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martedì 15 luglio 2025

giovedì 21 aprile 2022

FOCACCIA (CLAUDIA RODEN)


 Non propriamente la mia preferita, perché per noi Genovesi la focaccia è una sola ed è questa qui: ma lo Starbooks chiama e io non resisto, con tutte le osservazioni del caso, a cui vi rimando nel post di oggi

 

sabato 18 marzo 2017

FOCACCIA DI PATATE: quando la regola ha le eccezioni


La regola dice che la focaccia genovese e' bassa
L'eccezione e' la nostra fugassa de patatte, che non e' uguale a nessun'altra (e te pareva), ma e' buona da paura. E riesce pure a Sing Sing



300 ml d'acqua
500 g di farina
250 g di patate
10 g di lievito di birra fresco (che potete ridurre a vostro piacere)
80 ml di olio extravergine di oliva
sale
Bollite le patate per 15 minuti, in mezzo litro d'acqua meglio se con la buccia per evitare che assorbano troppa acqua; sbucciarle da calde e schiacciarle bene con l'apposito attrezzo, come per fare un purè.
Mentre cuociono le patate, sciogliete il lievito in poca acqua tiepida (potete aiutare la lievitazione aggiungendo un cucchiaino raso di zucchero) e lasciate riposare, coperto, per una decina di minuti: appena la superficie si increspa e si formano le prime bolle, iniziate a lavorare l'impasto
Unite le patate schiacciate, ancora calde, alla farina, aggiungete il lievito sciolto nell'acqua e iniziate ad impastare con le mani, unendo via via l'altra acqua e l'olio, alternandoli, fino ad ottenere un composto molto idratato, che si appiccica ' alle mani. Aggiungete il sale e  lavorate  ancora per una decina di minuti. Lasciate poi lievitare, in recipiente coperto, per circa due ore- o comunque fino al raddoppio. 


In questa fase, sarebbe meglio lavorare con una impastatrice, perchè l'impasto è molto idratato: il segreto della morbidezza della focaccia è proprio questo, per cui se riuscite non aggiungete farina, durante la lavorazione: è per questo che è preferibile usare un macchinario oppure il metodo del no-knead bread, del pane che non si impasta (seguira' post, prima o poi)
Stendete la focaccia in una teglia, precedentemente unta d'olio, bucherellate la superficie con la punta delle dita e lasciate lievitare ancora, per un'oretta circa. Cospargete di olio e di sale grosso e infornate a 200 gradi, per una ventina di minuti
E buon appetito!

lunedì 4 maggio 2015

MI SCIOLGO MA NON MI PIEGO- focaccia svuota frigo,a sing sing



Ai tempi in cui cercavo casa qui a Sing Sing, grosso modo tre mesi fa,ma ormai mi sembra una vita,avevo fermamente ribadito all'agente immobiliare che io incarnavo il modello expat solo nell'aspetto: scarpe e borsa e orologio erano le uniche note intonate, in uno spartito altrimenti stravolto da disarmonie spaventose, lapeggiore delle quali era la mia ferma volontà di mischiarmi ai locali e fare la spesa nei loro mercati.

Questo succedeva tre mesi fa. 
Ovvero, una vita fa. 
Quando ancora non avevo fatto i conti col caldo- da una parte-e con quello che si intende per fare la spesa, dall'altra.

Il caldo, a Sing Sing, è un'entità fisica. 
Concreta, corporea, pesante. 
E con una missione ben definita- che è quella di non lasciarti mai solo. 
Non servono docce dai getti perforanti, non servono amplessi col condizionatore, non servono meditazioni yoga ambientate fra i ghiacci: queste, prima o poi, sono esperienze che finiscono. 
Mentre il caldo no. 
E' lì che ti aspetta, paziente, pronto a sbarrarti la strada se vuoi camminare,a schiacciarti il torace se vuoi riposare, a sgualcirti l'anima, se solo ti azzardi  a esplorare i dintorni, figuriamoci a fare la spesa, coll'aggravante del carico delle borse e dell'ora peggiore, che è sempre quella  in cui ti accorgi che ti manca qualcosa.
 
Perchè, qui a Sing Sing, mi manca tutto.
A dispetto  di 20 kg di teglie, erbe aromatiche, pummarola, acciughe e tutto quanto fa "valigia dell'emigrante", la lista delle cose che mancano è incommensurabilmente più lunga, anzi: più compro e più si allunga, in un modo scientifico e cospiratorio, per cui non faccio in tempo ad aver raccolto tutti i fondamentali  che mi accorgo ora che non ho le fruste, ora che nonho lo stampo, ora che non ho la spezia-e nel frattempo, il burro si è sciolto in una pozza di liquido giallognolo e dalle uova provengono dei chiari "pio pio". 

tutto questo per dirvi che ieri, nel Paese delle Spezie, nel Quartiere delle Spezie, nel Mercato delle Spezie, la sottoscritta è riuscita a comprare la cannella polverizzata in vasetto,di una nota multinazionale che affama il Terzo Mondo, trovando uno scampolo di giustificazione nell'aria condizionata che altrove non c'era- e nell'urgenza di fare una carrot cake per i colleghi del marito. 
Salvo scoprire, arrivata a casa, di non avere le carote...


FOCACCIA SVUOTAFRIGO
 
 

500 g di farina (al 13% di proteine)
350 g di acqua, leggermente intiepidita 
2 cucchiai di olio extravergine d'oliva
3g di lievito di birra secco
1 cucchiaino di sale

pomodorini
1 cipolla
timo e rosmarino freschi
sale grosso
olio extravergine

Due premesse: 
1. qui, trovo solo il lievito di birra secco,almeno fin dove mi sono spinta finora, nellemie peregrinazioni.Escludo di fare il lievito madre, almeno fino a quando la farina dignitosa costerà 8 dollari al kg (6 euro nostri). 

2. la cipolla andrebbe aggiunta dopo averla fatta stufare. Io avevo in mente dell'altro e ho dovuto ripiegare su questa farcitura, in mancanza di teglie adatte,per cui ho aperto il frigo e ho usato quello che c'era, senza pensarci su. Ma voi fate stufare la cipolla in padella, per una ventina di minuti e poi aggiungetela alla focaccia negli ultimi 5minuti di cottura. Sennò, vi brucia...

La cosa buona di questo caldo è che qui lievita tutto, in un attimo: per cui, non sto neppure a  perdermi nei riti apotropaici della preventiva attivazione del lievito: setaccio lafarina in una terrina (trovata, santa Ikea), aggiungo il lievito e250 ml di acqua- e impasto, dentro la terrina.Poi aggiungo il resto dell'acqua poco alla volta,incorporandola all'impasto prima di aggiungerne dell'altra e solo alla fine l'olio, anch'esso poco alla volta.
A causa dell'alta idratazione, è possibile che impastare sia difficile, specie se lavorate a mano, come faccio io (il container, con il kenwood, arriva a settembre): invece di dannarvi l'anima, lavatevi lemani con l'acqua fredda,riprendete l'impasto,lavoratelo ancora un po' e poi lasciatelo riposare:riprendetelo dopo una decina di minuti e vedrete che sarà tutto più semplice. In ogni caso, aggiungete SEMPRE l'ultima parte dei liquidi poco alla volta.
Alla fine, unite il sale e assaggiate l'impasto: se dovesse risultare insipido, aggiungetene ancora un po'.
Di solito, impasto sul piano di lavoro per unaventina di minuti, massimo mezz'ora: alla fine, dovrete ottenere un impasto liscio e setoso, che trasferirete in una terrina leggermente unta.Coprite con pellicola trasparente e fate lievitare fino al raddoppio (con queste percentuali di lievito, son circa 4 ore, da voi). 
Ungete bene una teglia rettangolare, con olio extravergine do oliva e rovesciatevi l'impasto lievitato, senza sgonfiarlo: stendetelo poi sulla teglia, tirandolo delicatamente verso i bordi: l'impasto farà resistenza,come è normale che sia, visto che si è sviluppata la maglia glutinica. Anche questa volta, non accanitevi, ma lasciatelo riposare quanche minuto.
Ripetete più volte l'operazione, dedicandovi fra una "tirata" e l'altra, alla preparazione della farcitura. 
Lavate i pomodorini e tagliateli in due, eliminando il più possibile l'acqua di cottura.Mondate la cipolla, lavatela,asciugatela e tagliatela finemente (come dicevo all'inizio,se non volete l'effetto bruciacchiato, è meglio farla stufare e aggiungerla a fine cottura)
Appena avrete perfettamente disteso l'impasto in teglia, farcitelo con gli ortaggi, unite timo e rosmarino freschi, una bella spolverata di sale grosso, ungiro d'olio-e passate inforno a 230°C modalità statica, per 20 minuti circa.


 



 


 


venerdì 22 agosto 2014

#BLOGSTORY: LA FOCACCIA


Fabrizio de André- Creuza de Ma


La focaccia è una e una sola- ed è quella che si mangia a Genova. 
(Tanto per iniziare subito in modo conciliante)
E' quella che si puccia nel cappuccino, a colazione.
Quella che si mangia per strada, con tacchi e perle e borsette fatte scivolare sul'avambraccio, che maniman si ungono e non è cosa.
Quella che i milanesi d'estate ci fanno pranzo e cena.
Quella che è cotta quando sotto è pallida e sopra è croccante.
Quella che, col salame e il vino bianco, è il punto di accordo di una città altrimenti  divisa e di un popolo mugugnone, che ha da ridire su tutto, ma su questo no.
Quella con "gli occhi"o gli "ombelichi" o coi buchi.
Quella che fende l'aria di Genova, una scia di calore fra il salmastro del mare e le folate di vento e che ti conduce al forno più vicino, in barba a impegni, scadenze e diete del lunedì, che un etto di focaccia è un piacere che non riusciamo mai a negarci.
Quella di cui avevo parlato tempo fa, nel vecchio blog, rispolverando una ricetta del nonno fornaio dei caruggi e che ora riprendo, in chiave riveduta, corretta e pure un po' più coraggiosa, senza indulgenze ai gastrofighettismi o alle mode del momento.
Perchè tutto si può dire, della focaccia, tranne che sia una roba modaiola o gastrofighetta: la focaccia è la focaccia. 
Tutto il resto, ve lo lasciamo.

A FUGASSA

Ingredienti per una teglia rettangolare di 40 x 30 cm circa

250 g di farina 00
250 g di farina 0
dai 280 ai 320 ml di acqua
1 cucchiaino di malto
dai 10 ai 15  g di lievito di birra fresco*
2 cucchiai d'olio extravergine
10 g di sale fino


poi:
2 cucchiai di olio extravergine
mezzo bicchiere d'acqua (circa 50 ml)
una piccola manciata di sale grosso

  • Attivate il lievito in poca acqua tiepida, in cui avrete fatto sciogliere un cucchiaino di malto: coprite e fate riposare in luogo tiepido, fino a quando sulla superficie si formeranno le caratteristiche increspature. 
  • Setacciate la farina sulla spianatoia, aggiungete il lievito sciolto nell'acqua ed iniziate ad impastare, unendo gli altri liquidi: la variazione della quantità di acqua dipende dal potere di assorbimento della farina, che è sempre una variabile. Però, per esperienza, più la pasta è idratata, più la focaccia è buona. 
  • Fate così: iniziate impastando tutta la farina con 250 ml di acqua (compresa quella dove avete fatto sciogliere il lievito) e l'olio: quando avrete ottenuto un impasto liscio, aggiungete la restante acqua poco alla volta, continuando ad impastare. Con un po' di pratica, vi accorgerete al tatto quando il vostro impasto sarà idratato al punto giusto: tenete comunque presente che i 280 ml indicati sono una quantità ragionevole, per un impasto soffice. 
  • Il sale fino va nell'impasto: potete metterlo all'inizio della lavorazione, badando a che non entri in contatto diretto col lievito, durante oppure alla fine. L'importante è che non ve lo dimentichiate, perchè anche se la superficie è cosparsa d sale grosso, la pasta deve essere comunque sapida
  • Fate lievitare in una terrina, coperto, per un'ora. dopodichè, versate l'impasto direttamente nella teglia, unta con abbondante olio extravergine. Non usate il mattarello, ma spianate l'impasto con la punta delle dita, stirandolo per allargarlo. Non preoccupatevi se questo non vi obbedirà al primo colpo e tenderà a restringersi: sono gli scherzi della maglia glutinica... Lasciate riposare qualche minuto, poi riprendete, sempre lavorando coi polpastrelli.
  • Alla fine, lasciate lievitare fino al raddoppio. Accendete il forno a 230 °C, modalità statica e preparatevi a fare gli ombrisalli o gli oeuggi, vale a dire i caratteristici buchini, nei quali si depositeranno l'olio, l'acqua e il sale, determinando quelle "chiazze" bianche e un po' gelatinose che contraddistinguono la nostra focaccia. I veri fornai vanno giù decisi, usando non la punta delle dita, ma la seconda falange: lavorano "di taglio", cioè, non dal basso verso l'alto come comunemente si crede e come facevo anch'io. Il motivo è che in questo modo si creano buchi più profondi, senza il rischio che si rompa l'impasto: ovvio che se usate la forza di venti braccia probabilmente ammaccate anche la teglia, ma ci siamo capiti.
  •  Ed ora, il discorso salamoia: fino a pochi anni fa, annegavo la focaccia nell'acqua e la facevo cuocere lì dentro. Il forno era consenziente, ottenevo un risultato soddisfacente, eravamo tutti contenti. Poi, all'improvviso, il mio forno ha iniziato a cuocere diversamente-e io ho iniziato a capire cosa intendevano dire le mie amiche, quando lamentavano che l'acqua non si fosse asciugata e la parte inferiore della focaccia fosse rimasta molliccia. Da qui, ho ridotto notevolmente le dosi della salamoia: faccio i buchi, verso un bel po' di sale grosso, aggiungo mezzo bicchiere d'acqua a temperatura ambiente, irroro con abbondante olio (sempre extravergine, sempre di ottima qualità) e poi inforno, a forno caldissimo (230°C, il mio) per 15- 20 minuti. Sempre nel mio forno, verso la fine della cottura devo girare la teglia, per avere una coloritura uniforme in superficie, ma questa è l'unica eventualità che vi si potrebbe presentare: quando è pronta, è così: 
  • A questo punto: lasciatela raffreddare pochi secondi, poi staccatela dal fondo, sollevandola con l'aiuto di un coltello. Usatelo come leva, non per tagliare o, peggio, per raschiare: se avete unto bene la teglia, la focaccia dovrebbe sollevarsi senza problemi. Tagliatela a pezzi e consumatela subito o comunque nel giro della giornata. Altrimenti, è meglio congelarla, nei sacchetti per il freezer: noi la facciamo scongelare a temperatura ambiente e poi la scaldiamo nel tostapane, meglio che nel forno.


Blog Notes

Per quanto concerne gli ingredienti, ora lo so che mi inimico mezza blogsfera dicendo che la Manitoba noi non sapevamo nemmeno che cosa fosse- e l'altra metà asserendo che il lievito madre è una masturbazione mentale. Però, non c'è sacro testo che prescriva diversamente e-soprattutto- non c'è ragione per non prestargli fede: perchè calare questa ricetta nel quotidiano, in una realtà che impone che si sfornino sleppe di focaccia dall'alba al tramonto, in una città dove le lievitazioni sono difficili per definizione, significa dover andare sul sicuro, specialmente per quanto riguarda il tipo e la dose di lievito da usare. Senza contare che la focaccia è buona "fresca", forte di quella fragranza che si accompagna all'appena sfornato: al massimo, può resistere dalla mattina alla sera, ma per quanto gradevole possa risultare, non c'è paragone con quella appena uscita dal forno.
Invece, per quanto riguarda le dosi del lievito di birra, potete fare come vi pare: appurato che minore è la quantità di lievito usata e maggiori sono i tempi di lievitazione (con tutti i benefici del caso), siete liberi di abbassare fino a pochi grammi. 
La focaccia che vedete nella foto è stata preparata con 12,5 g di lievito di birra (ossia, un cubetto da 25 g tagliato esattamente a metà) ed una lievitazione complessiva di 3 ore e mezza, in piene brume del Masonshire. Il giorno prima ne avevo preparata una veloce, con 25 g di lievito (e se mai qualcuno ha rischiato di morire, è stato per indigestione); una volta o due, ho sperimentato i 4-5 g, con ottimi risultati. Tendenzialmente, comunque, sto attorno ai 12-15 g, tenendo conto del fatto che vivo sul mare, a Genova, o nella pioggia, in campagna e anche questo fa: ma in tutti i casi, vien fuori una focaccia che è una meraviglia. E stavolta, ho pure i testimoni...


Shelfie

Il sacro testo di riferimento è come la nostra focaccia, cioè uno ed uno solo- e chi già lo possiede converrà con me sulla perentorietà del giudizio.
Sergio Rossi, Focaccia-  Sagep Editori, Genova 2013



questa ricetta è stata rifatta da
Rosaria(con preimpasto)
Elisa
Valeria (con lievito madre e Bimby)
fate un giro da loro, per i loro suggerimenti e le loro modifiche!



mercoledì 14 aprile 2010

Focaccia alla genovese- quella vera, senza tante storie

di Alessandra


focaccia

Fra tutte le ricette della storia della gastronomia italiana, quelle su cui si discute di più sono le cosiddette ricette della tradizione. Se mai ce ne fosse stato bisogno, ne ho avuto la conferma quest'estate, durante la lavorazione al libro, quando, fra foglieti e sacti testi, spuntavano fuori beghe secolari fra città e città o fra quartiere e quartiere, per rivendicare la paternità di questo o di quell'altro piatto. Una specie di "questione omerica" gastronomica, che si è poi declinata in varie forme, da quelle più ufficiali delle Confraternite a quelle più domestiche, ma non per questo meno agguerrite, delle infinite versioni "di casa", che finiscono sempre con la convinzione che "come mia nonna, non la fa nessuno"
La Focaccia alla genovese non fa eccezione, anzi: trattandosi del prodotto più tipico della nostra città, assieme al pesto, ha goduto di una attenzione tutta speciale da parte di gastronomi e non, ciascuno dei quali ha dato o ha scelto una propria versione. E così, sebbene la ricetta sia una sola, sotto "focaccia alla genovese" circola praticamente di tutto e lascio immaginare lo sciopun che ci prende quando vediamo fregiarsi di questo Titolo focacce alte mezzo metro, con un fondo secco e una superficie asciutta.


f2

Ovviamente, nemmeno io faccio eccezione, essendo anch'io depositaria della ricetta di famiglia. Che, altrettanto ovviamente, deriva dai nonni, anzi, da mio nonno paterno. Con la non trascurabile differenza, però, che mio nonno faceva il fornaio- ed era pure bravo: tanto che, al pari della paternità della focaccia, era conteso da parecchi forni della città, alcuni dei quali ubicati proprio nei carugi, che di Genova sono il cuore pulsante e la parte più viva. Gli altri bambini compravano la focaccia al banco, mia sorella ed io finivamo dritte nelle retrovie, da dove uscivamo con la parte migliore- la più calda e, ahinoi, la più unta, cosparsa della pennellata aggiuntiva che, secondo mio nonno, costituiva il valore aggiunto ad una meraviglia assoluta.
La ricetta che segue, quindi, è quella che circolava nei forni di cinquant'anni fa. Uso volutamente il passato, perchè purtroppo sono in pochi, a Genova, i posti dove ancora si possa comprare la focaccia di una volta. Prova ne è la foto che avete visto qui sopra, che non riproduce la focaccia preparata in casa mia, ma quella comprata dal fornaio della zona. Della focaccia uscita dal nostro forno, infatti, non sono rimaste neppure le briciole, e questo nel giro di un nano secondo: la Dani, che ha curato il reportage della nostra, mi è testimone, visto che lei per prima si è macchiata di un simile oltraggio al blog, infilandosene in bocca mezzo metro, continuando a ripetere "non posso, sono a dieta". Tornando alla focaccia comprata, le differenze saltano subito agli occhi: intanto è più alta, poi è più soffice, poi è più asciutta e, buon ultimo, parecchio molliccia, nonostante una passata sotto il grill per renderla un po' più friabile. Potete rendervene conto da soli, in ogni caso.
Questa è la versione del fornaio sotto casa


DSC_0592
e questa è la mia
focaccia


molto più vicina a quella tradizionale e, vi assicuro, molto più buona.
Passando alla ricetta, le dosi sono quelle di una pasta da pane arricchita con olio: la differenza è data non tanto dalla lievitazione, quanto dalla lavorazione, che è poi quella che la rende così tipica e così riconoscibile, a prima vista e ai primi morsi
Vi dò le dosi standard per mezzo chilo di farina, ma tenete conto che per una teglia normale (grosso modo delle misure della placca del forno) ne basterebbero circa tre etti. Di solito, con 500 g di farina, io faccio una focaccia e tre focaccine, le marinare, che però sono un'altra storia e quindi un altro post.
Ancora una cosa sulla farina: non ho mai saputo quale farina usasse mio nonno, perchè lui si serviva direttamente dal mulino e di sicuro la "forza" era diversa da quelle che troviamo in circolazione. Di norma, io faccio metà 00 e metà manitoba, ma anche con la 0 viene benissimo.

Eccovi le dosi

500 g di farina
250 g di acqua (circa: la aggiungete poco a poco, fino a quando l'impasto diventa elastico. Deve comunque rimanere un po' umido, esattamente come la pasta da pane. Per lavorarlo, intanto, basterà mettere un po' di farina sulla spianatoia)
20 g di lievito fresco (anche qui: potete metterne di meno: in quel caso, allungherete i tempi di lievitazione, esattamente come per la pizza)
2 o 3 cucchiai di olio EVO ( potete anche ometterli- e fra poco capirete il perchè: io, comunque, preferisco aggiungerli)
sale
poi
olio EVO- almemno mezzo bicchiere
sale grosso
acqua

Fate sciogliere il lievito in poca acqua tiepida e, quando avrà iniziato a fare le bolle, aggiungete la farina. Iniziate ad impastare (io faccio tutto nell'impastatrice) , aggiungendo l'acqua a poco a poco e, in ultimo, l'olio e il sale. Fate lievitare almeno due ore, dopodichè ungete bene di olio una teglia e stendetevi l'impasto, dopo averlo abbattuto e lavorato sulla spianatoia per 5 o 6 minuti, a mezzo cm di spessore, ma anche meno: questo è importantissimo, perchè una delle caratteristiche della nostra focaccia è proprio quella di non essere alta, pur rimandendo morbida. Fate lievitare almeno un'altra ora, poi riprendete la teglia e, con la punta delle dita, fate tante fossette, come nella foto.

DSCF2581

alla fine, otterrete questo risultato


DSCF2582

dopodichè, versate una piccola manciata di sale grosso sulla superficie della focaccia e, in ultimo, copritela d'acqua fredda.


focaccia

questo è un altro sei segreti: la focaccia alla genovese, infatti, ha un fondo umido e chiaro che ha lo stesso aspetto e la stessa consistenza delle fossette della superficie, una volta cotte. Questo è dovuto proprio alla cottura in acqua. A me fanno un po' ridere Giorgio Locatelli e i suoi seguaci, quando parlano di focaccia in salamoia come della scoperta del secolo e anzi, mi stupisce che non ci sia stato nessuno, dico nessuno, che sia intervenuto a dire che, veramente, a Genova la focaccia si fa così da tempo immemorabile. Mi fermo qui, perchè sennò attacco a parlare di lecchinismo e dintorni, però, credetemi, nihil novi.
Le Simili, invece, dicono di fare questa emulsione con 6 cucchiai di acqua e 6 cucchiai di olio- per giunta partendo da dosi doppie rispetto a quelle che ho indicato qui. Troppo poco liquido, mi dispiace.
Il problema è quanta acqua si deve mettere: non tanta da coprirla del tutto, non così poca da coprirne solo la superficie. L'ideale sarebbe che l'acqua bagnasse il fondo e si depositasse solo nelle fossette.

focaccia

sul perchè del "niente olio" ci arriviamo fra poco
Infornate al massimo della temperatura del vostro forno. L'unica differenza nel risultato finale fra la focaccia di casa nostra e quella di mio nonno sta qui- e non possiamo farci niente. Comunque, il mio forno ha una modalità pizza a 260 gradi, che poi sono 240 effettivi e a questa temperatura servono circa 13- 15 minuti di cottura.
Appena la focaccia comincia a scurire (grosso modo dopo una decina di minuti) la tirate fuori dal forno e la spennellate abbondantemente di olio. Lavorate velocissimamente (io appoggio la teglia direttamente sul portellone del forno) e rinfornate subito. Lasciate passare due minuti e ripetete l'operazione. Se la focaccia non brunisce troppo, fatelo una terza volta, fate un ultimo rapido passaggio in forno e sfornate definitivamente. Dovrà presentarsi grosso modo così (anche meno brunita: io stavo a chiecchierare con la Dani e ho perso l'attimo).

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Il fondo, comunque, dovrà essere questo:

DSCF2597

E lo spessore questo qui.


focaccia

e si taglia così

focaccia

e si mangia appena il calore lo consente. Ovviamente è ottima anche fredda.

Regge bene la congelazione e bastano pochi minuti nel forno per farle riprendere la fragranza.

Buon appetito a tutti

Alessandra