...che non è qualcosa tipo "mirepoix per mirepoix, julienne per julienne", ma l'ultima, sublime sparata di mio nipote. Figlio di mia sorella, sangue del mio sangue e, quel che più conta, cugino della creatura da cui si distingue, a parte le ovvie differenze di madre natura, per avere diciotto mesi di meno e una quintalata di ormoni in più. Per il resto, tutto uguale, tanto che è grazie a loro che io e mia sorella, da sempre diversissime, abbiamo finalmente scoperto di aver molto in comune: lo stesso colorito verdognolo all'uscita dei colloqui con i professori, per esempio, la stessa circonferenza delle vene del collo ogni volta che si tratta di farli studiare, la stessa estensione di voce che se solo avessimo saputo di avere tre ottave come minimo, col cavolo che saremmo finite a marcirci il fegato così e, per finire, la stessa desolante incredulità di fronte agli abissi della loro ignoranza. Se mai aveste qualche dubbio, eccovi l' Ultima Scena (tanto per restare in tema col titolo)
Lunedì 15 marzo, cucina di casa mia, ripasso per la prossima interrogazione di arte
Domanda : Che cosa si intende, per "stile severo"?
Risposta (da leggersi con la stessa vivacità di un condannato al patibolo, dopo che la mannaia ha fatto il suo dovere fino in fondo)
"lo stile severooooooo..... eeeehhhhhhhhh......è uno stileeeee.........eeeeeeeehhhhhhh..... dove le statueeeeeeeee.... eeeeehhhhh... hanno tutte delle facceeeee.... severeeeeeeeeeeeeeeeeee"
D. Qual è la principale caratteristica dello stile severo?
R. "eeeeeeeeeehhhhhhhhhhhhhhh.... la principale caratteristica dello stile severooooooo.... ma c'è sul libro?????....ah.... eeehhhhh.... la principale caratteristica è che, siccome adesso sanno l'anatomiaaaa - istantaneo risveglio della quintalata di ormoni- eh-eh-eh. (sghignazzata)....siccome adesso sanno l'anatomiaaaaaaaaaaaaaaa - arriviamo pure ad una strizzatina d'occhio- siccome sanno l'anatomia gli cambiano le pettinature, alle statue, e non ci mettono più il perlinato"
D. A chi si deve il nome di "stile severo"?
R. A quello lìì..... dai zia.... quel finocchione tedesco, che si chiama come la UI e qualche cosa
D. Quali opere sono giunte fino a noi?
Questa la sa.
Prende fiato, si rianima, recupera pure una posizione vagamente eretta e comincia :
"La cosa strana dello stile severo è che le opere più belle che sono giunte fino ai giorni nostri sono di astisti anonimi, mentre degli scultori di cui si conosce il nome, ci sono arrivate solo copie romane"
E, visto che ha preso l'aire, aggiunge: "I Romani le producevano in serie, si mettevano lì, una dietro l'altra, belli veloci e poi ci stampavano 'fac simile' sopra"
Wow, questa mi piace. La visualizzo subito, in un fumetto stile Asterix, con i Romani che mettono il timbro "fac simile" sul polpaccio del discobolo di Milone o sull'ala della Nike e istantaneamente sorrido. Mi piace così tanto, che gli faccio i complimenti perchè comunque, puoi girarci intorno quanto vuoi, ma è il DNA quello che conta: e chissenefrega se non sai la lezione del giorno: questo è il vero background, la cultura vissuta, la prova che tutti gli sforzi di noi tenaci madri sono andati a buon fine...
Mi guarda in silenzio.
Evidentemente, gli è sfuggito qualcosa del mio commento.
Glielo ripeto: " dài, scusa, per una volta che ne spari una carina... i Romani...le copie... il latino del 'fac simile'..
" ah........ ma........zia......... ma..... fac simile è latino????"
"beh, certo che è latino, scusa... che lingua pensavi che fosse?"
E qui, tenetevi forte, perchè, per quanto siate dotati di immaginazione, andiamo veramente, ma veramente, ma veramente oltre
" inglese, zia: F...U...C...K"
L'atroce epilogo ha, come unico merito, il perfetto adeguamento al resto della storia: la creatura, originariamente convocata per partecipare al pubblico ludibrio del cugino, ha rivelato non solo di non conoscere l'origine dell'espressione, ma addirittura di non averla mai sentita. Quando mio nipote le ha rammentato i sacri testi, che in questo caso erano le banconote del Monopoli, ha risposto con aria di sufficienza che lei, a Monopoli, ci giocava quando non sapeva ancora leggere: "e comunque, ha aggiunto compita- è una cosa che si manda col fax: lo abbiamo studiato di greco, che le parole le capisci da quello che le compongono...scusa, eh, cugi, ma noi classiciste ci capiamo al volo...
Vado a sbronzarmi col Malox...
Questa è la versione chic della crostata con la ricotta e whisky che, a mio parere, resta uno dei dolci migliori di menuturistico. Potevamo non dargli l'onore di una destrutturazione, per quanto minimal? Ovviamente no, ed ecco qui che cosa ne è uscito
per 12/15 persone
Per i cucchiaini di frolla
per la base
3 hg di ricotta
3 hg di farina 00
250 g di burro (proh dolor)*
1 cucchiaio di zucchero
* la stessa marca della crostata
Preparare un impasto con tutti questi ingredienti e lasciate riposare in frigo per una notte.
Stendere la pasta su un piano infarinato, allo spessore di un cm circa e con un tagliapasta a forma di cucchiaino, ritagliarne circa una ventina. Se non avete il tagliabiscotti apposito, potete preparare da voi la forma su un cartoncino, appoggiarla sulla pasta e tagliare lungo i bordi, con un coltellino affilato.
Disporre i cucchiaini su una teglia da biscotti ricoperta con carta da forno e infornare a 180 gradi per una ventina di minuti.
Per la crema
le dosi originali erano queste
400 g di ricotta
400 di zucchero a velo (potete scendere fino a 300)
2 tuorli piccoli
whisky (almeno mezzo bicchierino)
io ho modificato così
due tuorli e due albumi
300 g di zucchero semolato
400 g di ricotta
whisky
Siccome è una preparazione fredda, ho pastorizzato i tuorli, facendo una pate a bombe; ho aggiunto poi una meringa italiana ( quindi, cotta) per rendere la crema più spumosa.
Preparare uno sciroppo di zucchero molto denso: qui vado a occhio, ma calcolate una pari dose di acqua che lascerete evaporare sul fornello a fiamma sempre più bassa ( comincio dal fuoco medio e poi scendo, a mano a mano che si addensa): deve ridursi di almeno la metà del suo volume. ( se avete un termometro, siamo a 120 gradi)
Montate i tuorli con metà di questo sciroppo: questa è la cosiddetta pate a bombe ( per essere precisi, ci vorrebbe il glocosio, per non far solidificare lo zucchero, ma in questo caso va bene così). Montate i tuorli a velocità bassa, versando lo sciroppo a filo e aumentando progressivamente la velocità, fino a completo raffreddamento della massa. Volendo, potete lavorare anche a bagno maria: in questo caso, per arrvare al raffreddamento, dovrete immergere il recipiente in acqua fredda.
A parte il risultato finale (lucido, spumoso e senza neppure la minima traccia di grumo da zucchero mal sciolto), questo procedimento serve per pastorizzare le uova: è dai tempi dell'asilo della creatura che preparo il tiramisu in questo modo, sacrificando un casseruolino sporco in più alla sicurezza alimentare, o come cavolo si chiama
Lo stesso discorso vale per la meringa italiana
Montate gli albumi, aumentando progressivamente la velocità e versando a filo lo sciroppo di zucchero. Continuate a montare, fino al completo raffreddamento
Tornando al nostro dolce, aggiungere ai tuorli montati la ricotta setacciata (è importantissimo: è una preparazione a crudo, quindi deve essere "liscia"), il whisky e, in ultimo, la meringa, incorporandola al composto senza che si smonti. Suddividere la crema in tante coppette ma monoporzione (oppure in un'unica coppa) e tenere in frigo fino a pochi minuti prima di servire. Volendo, una spruzzata di cacao ci sta
Buon Appetito
Alessandra
R. A quello lìì..... dai zia.... quel finocchione tedesco, che si chiama come la UI e qualche cosa
D. Quali opere sono giunte fino a noi?
Questa la sa.
Prende fiato, si rianima, recupera pure una posizione vagamente eretta e comincia :
"La cosa strana dello stile severo è che le opere più belle che sono giunte fino ai giorni nostri sono di astisti anonimi, mentre degli scultori di cui si conosce il nome, ci sono arrivate solo copie romane"
E, visto che ha preso l'aire, aggiunge: "I Romani le producevano in serie, si mettevano lì, una dietro l'altra, belli veloci e poi ci stampavano 'fac simile' sopra"
Wow, questa mi piace. La visualizzo subito, in un fumetto stile Asterix, con i Romani che mettono il timbro "fac simile" sul polpaccio del discobolo di Milone o sull'ala della Nike e istantaneamente sorrido. Mi piace così tanto, che gli faccio i complimenti perchè comunque, puoi girarci intorno quanto vuoi, ma è il DNA quello che conta: e chissenefrega se non sai la lezione del giorno: questo è il vero background, la cultura vissuta, la prova che tutti gli sforzi di noi tenaci madri sono andati a buon fine...
Mi guarda in silenzio.
Evidentemente, gli è sfuggito qualcosa del mio commento.
Glielo ripeto: " dài, scusa, per una volta che ne spari una carina... i Romani...le copie... il latino del 'fac simile'..
" ah........ ma........zia......... ma..... fac simile è latino????"
"beh, certo che è latino, scusa... che lingua pensavi che fosse?"
E qui, tenetevi forte, perchè, per quanto siate dotati di immaginazione, andiamo veramente, ma veramente, ma veramente oltre
" inglese, zia: F...U...C...K"
L'atroce epilogo ha, come unico merito, il perfetto adeguamento al resto della storia: la creatura, originariamente convocata per partecipare al pubblico ludibrio del cugino, ha rivelato non solo di non conoscere l'origine dell'espressione, ma addirittura di non averla mai sentita. Quando mio nipote le ha rammentato i sacri testi, che in questo caso erano le banconote del Monopoli, ha risposto con aria di sufficienza che lei, a Monopoli, ci giocava quando non sapeva ancora leggere: "e comunque, ha aggiunto compita- è una cosa che si manda col fax: lo abbiamo studiato di greco, che le parole le capisci da quello che le compongono...scusa, eh, cugi, ma noi classiciste ci capiamo al volo...
Vado a sbronzarmi col Malox...
CROSTATA DI RICOTTA E WHISKY DESTRUTTURATA
Questa è la versione chic della crostata con la ricotta e whisky che, a mio parere, resta uno dei dolci migliori di menuturistico. Potevamo non dargli l'onore di una destrutturazione, per quanto minimal? Ovviamente no, ed ecco qui che cosa ne è uscito
per 12/15 persone
Per i cucchiaini di frolla
per la base
3 hg di ricotta
3 hg di farina 00
250 g di burro (proh dolor)*
1 cucchiaio di zucchero
* la stessa marca della crostata
Preparare un impasto con tutti questi ingredienti e lasciate riposare in frigo per una notte.
Stendere la pasta su un piano infarinato, allo spessore di un cm circa e con un tagliapasta a forma di cucchiaino, ritagliarne circa una ventina. Se non avete il tagliabiscotti apposito, potete preparare da voi la forma su un cartoncino, appoggiarla sulla pasta e tagliare lungo i bordi, con un coltellino affilato.
Disporre i cucchiaini su una teglia da biscotti ricoperta con carta da forno e infornare a 180 gradi per una ventina di minuti.
Per la crema
le dosi originali erano queste
400 g di ricotta
400 di zucchero a velo (potete scendere fino a 300)
2 tuorli piccoli
whisky (almeno mezzo bicchierino)
io ho modificato così
due tuorli e due albumi
300 g di zucchero semolato
400 g di ricotta
whisky
Siccome è una preparazione fredda, ho pastorizzato i tuorli, facendo una pate a bombe; ho aggiunto poi una meringa italiana ( quindi, cotta) per rendere la crema più spumosa.
Preparare uno sciroppo di zucchero molto denso: qui vado a occhio, ma calcolate una pari dose di acqua che lascerete evaporare sul fornello a fiamma sempre più bassa ( comincio dal fuoco medio e poi scendo, a mano a mano che si addensa): deve ridursi di almeno la metà del suo volume. ( se avete un termometro, siamo a 120 gradi)
Montate i tuorli con metà di questo sciroppo: questa è la cosiddetta pate a bombe ( per essere precisi, ci vorrebbe il glocosio, per non far solidificare lo zucchero, ma in questo caso va bene così). Montate i tuorli a velocità bassa, versando lo sciroppo a filo e aumentando progressivamente la velocità, fino a completo raffreddamento della massa. Volendo, potete lavorare anche a bagno maria: in questo caso, per arrvare al raffreddamento, dovrete immergere il recipiente in acqua fredda.
A parte il risultato finale (lucido, spumoso e senza neppure la minima traccia di grumo da zucchero mal sciolto), questo procedimento serve per pastorizzare le uova: è dai tempi dell'asilo della creatura che preparo il tiramisu in questo modo, sacrificando un casseruolino sporco in più alla sicurezza alimentare, o come cavolo si chiama
Lo stesso discorso vale per la meringa italiana
Montate gli albumi, aumentando progressivamente la velocità e versando a filo lo sciroppo di zucchero. Continuate a montare, fino al completo raffreddamento
Tornando al nostro dolce, aggiungere ai tuorli montati la ricotta setacciata (è importantissimo: è una preparazione a crudo, quindi deve essere "liscia"), il whisky e, in ultimo, la meringa, incorporandola al composto senza che si smonti. Suddividere la crema in tante coppette ma monoporzione (oppure in un'unica coppa) e tenere in frigo fino a pochi minuti prima di servire. Volendo, una spruzzata di cacao ci sta
Buon Appetito
Alessandra