qui
1. la pasta è spettacolare. Lo avevano detto, ai tempi dell'MTC, ho potuto verificarlo con mano ieri sera. Fra l'altro, essendo di fretta, ho provato a tirarla subito, senza riposo- e si è lasciata stendere senza opporre resistenza, pure in un rettangolo quasi perfetto. Mia figlia era a un passo dalla ola, per dire...
2. ho variato il ripieno, variando il solo ingrediente degli spinaci: al posto della ricotta e yogurt (ah, l'acido di Trieste!) ho farcito con un più banale mix di spinaci lessati e ricotta, aromatizzati con poco sale e tanta noce moscata.
3. ho fatto cuocere in una pesciera, su due fornelli, a calore moderato, lasciando solo fremere l'acqua di cottura.
4. non è stato necessario aspettare neppure per tagliare: certo, se avessi avuto un po' più di tempo, di sicuro non mi sarei sentita come Muzio Scevola, ma la pasta non si è sfaldata, nonostante l'umidità non ancora evaporata e- mani a parte- è andato tutto splendidamente
5. la foto è stata scattata alle 20.00, poco prima che il piatto passasse nel forno a gratinare: ho cosparso con Parmigiano, ciuffetti di burro e altra noce moscata (piace alla figlia, abbiate pietà): la gratinatura è durata pochi minuti minuti
6. in totale, considerando che ho saltato i tempi di riposo, per realizzare questo piatto ho impiegato meno di un'ora: 10 minuti per fare la pasta e stenderla, 5 per farcirla - il ripieno è roba da un minuto, a dir tanto- e arrotolarla, 30 per bollirla e il resto per tagliarla, disporla in teglia, condirla e farla gratinare. Onestamente, pensavo peggio.
7. mia suocera è solita preparate lo strucolo per le cene in piedi. Lo prepara al mattino per la sera, lo conserva in frigo affettato a rondelle e disposto in una pirofila da forno, di quelle del servizio buono, che possa andare sulla tavola degli ospiti e lo fa gratinare durante l'aperitivo: a Genova è una "novità" e finisce in un nano secondo
8. il plus è la versatilità del ripieno: proverò quello di Mari al più presto (ieri ero senza yogurt bianco), ma si presta benissimo ad accogliere tante varianti, anche in abbinamento col condimento.
9. l'unico neo è che a finirlo, ci abbiamo impiegato sì e no 5 minuti e ne avremmo voluti tutti una seconda porzione che, ahinoi, non c'era più.
10. per finire, rispetto alla versione domestica, non c'è paragone...#questoepiubuono :-)
con questa ricetta partecipo al The Recipetionist di Settembre 2014