"Hai tutto, vero?"
Sono le sei del mattino, siamo sulla porta dell'ascensore, strizzati fra le valigie delle grandi partenze.
Fuori c'è un cielo che non promette niente di buono, quanto di più simile al mio umore, che oggi non riesce proprio a sintonizzarsi sulla levità delle aspettative del futuro, soffocato com'è dal peso degli addii del presente.
La serratura scatta, fra un ultimo saluto alla figlia assonnata e una carezza al gatto indolenzito e poi si parte, verso l'aereoporto, con un computo del "quanto manca" frammentato fra gli scali e i fusi orari che, da oggi in poi, diventeranno una costante del nostro nuovo tempo.
A metà del viaggio, l'illuminazione.
"ho dimenticato il koala"
Il koala????
Il neurone si concentra sulla lista delle cose da mettere in valigia, scorrendole veloce in ordine alfabetico, da Antistaminici a Zainetti, passando pure per Caffé, Moka e Parmigiano ma niente: del koala nessuna traccia.
Posto che avessi mai potuto far passare sotto silenzio una voce simile, poi.
Non portiamo il gatto, per il volo, la quarantena, i disagi del clima... dobbiam portarci un koala?
E poi, soprattutto: che koala?
La risposta è alla curva successiva: il koala è un pupazzetto che venne regalato dalla figlia nella notte dei tempi e che da allora ha trovato pace abbarbicato sulla lampada della scrivania dello studio.
Quello vero.
Quello serio.
Quello in cui, a quanto pare, fino all'altro ieri i clienti sono stati ricevuti al cospetto di un peluche spelacchiato, appeso all'abat jour.
E quello senza il quale, a quanto pare, non si può iniziare una nuova avventura lavorativa.
"e poi uno si chiede perché ci tocca emigrare" sibilo fra i denti, quando scorgo, con la coda dell'occhio, un movimento improvviso e fuori luogo.
Anzichè sul volante, le mani di mio marito scorrono sull'impermeabile, in modo sempre più convulso, tastando e rovistando dappertutto, anche nelle tasche che non ci sono.
Se avesse il caschetto biondo e l'ombelico di fuori, potrei pensare ad una infelice imitazione della Carrà, ai tempi del tuca tuca.
Invece, è solo l'inizio di un dramma.
Ha lasciato a casa il portafoglio.
Quello con i contanti, le carte di credito, i bancomat- e i santini con le preghiere per non dimenticarsi più niente
E intanto, siamo arrivati all'aereoporto- e mancano tre quarti d'ora all'imbarco.
I suoceri, son dietro di noi- e non ha senso che tornino indietro
Io, rischio di non farcela.
Resta l'opzione più rischiosa, più rocambolesca e più drammatica di tutte- ossia tentare di svegliare la figlia, di farle connettere il cervello col resto dei sensi, di farle capire in che cosa consiste l'emergenza e di farle trovare un taxista pronto a dimenticarsi dei limiti della velocità in sopraelevata.
Strano ma vero, ci si riesce- e pure in un tempo incredibilmente breve, senza neppure una lagna all'altro capo del filo.
Chi le fa, invece, è il suocero, furibondo verso questa mancanza di organizzazione, verso questo arrivar sempre a ridosso delle partenze, verso questa distrazione che non ha ragion d'essere né precedenti familiari.
Inganniamo l'attesa del portafoglio con una serie di ameni aneddoti raccontati dalla suocera, di quando dovette portare il biglietto aereo al marito, che solo al momento del check in si era accorto di averlo lasciato a casa o di quella volta in cui aveva dovuto sfidare una tormenta di neve, per ricongiungere il consorte al giaccone, visto che solo sulla scaletta dell'aereo si era accorto di non aver niente di pesante indosso.
E quando concludiamo, unanimi, che la distrazione non è un blasoone di famiglia, arriva raggiante la creatura, a sigillare con un "tutto è bene quel che finisce bene" l'inizio di questa nuova avventura.
E se il buongiorno si vede dal mattino, mi sa che ne vedremo delle belle....
per 50 caramellati
Sono le sei del mattino, siamo sulla porta dell'ascensore, strizzati fra le valigie delle grandi partenze.
Fuori c'è un cielo che non promette niente di buono, quanto di più simile al mio umore, che oggi non riesce proprio a sintonizzarsi sulla levità delle aspettative del futuro, soffocato com'è dal peso degli addii del presente.
La serratura scatta, fra un ultimo saluto alla figlia assonnata e una carezza al gatto indolenzito e poi si parte, verso l'aereoporto, con un computo del "quanto manca" frammentato fra gli scali e i fusi orari che, da oggi in poi, diventeranno una costante del nostro nuovo tempo.
A metà del viaggio, l'illuminazione.
"ho dimenticato il koala"
Il koala????
Il neurone si concentra sulla lista delle cose da mettere in valigia, scorrendole veloce in ordine alfabetico, da Antistaminici a Zainetti, passando pure per Caffé, Moka e Parmigiano ma niente: del koala nessuna traccia.
Posto che avessi mai potuto far passare sotto silenzio una voce simile, poi.
Non portiamo il gatto, per il volo, la quarantena, i disagi del clima... dobbiam portarci un koala?
E poi, soprattutto: che koala?
La risposta è alla curva successiva: il koala è un pupazzetto che venne regalato dalla figlia nella notte dei tempi e che da allora ha trovato pace abbarbicato sulla lampada della scrivania dello studio.
Quello vero.
Quello serio.
Quello in cui, a quanto pare, fino all'altro ieri i clienti sono stati ricevuti al cospetto di un peluche spelacchiato, appeso all'abat jour.
E quello senza il quale, a quanto pare, non si può iniziare una nuova avventura lavorativa.
"e poi uno si chiede perché ci tocca emigrare" sibilo fra i denti, quando scorgo, con la coda dell'occhio, un movimento improvviso e fuori luogo.
Anzichè sul volante, le mani di mio marito scorrono sull'impermeabile, in modo sempre più convulso, tastando e rovistando dappertutto, anche nelle tasche che non ci sono.
Se avesse il caschetto biondo e l'ombelico di fuori, potrei pensare ad una infelice imitazione della Carrà, ai tempi del tuca tuca.
Invece, è solo l'inizio di un dramma.
Ha lasciato a casa il portafoglio.
Quello con i contanti, le carte di credito, i bancomat- e i santini con le preghiere per non dimenticarsi più niente
E intanto, siamo arrivati all'aereoporto- e mancano tre quarti d'ora all'imbarco.
I suoceri, son dietro di noi- e non ha senso che tornino indietro
Io, rischio di non farcela.
Resta l'opzione più rischiosa, più rocambolesca e più drammatica di tutte- ossia tentare di svegliare la figlia, di farle connettere il cervello col resto dei sensi, di farle capire in che cosa consiste l'emergenza e di farle trovare un taxista pronto a dimenticarsi dei limiti della velocità in sopraelevata.
Strano ma vero, ci si riesce- e pure in un tempo incredibilmente breve, senza neppure una lagna all'altro capo del filo.
Chi le fa, invece, è il suocero, furibondo verso questa mancanza di organizzazione, verso questo arrivar sempre a ridosso delle partenze, verso questa distrazione che non ha ragion d'essere né precedenti familiari.
Inganniamo l'attesa del portafoglio con una serie di ameni aneddoti raccontati dalla suocera, di quando dovette portare il biglietto aereo al marito, che solo al momento del check in si era accorto di averlo lasciato a casa o di quella volta in cui aveva dovuto sfidare una tormenta di neve, per ricongiungere il consorte al giaccone, visto che solo sulla scaletta dell'aereo si era accorto di non aver niente di pesante indosso.
E quando concludiamo, unanimi, che la distrazione non è un blasoone di famiglia, arriva raggiante la creatura, a sigillare con un "tutto è bene quel che finisce bene" l'inizio di questa nuova avventura.
E se il buongiorno si vede dal mattino, mi sa che ne vedremo delle belle....
I CARAMELLATI DELLA SUOCERA
per 50 caramellati
25 datteri
25 gerighi di noci, interi
250 g di marzapane
caramello biondo
per il marzapane fatto in casa
250 g di farina di mandorle
250 g di zucchero a velo
80 g di albume (2 albumi piccoli)
2 cucchaini di brandy o maraschino
2 cucchaini di succo di limone
poche gocce di essenza di mandorla
caramello ambrato (v. sotto)
1. preparate il marzapane
Setacciate lo zucchero a velo e la farina di mandorle, in una ciotola: poi aggiungete l'albume un po' alla volta, incorporandolo al resto con le mani, il limone, il liquore e le gocce di essenza di mandorla: manipolate il composto fino ad ottenere un panetto compatto. Avvolgetelo in pellicola trasparente da cucina e tenetelo in frigo, fino al momento dell'uso.
con la massima delicatezza, separate i gherigli in due parti.
snocciolate i datteri, lasciando unite le due metà ad una estremità.
Prelevate delle piccole palline dal marzapane e con queste formate ora il ripieno dei datteri, ora quello delle noci, come vedete nella foto
Preparate poi il caramello come da istruzioni nel paragrafo seguente.
Con l'aiuto di una forchetta o di un cucchiaio, immergete delicatamente i pasticcini nel caramello, in modo chesi ricoprano uniformemente: questa operazione va fatta fuori dal fuoco, quando il caramello é caldo ma non bollente e ancora liquido.
Scolate i pasticcini e fateli asciugare su un foglio di carta da forno. Staccateli delicatamente, quando si sono del tutto raffreddati, sistemateli in pirottini di carta e servite
1. dovete prepararne poco alla volta (mediamente, 100 g di zucchero, a volta, per circa tre volte)
2. dovete utilizzare recipienti profondi
Per questo motivo, è preferibile la cottura al microonde, dove è più facile utilizzare tazze o contenitori in pirex difficili o impossibili da maneggiare sul fornello.
per il caramello al microonde
100 g di zucchero
10 g di acqua
Mescolate gli ingredienti in un recipiente profondo, adatto alla cottura in microonde: poi cuocetelo alla massima potenza per circa un minuto. dopodiché, proseguite la cottura, alla potenza minima, ad intermittenza, controllando ogni 15-20 secondi: fate la massima attenzione, perché bruciarsi col caramello è tanto facile quanto doloroso. Utilizzate un paio di guanti da forno e tenetevi sempre a debita distanza. cuocendo lo zucchero alla funzione più bassa, non dovrebbero verificarsi inconvenienti spiacevoli, come gli schizzi, ma non si sa mai. Troppa cautela non ha mai danneggiato nessuno.
il colore del caramello è ambrato, vale a dire fra il chiaro e lo scuro: ricordatevi che lo zucchero continua a cuocere anche fuori dal fuoco, per cui estraetelo dal forno appena diventa biondo e lasciatelo riposare a temperatura ambiente per un minuto circa.
per il caramello classico- metodo senza acqua
munitevi di una padella antiaderente, a fondo spesso, dai bordi piuttosto alti e non eccessivamente larga: versatevi 100 g di zucchero e fate cuocere a fiamma medio alta senza mai mescolare: appena vedete che inizia a sciogliersi, abbassate il fuoco al minimo e smuovete la padella, delicatamente, in modo da mescolare la parte già fusa con quella che ancora deve sciogliersi e da non far bruciare quella a contatto con le zone più calde della padella. Appena lo zucchero sarà del tutto fuso, proseguite la cottura per pochi secondi, fino a farlo diventare di colore ambrato. Attenzione a non protrarre troppo a lungo questa operazione, per evitare il retrogusto amaro dovuto ad una cottura eccessivamente prolungata.
Se riuscite a resistere ad attacchi compulsivi, i caramellati si conservano per qualche giorno in una scatola di latta ermeticamente chiusa.
E la porca figura è sempre assicurata...