martedì 15 settembre 2009

Spuma di Bloody Mary con verdure caramellate

spuma di bloody mary

Per la serie a ciascuno il suo, questa è la ricetta con cui inauguriamo l'anno scolastico: le mie amiche sfornano torte che sanno di incoraggiamenti affettuosi e di aspettative fiduciose, io mi faccio un Bloody Mary, non so ancora se per tirarmi su o per dimenticare preventivamente quello che succederà da qui alla metà di giugno.
La ricetta è di Massimiliano Mariola, chef del Gambero Rosso, uno dei pochi ancora capaci di prenderla con allegria- e per questo in cima alla lista delle mie simpatie. Si è divertito anche questa volta, camuffando una bieca operazione pubblicitaria in un opuscolo di ricettine allegato al Gambero Rosso di settembre , una più lieve e più originale dell'altra. L'intenzione sarebbe stata di provarle tutte, ma dopo aver caramellato il pavimento, nell'arduo compito di trovare un "asciugatoio" per le verdure, ho pensato che faccio meno danni a guardarmelo in TV...


SPUMA DI BLOODY MARY CON VERDURE CARAMELLATE


spuma di bloody mary con verdure caramellate



per 4 persone
350 g di salsa di pomodoro
2 fogli di colla di pesce
50 g di vodka
2 albumi (la versione originale prevedeva l'uso del sifone: gli albumi sono una mia "aggiunta"
2 coste di sedano
4 pomodorini
2 peperoncini freschi


Per il caramello:
100 g di zucchero
succo di limone
acqua

spuma di blooy mary 1

Ammollare la colla di pesce in acqua fredda.
Lavare le verdure, tagliare il sedano a bastoncini, togliere il picciolo ai pomodorini
Scaldare la salsa di pomodoro, in un casseruolino, e poco prima che raggiunga il bollore,, sciogliervi la colla di pesce, strizzata bene, mescolando velocemente con un cucchiaio di legno. Lasciar raffreddare benissimo ( altrimenti vi si divide, come è successo a me- e come mi succede, ogni volta che ho fretta, cioè praticamente sempre). Non c'è nessun pericolo che il composto "tiri", perché la dose di gelatina è minima. Aggiungere poi la Vodka, il sale e il pepe e , in ultimo, gli albumi montati a neve, facendo attenzione a non smontarli durante questa operazione. Riaggiustare di sale, riempire 4 bicchierini e mettere in frigo per circa due ore.
Trattandosi di una mousse, deve rimanere ariosa e soffice: il foglio di colla di pesce serve giusto a raggiungere un minimo di struttura, ma non a compromettere la spumosità della crema.
Per il caramello, invece, bisogna prendere una casseruolina dal fondo spesso, mettervi lo zucchero, l'acqua e il limone e, mescolando sempre, su fiamma media, far caramellare. E' pronto, quando avrà assunto un bel colorito bruno e l'odore del caramello. Passare le verdure nel caramello e farle asciugare su un foglio di carta da forno.
Una volta asciutte, lasciarle a temperatura ambiente: meglio non mettere mai in frigo lo zucchero lavorato perché gli inevitabili sbalzi di temperatura lo fanno sciogliere subito.
Al momento di servire, guarnire i bicchierini come da foto e portare in tavola.
Buon appetito
Alessandra

ma tarte choc ( c. felder)


ma tarte choc- felder

in casa mia, siamo tutti testardi. Detto così non è che renda molto l'idea, ma vi prego di fidarvi, quando vi dico che, se ci dovessero incasellare secondo i caratteri, come facevano gli antichi filosofi, più che una famiglia, noi sembreremmo un allevamento di muli.
In tutto questo scenario, chi svettava su tutti era mia nonna, la quale, oltre ad essere più incline degli altri all'incaponimento, aveva una testardaggine inversamente proporzionale al fondamento delle cose su cui si imputava: per cui, più aveva torto, e più era convinta da aver ragione. Ovviamente, le sue non erano prese di posizioni fine a se stesse: essendo donna di mente acutissima, lei disquisiva, ogni volta, con un crescendo di argomenti che terminavano tutte con il fatidico "son sicura come che devo morire", pronunciato in rigoroso genovese stretto e con l'autorevolezza propria di chi è solito parlare ex cathedra, e pure vestito di bianco.
'sta cosa mi è venuta in mente stamattina quando, riordinando le riviste di cucina , ho recuperato i primi numeri di Gourmet, un'altra eccelsa pubblicazione, nata sulle ceneri del Gran Gourmet di recente memoria e destinata, purtroppo, alla sua stessa fine. E mentre sfogliavo il primo numero, mi è caduto l'occhio su un servizio fatto a Les Ambassador, il ristorante del Crillon, quello di cui vi parlavo qualche tempo fa, quando vi raccontavo del mal di piedi e della robuchon. Siccome c'erano anche un po' di ricette, ho guardato con più attenzione , non sia mai che me ne sfuggisse qualcuna e ..tadan... eccola lì, la torta al cioccolato, quella che mi ero sbafata in barba alla mia stanchezza e che mi aveva dischiuso tutte le porte del paradiso. Uguale uguale a quella che avevano servito a me, sottile e lucida come me la ricordavo io.
Ed è stato a questo punto che mi si è acceso un campanellino: perché la Robuchon tutto era, fuorchè lucida e bassa. "Sta a vedere, mi sono detta, che c'è qualche ingrediente segreto che nell'altro libro non c'era..." mi ripetevo, mentre scartabellavo, alla ricerca dell'indice delle ricette. E intanto, mi convincevo sempre più della bontà della mia intuizione, "perché per forza che c'è qualcosa di sbagliato, non è possibile che la stessa torta venga così diversa, son sicura come che devo morire che ho ragione..."
Mettiamola così: qualcisa di diverso c'era, per cui un po' di ragione ce l'ho. Anzi, le differenze non erano solo nell'ordine di "qualcosa": erano diversi gli ingredienti, le quantità, il procedimento, la cottura, il nome e, udite udite, pure l'autore- che non era Joel Robuchon ma Christophe Felder. Maitre Patissier a Les Ambassadeur negli anni in cui c'ero stata io. Il che, messo in altri termini, significava solo una cosa: che la torta che avevo mangiato io non era la Robuchon, ma quella che avevo sotto gli occhi.
Ussegnur, ho pensato, appoggiandomi per lo sconforto allo stipite della libreria: e adesso, come faccio? Ho sbagliato attribuzione, ho mentito in pubblico, ho tradito i miei lettori- e tutto per una stupidissima torta al cioccolato, la qual cosa mi ha gettato in uno stato di prostrazione profonda, da cui pensavo non mi sarei sollevata per molto tempo.
Per fortuna, però, è venuta in mio soccorso l'educazione cattolica, con l'escamotage del pentimento e della riparazione, che mi ha offerto la migliore via d'uscita possibile: e cioè, preparare la Ma Tarte Choc, mangiarsene qualche fetta e fare pubblica ammenda con tanto di foto e ricetta bi-testata: la prima a Parigi, nell'età dell'innocenza, la seconda a Genova, nell'età del rimbambimento...

MA TARTE CHOC (C. Felder- da Gourmet)

ma tarte choc- felder

per la pate sucrèe

75 g di burro
45 g di zucchero
mezzo cucchiaino di zucchero vanigliato*
un tuorlo
15 g di farina di mandorle
125 g di farina
1 cucchiaio d'acqua
sale, un pizzico

* si può sostituire con una bustina di vanillina

per il ripieno
250 ml di latte intero
250 ml di panna fresca
4 tuorli
80 g di zucchero
350 g di cioccolato fondente al 70%

Preparazione
Per la apte a sucrèe impastare rapidamente tutti gli ingredienti, come per fare una frolla, rivestire uno stampo da crostata imburrato e mettere in frigo per almeno un'ora. La frolla andrà stesa in un guscio sottile, molto più sottile che per la Robuchon.
In forno a 180 gradi per 15 minuti

Per la crema
Scaldare latte e panna e, quando arrivano ad ebollizione, gettarvi dentro il cioccolato, tagliato a pezzetti . mescolare con una frusta, fino a quando si è sciolto del tutto. Montare i 4 tuorli con lo zucchero, unire il cioccolato sciolto nel latte e nella panna e rimettere sul fuoco , a fiamma bassisima. Far bollire per una decina di minuti. Lasciar intiepidire e versare nel guscio di pasta. Dopodichè, aspettare che si rassodi bene, prima di tagliarla: almeno 12 ore.
La fine del mondo...

ma tarte choc

buon appetito
alessandra