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lunedì 12 gennaio 2015

LEMON MERINGUE PIE- E. KNAM


La creatura non si perde una puntata di Bake off Italia.
Detto così, può non sembrare preoccupante come in effetti è.
Perchè "non perdersi una puntata" a casa nostra significa non solo programmare le agende in modo da essere davanti alla TV il venerdì sera e proibire al resto della famiglia di guardare dell'altro, ma anche registrare la serie e riguardarsela, cadendo in catalessi davanti allo schermo e facendo elucubrazioni profonde sullo spessore della sfoglia o il grado di cottura della meringa.
Ovviamente, l'idolo del momento è Ernst Knam, nella cui pasticceria officia appena può, spendendo i soldi della paghetta in dolci mangiati in piedi che poi, una volta a casa, cerca di far riprodurre.
A me.
Da qui in poi, mi taccio
E voi, potete ridere...




LEMON MERINGUE PIE
ERNST KNAM


Torta celeberrima, must della pasticceria inglese, con la quale sono praticamente cresciuta, additata dal resto del mondo come quella dai gusti strani, visto che da noi le meringhe si mangiavano dure e compatte e soprattutto da sole. La mia ricetta ha una crema più complessa e più leggera ma il paragone si ferma qui. Il resto, è in una delle tre tortiere che ho tenuto a casa (tutte e tre per crostate, a conferma della genialità di base della sottoscritta) e che è stata spazzolata in men che non si dica.
La ricetta è qui, le note, come al solito, in fondo


per la frolla:
200 g di farina 00
100 g di burro
100 g di zucchero
40 g uova (1 uovo medio)
4 g di lievito per dolci
i semi di 1/2 bacca di vaniglia
1,5 g di sale

per il curd
5 uova intere, medie
300 g di zucchero
180 ml di succo di limone, filtrato
200 g di burro
1 foglio di colla di pesce

per la meringa italiana
125 g di albumi (circa 3, medi)
175 zucchero semolato
25 g zucchero a velo
50 ml di acqua

per la frolla
impastate lo zucchero con il burro, velocemente; unite poi la farina, l'uovo e gli altri ingredienti ed impastate, fino ad ottenere un composto omogeneo e compatto. dategli la forma di una palla, avvolgetelo in carta trasparente da cucina e lasciatelo riposare in frigo per mezz'ora. Dopodiché, stendetelo nello stampo, precedentemente imburrato e infarinato, e fate cuocere in bianco a 175°C per 20 minuti circa. Sfornate e fate raffreddare.

per il curd
Ammollate in acqua fredda la colla di pesce
Sgusciate le uova in una casseruola e stemperatevi lo zucchero, con una frusta, senza montare. Filtrate il succo di limone, scaldatelo leggermente, poi unitelo al composto di zucchero e uova. Fate scaldare a fiamma bassa, fino a 85°C, poi spegnete il fuoco e lasciate raffreddare, fino a 60°C. unite la colla di pesce, ben strizzata e il burro, a dadini e mescolate vigorosamente, fino a farli sciogliere del tutto. Lasciate intiepidire, poi versate il curd nel guscio di frolla e lasciate raffreddare completamente. 

per la meringa italiana
Preparate lo sciroppo di zucchero: in un casseruolino dal fondo spesso, fate sciogliere lo zucchero semolato e l'acqua, a fiamma media: servendovi di un termometro da cucina, controllate la temperatura: è pronto quando arriva a 121°C
Quando lo sciroppo inizia a bollire, montate gli albumi con lo zucchero a velo, fino ad ottenere una massa soda: versate poi lo sciroppo caldo, meglio se un po' alla volta, senza mai smettere di montare. Quando avete incorporato tutto lo zucchero, continuate a montare, fino al completo raffreddamento. 

montaggio della torta
versate la meringa in un sac-à-poche a bocchetta zigrinata (si dice così?). Prendete la torta, controllate che la crema sia fredda (almeno a temperatura ambiente) e iniziate a ricoprirla con ciuffetti di meringa, il più regolari possibile. Fiammeggiateli poi con un cannello, in modo che abbiano la punta leggermente brunita. 





1. partiamo dalla frolla: il metodo consigliato è quello che prevede l'assorbimento del burro nello zucchero e che serve per dare maggiore friabilità all'impasto. In teoria, tutto facile. In pratica, il rischio è quello di bruciare il burro. Cosa che un po' è successa, perchè se guardate la foto, vedrete che i bordi si sono un po' ritirati in cottura, su un lato. Il mio consiglio è quello di usare sempre burro freddo, lavorarlo il minimo possibile e poi far riposare la frolla in frigo almeno due ore. Infinite sono le ragioni per cui Knam è Knam e la Van Pelt è la Van Pelt- e la necessità di riposo della mia frolla è una di queste.

2. la cottura è in bianco, con il metodo della carta da forno e dei fagioli. Stendete la frìlla nello stampo, rivestitela con un foglio di carta da forno, coprite il fondo con dei fagioli e infornate. qualcuno consiglia di togliere tutto l'ambaradan a tre quarti di cottura, ma in questo caso non è fondamentale: l'importante è che vi ricordiate di eliminarlo prima di versare la crema

3. la crema è un curd ammazzafegato. Duecento grammi di burro non si possono sentire. Che si possano mangiare e magari anche per due volte di fila, è un'altra faccenda: ma se preferite un ripieno più leggero, potete ridurre le dosi. 

4. se non siete più che esperti, fate cuocere la crema a bagno maria

5. tutta questa preparazione è stata fatta senza termometro, perchè sto facendo trasloco e quasi tutta l'attrezzatura della cucina è già nella casa nuova. Sono andata a occhio e vabbè, è andata bene. Però, se amate la pasticceria, il termometro è uno strumento essenziale: costa una trentina di euro, più o meno, ma è una delle poche cose davvero indispensabili, in una cucina domestica, con qualche velleità. 

6. la meringa proposta è una meringa italiana, sulla quale ci sarebbe tantissimo da dire: qui mi limito a suggerirvi di seguire alla lettera il procedimento indicato, sintetico, ma efficace. E poi, con calma, faremo un post. 

7. infine, il cannello era assieme al termometro, nella casa nuova. il risultato che vedete nella foto è stato ottenuto passando la torta sotto il grill, potenza quasi massima, due minuti. Era il metodo di mia mamma e di generazioni di donne inglesi, che lasciavano il cannello ai mariti saldatori e potenziavano le funzionalità del forno- e ancora funziona...

A domani,
Ale

mercoledì 24 settembre 2014

TORTA DI RISO "NON CARRARINA" PER L'MTC N. 41


 Elenco dei motivi per cui questa torta di riso NON va confusa con la torta di riso della Lunigiana, comunemente detta "carrarina".

1. perchè è una torta di famiglia di un mio collega, di cui mi sono innamorata al primo morso (della torta, non del collega)

2. perché quando ho chiesto al collega la ricetta, lui, anziché obbedire prontamente, ha alzato gli occhi al cielo e ha risposto con un minaccioso "ma lo sai quante uova ci sono, lì dentro?", lasciandomi sola nel travaglio della curiosità e del peccato di gola (quello che avevo intenzione di commettere, più e più volte, se solo il maledetto avesse sganciato la ricetta)

3. perchè, quando finalmente son riuscita ad elaborare quanto di più simile a questa torta, ho commesso tutta una serie di sbadataggini- fra cui dimenticarmela una notte in forno spento, convinta di averlo acceso al minimo- che sono poi state codificate come "trucchi perchè riesca", perché a casa mia, una volta su due, funzona così. 

4. in ultimo, perchè l'ho adattata alla sfida.

E ora, vediamo chi sarà quello che scriverà per primo nei commenti "ma non è una carrarina!"


per 2 teglie da 22 cm cad
300 g di riso lessato, del tipo Originario o Roma
300 g di zucchero
1 litro di latte
12 uova
1 bicchiere di liquore Strega
la scorza di un'arancia non trattata 
un pizzico di sale
burro per ungere la teglia


Di solito, lesso il riso in acqua e sale, poi ne peso 300 g e procedo come da ricetta: questa volta, invece, ho seguito le indicazioni di Annalena e son partita da 300 g di riso originario, che ho fatto prima sbianchire per un minuto in acqua bollente e poi, dopo aver scolato e sciacquato, ho rimesso in pentola, coperto di latte bollente. Ho aggiunto lo zucchero, ho portato a cottura a fiamma bassa, ho lasciato che il latte si concentrasse in una crema e solo allora ho pesato il riso. 
O meglio: ho rinunciato a pesarlo. 
Perchè 300 g di riso lessato in acqua non corrispondono a 300 g di riso crudo
Ergo, il peso finale di 300 g di riso lessato in acqua e poi nel latte non è uguale a quello di 300 g di riso crudo lessato direttamente nel latte. 
Quando l'ho capito, il neurone era così affaticato che ha passato il testimone all'occhio: e così ne ho messi da parte due cucchiai, per l'esperimento n. 3 e sono andata a spanne, per così dire.

Di solito, la carrarina si fa stendendo il riso lessato in teglia e versandoci sopra il composto rigorosamente non montato di uova, latte, zucchero, liquore e aroma. Io, invece, metto tutto assieme, secondo una ricetta che avevo trovato nel Righi Parenti: riso lessato nel latte e zucchero, uova sbattute leggermente, liquore, scorza d'arancia e altri aromi (la scorza di limone ci andrebbe d'ufficio, per dire). Mescolo bene e verso in teglia. 
Dopodiché, faccio riposare in frigorifero per una notte. 
Questo, non è scritto da nessuna parte: ma è il frutto di un errore, quando pretendevo che la torta si cuocesse, in forno spento. 
Dalla disperazione del "mi tocca buttare via tutto" son passata a un "boh, senti, proviamo lo stesso" a un "da ora in poi, lo farò sempre", da tanto era migliorato il risultato finale. 
L'unico accorgimento è di natura igienica: il riposo avviene rigorosamente in frigorifero, dopo che la teglia è stata sigillata con pellicola trasparente. 
La cottura è a 90°C, modalità statica, per 3 ore come minimo: questo era l'altro segreto che ero riuscita a carpire al collega, che si era lasciato scappare che era andato a dormire alle due del mattino, dietro a quella torta.
Mi raccomando: anche se a fuoco bassissimo, deve cuocere bene, anche all'interno.
L'ultima volta che ero di fretta ho servito una torta di riso che si sfaldava nella teglia, a dispetto di una apparente compattezza, e che, naturalmente, faceva caghèr: tenetela in forno anche un po' di più, intanto non brucia.
Altro accorgimento: di solito, io la sformo,a differenza della carrarina tradizionale. Il motivo va ricercato nel fatto che mescolo tutto assieme e quindi il riso dà struttura; nella versione originale, il riso resta sul fondo e sopra salgono le uova, per cui il passaggio dalla teglia al piatto da portata può rivelarsi pieno di insidie.
In questa versione, ciò che sale in sulerficie è uno strato che ha la vischiosità di un caramello semiliquido, dall'intenso sapore di arancia.
Vi assicuro che, a dispetto delle modifiche anche scellerate che ho fatto, questa è una delle torte migliori che abbia prodotto in questi anni senza blog: un altro mio collega se ne è fatto fuori metà prima che riuscisse a collegare le orecchie al cervello e a realizzare che anziché dare i numeri, stavo ricordandogli la quantità di uova che c'era lì dentro.
Il consiglio, quindi, è di tagliarsene un pezzetto e pregare il parente più prossimo di nascondere il resto, in luogo misterioso e inaccessibile. Sempre che non se la mangi tutta lui...

ai celiaci, ovviamente, perché la torta è completamente senza glutine

a chi ama i dolci di riso perché, questa volta, "si sente"

ai fautori del riciclo degli avanzi: l'ho preparata anche col basmati pilaf avanzato dalla sera prima e la sua porca figura l'ha fatta anche lì

non è propriamente una torta da "chiudi-cena-chic" e non perchè non si presenti bene, ma perchè è piuttosto pesante. andrebbe meglio come conclusione di un pranzo, in teoria a base di portate leggere, in pratica chisseneimporta: ho in mente un tripudio di carboidrati, in uno degli ultmi incontri masonesi, con focaccia al'aperitivo, pasta coi ciliegini e il basilico e la ricotta come piatto forte e non so quanti assaggi di torte salate che si è concluso con questo dolce qui- e vi assicuro che non si è lamentato nessuno. Un liquore o un vino da meditazione è d'obbligo.

lunedì 25 agosto 2014

TORTA SENZA: SENZA FARINA, SENZA LIEVITO, SENZA FRUSTE, SENZA LUCE, SENZA CONNESSIONE E PURE SENZA...





il soggetto della foto. 
Che, a ben pensarci, è la prova migliore della bontà di questa torta nata come un ripiego, dopo che un fulmine si è abbattutto sulla centralina del Masonshire, all'indomani dell'apertura di questo blog e della promessa solenne con cui mi impegnavo a festeggiare il ritorno a casa della creatura con quegli orribili tortini al cioccolato dal cuore morbido, che lei ama tanto quanto sua madre detesta. 
Li detesto al punto da non aver mai memorizzato non dico la ricetta per intero, ma neppure una vaghissima sembianza di ingredienti-dosi-procedimenti, quel tanto che basta per cavarsela anche in situazioni di emergenza come quella dell'altra sera.
Quelle in cui il solito mantra - "intanto, c'è internet"- non poteva funzionare. 
E così, sono passata al piano B, vale a dire la  solita vagonata di libri e riviste che mi segue ovunque vada, un po' come le nuvolette di polvere dell'amico della Van Pelt.
 Ma di tortini, nessuna traccia. 
L'unico tenue filo di speranza era legato ad una non ben precisata "Chocolate French Cake" che, a occhio, poteva sembrare una via di mezzo fra la Tenerina e 'sti benedetti tortini. 
Per cui, mi son messa all'opera e, nell'ordine: 
1. ho dimenticato la farina: nella ricetta originale ci va. Poca, grosso modo un cucchiaio, ma c'è. E quindi, ecco soddisfatto il requisito del senza farina.
2. ho provocato un corto circuito con la spina delle fruste elettriche che, come in tutte le torte senza lievito, dove è importante incorporare aria, sono l'unico attrezzo veramente fondamentale. Ergo, senza fruste.
3. ho proseguito al buio ( ovvero: senza luce), assemblando ingredienti alla cieca (e mai metafora fu più azzeccata), benedicendo la buona stella che, una tantum, mi aveva indotto a pesarli prima del disastro. 

Alla fine, è venuta fuori una torta di gran lunga superiore alle aspettative, sia quelle contingenti, sia quelle generali: prova ne è che in 4 semplici mosse la creatura ha dato scacco al dolce, chiedendo scusa ad ogni morso "ma una torta così buona, mamma, non l'hai mai preparata". 
Ragion per cui, in barba alla connessione che non c'è e alla programmazione che ci sarebbe anche stata, pubblico immediatamente la ricetta qui sopra, togliendomi subito l'obbligo del contributo alla "cucina del senza" che imperversa da qualche tempo a questa parte. Anche perchè più "senza" di così...




FRENCH CHOCOLATE CAKE

per 6 persone

115 g di cioccolato fondente, a pezzetti
55 g di burro, a pezzetti
3 uova medie, tuorli e albumi
85 g di zucchero semolato
un pizzico di sale
alcune gocce di estratto di vaniglia
20 g di farina
zucchero a velo per decorare


stampo a cerniera del diametro di 18 cm, rivestita di carta da forno, leggermente unto
forno: modalità statica, 180°C

Sciogliete a bagnomaria il cioccolato e, appena inzia a sciogliersi, aggiungete il burro a pezzetti, mescolando finchè non si è sciolto completamente anch'esso. Togliete dal bagnomaria e fate intiepidire. 

Nel frattempo, in una terrina piuttosto capiente, montate i tuorli con lo zucchero fino a quando saranno soffici e spumosi: a questo punto, versate il cioccolato e il burro fusi nel composto montato e amalgamate con delicatezza, con un cucchiaio di metallo. Unite le gocce di vaniglia e mescolate.

Setacciate la farina ed il sale e  incorporateli delicatamente al composto. 

Montate immediatamente gli albumi e incoroporate anch'essi al composto, in tre tempi, mescolando dal basso verso l'alto, per evitare che il composto smonti. 

Versare tutto nella teglia ed infornare in forno caldo per 25 minuti. La torta gonfierà e formerà una crosta sottile, durante la cottura, che si creperà e si affloscerà appena fuori dal forno.

Lasciate raffreddare nello stampo per una decina di minuti, poi sformate, rovesciando delicatamente la torta sul piatto da portata. Eliminate con altrettanta delicatezza la carta da forno, spolverate con zucchero a velo e servite. 


  • Ho usato uno stampo a cerniera quadrato, di 18 cm per lato, quindi più grande di quello previsto: la torta è venuta comunque piuttosto alta, circa 2,5 cm. La cottura è stata leggermente inferiore (circa 20 minuti)
  • Non ho oliato la carta da forno, ma ho versato direttamente l'impasto
  • Il cioccolato era un buon fondente, al 60% di cacao. Se preferite un gusto più cioccolatoso, aumentate la percentuale
  • La consistenza senza farina era accettabile: tutte le operazioni che iniziano con "delicatamente" sono state svolte senza nessun problema
  • La "traduzione" nel linguaggio del senza glutine è agevole, visto che si tratta di sostituire una quantità esigua di farina, in un impasto che cresce solo grazie all'aria che incorpora durante la lavorazione
  • L'unico segreto/difficoltà per la buona riuscita di questo dolce è mantenere la massa montata, specialmente quella degli albumi: incorporateli poco alla volta, con un po' di pazienza, con il solito movimento dall'alto verso il basso e ruotando il recipiente di 45° ogni volta (faccio prima a farvi vedere come si fa...)


  • agli amanti del cioccolato, senza esclusione
  • a chi è intollerante ai lieviti
  • a chi ha poco tempo
  • a chi è alle prime armi: munitevi di un paio di fruste elettriche e non ce ne sarà per nessuno. 

  • trattandosi di una torta dalla consistenza morbida, può chiudere alla grande una cena. 
  • servitela già porzionate, nei piatti da portata, tagliata a fette triangolari o a quadrati, accompagnata con una pallina di gelato alla vaniglia- per gli astemi- o al whisky o al caramello salato.
Sybil Kapoor, Simply Baking- National Trust- Uno dei milioni di motivi per cui amo il popolo britannico si chiama National Trust: è l'equivalente del nostro FAI, con la non lieve differenza che le sezioni locali lavorano con una maggiore presenza sul territorio, gestendo piccoli negozi e organizzando perio Uno dei milioni di motivi per cui amo il popolo britannico si chiama National Trust: è l'equivalente del nostro FAI, con la non lieve differenza che le sezioni locali lavorano con una maggiore presenza sul territorio, gestendo piccoli negozi e organizzando periodicamente tè di beneficenza. Inevitabile che si sviluppasse anche un'editoria gastronomica di spessore che contempla ancheil recupero di ricette antiche, inserite a buon diritto nel patrimonio da tutelare. Altrettanto inevitabile che tutti questi libri appesantiscano gli scaffali delle librerie della sottoscritta, compreso l'ultimo nato da cui è stata tratta questa ricettadicamente tè di beneficenza. Inevitabile che si sviluppasse anche un'editoria gastronomica di spessore che contempla ancheil recupero di ricette antiche, inserite a buon diritto nel patrimonio da tutelare. Altrettanto inevitabile che tutti questi libri appesantiscano gli scaffali delle librerie della sottoscritta, compreso l'ultimo nato da cui è stata tratta questa ricetta.




questa ricetta è stata rifatta da
Manuela
Gianni (con namelaka- qui la versione all'arancio)
fate un giro da loro, per i loro suggerimenti!