Mi scuso per la foto e per l'introduzione dedicata a faccende personali, ma senza una incursione del dietro le quinte di questo piatto si rischierebbe di non comprendere il giudizio finale, completamente ribaltato rispetto alle intenzioni di partenza. Anzi, visto che proprio per questi motivi, temo di allungarmi un po', salto i convenevoli e vado dritta ai punti cruciali.
Il primo è che il cavolfiore è uno degli ingredienti che preferisco, sia da mangiare che da trattare. Purtroppo, ne ho dovuto fare a meno per tutti gli anni singaporiani, vista la scellerata abitudine di venderlo "nudo", cioè privato di ogni foglia esterna e quindi già contaminato dall'acciaio delle lame. Il resto, lo facevano il caldo e i metodi di conservazione di laggiù, col risultato che, quando arrivavano sui banchi del mercato, i cavolfiori erano già anneriti. Ora che vivo nella Cauliflower land, non solo li compro in modo compulsivo: ma mi basta vedere una ricetta che abbia questo ortaggio nel titolo che subito la scelgo, senza nemmeno preoccuparmi di leggere oltre.
Il secondo punto cruciale riguarda l'abitudine di mio marito di criticare tutto quello che ha nel piatto. Non sono critiche personali (altrimenti, vi scriverei dalle cucine di un carcere :) anzi: il punto di partenza è sempre un implicito atto di stima nei confronti di chi cucina. E' solo che a lui piace mangiare e piace parlare di cibo, mentre mangia. Ammetto che finché ho avuto il blog, lo sono anche stata a sentire con attenzione, visto che mi è stato utilissimo per descrivere i piatti. Adesso, sono un po' meno diligente, eccezion fatta per le ricette da pubblicare: in questo caso, aspetto il suo verdetto e, magari, ci ragiono anche un po' su.
Ora, questa
ricetta, secondo me, non avrebbe dovuto neppure avere gli onori del
blog: avendola scelta per il "cavolfiore" nel titolo, mi sono resa conto
solo mentre la preparavo che non era niente di più che un cavolfiore
gratinato, con una bechamelle arricchita da una selezione di formaggi
senza capo né coda, oltre tutto molto grassa già in partenza. Tant'è che
lo avevo pure comunicato, alla quadra, scegliendo un'alternativa a mio
parere migliore. Non solo: al momento di portarlo in tavola, non c'erano
stati né avvisi, né proclami, né indizi che potessero suggerire a mio
marito che un banalissimo cavolfiore gratinato dovesse avere un
trattamento speciale. Fotografia inclusa, visto che ne ho scattata una
sola, al volo, col cellulare, più per l'archivio dei ricordi che perché
pensassi ad un destino più radioso.
E invece...
"Accidenti
che buono!" è stato il suo commento, condito da altri avverbi che per
ragioni di brevità e di decenza non riporto. Da qui, la retromarcia
immediata e, adesso, la ricetta che trovate QUI