Visto che è primavera anche per menuturistico, stiamo mettendo in ordine
nel gran casino che siamo riuscite a creare in poco meno di un anno ( e
se non ci credete, date un'occhiata all'archivio e trovatemi un altro
blog con le ricette indicate come 2) e 3)). Io ho iniziato dai libri e,
già che c'ero, ne ho approfittato per dare un'occhiata a tutte le
recensioni pubblicate sinora, con un distacco maggiore a mano a mano che
retrocedevo nel tempo. Alcune mi sono piaciute di più, altre di meno e
qualcuna per niente, anche perchè molte di esse (le meno recenti) erano
destinate ad un "pubblico" diverso e quindi erano piene di riferimenti
personali che con una lettura critica di un libro c'entrano come i
cavoli a merenda. Tuttavia, mi sono accorta che, al di là della
diversità di giudizio, esiste comunque un filo che le lega e che la dice
lunga sul mio approccio all'argomento: vale a dire che, mentre sono più
obiettiva con i libri meno noti, divento acida e impacabile con i best
sellers e con le opere prime degli emergenti.
E'
evidente che, almeno in apparenza, il nesso logico non c'è. Ma se si
rilegge questo dato dal mio punto di vista (personalissimo e quindi
fallace e criticabile) le due cose si incastrano benissimo. E vi spiego
il perchè.
Che dietro ad ogni libro ci sia un'operazione di
marketing è ormai un assioma, che vale soprattutto per le grandi case
editrici: nel loro bilancio, ci sono tirature numerose e iniziative
promozionali costosissime, per cui, se si decide di puntare su un
autore è perchè o quest'ultimo ha già avuto "di suo" un grande successo,
con case editrici più piccole, o è perchè ha per le mani un manoscritto
che ha buone possibilità di sfondare fra il grande pubblico. Fin qui,
niente di strano e neppure di emendabile, anzi. L'unico editore che ho
conosciuto che pubblicava solo libri che gli piacevano ha portato al
fallimento una delle più prestigiose case editrici italiane e la stessa
Sellerio, come dicevamo l'altro giorno, avrebbe faticato parecchio a
sopravvivere con il suo meraviglioso catalogo se non ci fosse stato
l'insperato boom di Camilleri. La nota stonata, purtroppo, è che le
strategie di vendita interpretano la necessità di assecondare i gusti
della massa adeguandosi semplicemente al livello di quest'ultima, senza
fare alcuno sforzo per elevarsi al di sopra di esso. Per quanto
personalmente sia convinta che mai il cosiddetto "grande pubblico" sia
sprofondato in tali abissi di volgarità e di becera ignoranza come al
giorno d'oggi, non punto il dito contro le magagne della nostra epoca:
fino a cinquant'anni fa, il livello di scolarizzazione in Italia era
basso e l'analfabetismo era ancora diffuso. E tuttavia, le opere
destinate a questa fascia di lettori, pur trattando tematiche alla moda e
sviluppate in trame semplici, con personaggi stereotipati, si elevavano
e di molto rispetto al loro pubblico, usando periodi grammaticalmente
corretti, arricchiti da un lessico ricercato e comunque più alto del
parlare comune. Tanto per fare un esempio, mia nonna, dall'alto della
sua sesta elementare, trovava Liala stucchevole e melensa, "buona" solo
per le comari: eppure, il peggiore romanzo di questa scrittrice era
comunque infinitamente al di sopra del livello delle sue lettrici. La
maggior parte dei best sellers di oggi, invece, fa esattamente il
contrario: una volta trovata la banda di sintonia con il proprio
mercato, anzichè esprimerla ed interpretarla in maniera rispettosa della
fierezza della parola scritta, la svilisce in una prosa becera,
sgrammaticata, consunta prima ancora che obsoleta, in total dispregio
della dignità della letteratura con la L maiuscola.
Per cui, se permettete, mi arrabbio
Per
lo stesso indentico motivo, mi arrabbio con l'"autor giovine". Mi
guardo bene dal generalizzare, perchè, come in tutte le cose, accanto
alle braccia rubate all'agricoltura, ci sono autori che promettono bene.
Nello stesso tempo, però, non posso negare che un gran numero delle
opere prime che ho dovuto analizzare/correggere/rivedere in questi anni
sia viziato da una disarmante impreparazione dei rispettivi autori. E
qui, faccio una digressione
Come sapete, la Dani ed io siamo madri di
due ragazzine che studiano musica e che suonano entrambe uno strumento
il cui diploma verrà rilasciato dopo aver superato i dieci anni previsti
dal corso. Una volta diplomate, però, saranno solo al primo gradino
della loro formazione artistica: dovranno fare un biennio di
perfezionamento, una serie di master e, soprattutto, mantenere costante
lo studio quotidiano che, già ora, è di parecchie ore al giorno (per mia
figlia son minuti, ma tant'è). Per chi conosce la musica, tutto questo è
assolutamente normale: la musica è una materia vasta e complessa, dove
lo studio della storia si interseca con la fatica dell'assimilazione
delle basi e dove le rigide leggi dell'armonia vanno di pari passo con
l'originalità delle interpretazioni.
Se però trasferissimo queste
categorie nell'ambito della letteratura, non ci troveremmo di fronte ad
una materia tanto diversa, per vastità e per difficoltà, tutt'altro.
Eppure, sfido a trovare un giovane autore che per dieci anni abbia letto
classici per due-tre ore al giorno, abbia sudato sulla grammatica,
abbia fatto esercizio di scrittura, di analisi del testo, di ermeneutica
e filologia. Dieci anni, tutti i santi giorni, tre ore al giorno- per
coltivare un talento innato, sia chiaro: perchè altrimenti si avrebbero
degli onesti mestieranti, ma di artisti veri, neanche l'ombra.
A
questo punto, il filo rosso su cui scorre la mia arrabbiatura dovrebbe
essere chiaro: se i miei modelli sono Federico Moccia o Dan Brown o
anche la Camilla,
come posso pensare di dover dedicarmi ad uno studio matto e
disperatissimo per diventare famoso? e se l'editoria richiede che il mio
genio si adegui ai (dis)gusti del mio potenziale milione di lettori,
che senso ha educarlo in modo tale che non riesca a piegarsi al servo
encomio della legge del successo? e pazienza se si perdono occasioni
preziose per insegnare agli altri a riflettere e a pensare e a crescere
come persone autonome nella mente e nel cuore: la scalata alle
classifiche di oggi non passa certo da qui
Almeno, lasciate che mi arrabbi....
Alla prossima
Alessandra
domenica 21 marzo 2010
DEL FUROR D'AVER LIBRI (marzo)
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