Mettiamola così: ci sono libri di cui
l'umanità potrebbe fare volentieri a meno. Ma ci sono autori a cui
ciascun lettore dell'universo mondo, senza esclusioni significative di
sorte, tributa il proprio grazie, ogni volta che si imbatte nei loro
scritti.
De Silva rappresenta l'anello di
congiunzione di questi due estremi: i suoi libri non sono quei
capolavori senza i quali tu non saresti quello che sei- e meno che mai
lo è quest'ultima sua fatica letteraria, un onesto divertissement in cui
la trama è così sottile da trasformarsi in un manifesto pretesto.
Nello stesso tempo, ben vengano questi
pretesti, se il risultato è un susseguirsi di singoli pezzi di bravura,
che si inanellano l'uno dietro l'altro, tenendoti avvinto alla pagina
come se stessi leggendo un romanzo d'azione, ora intenerendoti come
sulle pagine di una storia d'amore, ora esplodendo in qualche
incontenibile risata- che contieniti, Ale, che davanti a tutti non si
fa.
Insomma, se non si fosse capito, a me De
Silva piace. Mi piace per questo suo sguardo sul mondo e dentro se
stesso, in cui la tentazione del piangersi addosso è sempre tenuta a
freno da una pungente autoironia; mi piace per la sua capacità di
sdoganare le pecche della mia generazione, quelli con l'Ipod fighetto
con dentro le canzoni di Peppino di Capri, con i massimi sistemi di
default, che sì, va bene la serata ggiovane a non parlare del più e del
meno, ma vuoi mettere il rimbambirsi di chiacchiere esistenziali su
tutti i mali del mondo, che da qualsiasi parte si arriva sempre lì- alla
tua vita, a i tuoi errori, a quei libri contabili che lo sapevi che era
meglio non aprire, ma tant'è. E mi piace per questo scandagliare la
"sintassi dei sentimenti" fermandosi sempre al momento giusto- cioè un
attimo prima di cadere nell'autocommiserazione o nell'autocompiacimento.
Le critiche dei lettori a questo libro
sono state impietose: in assenza di una vera e propria trama, lo si è
considerato come un puro esercizio di stile, slegato e sconnesso, volto
più ad arricchire le tasche dell'autore che non la mente di chi legge.
Al solito, tutto dipende da che cosa si ricerca in un romanzo. Per una
come me, che macina km di pagine tutte in fila, con uno stile così
piatto che al confronto la Piacenza Brescia son le montagne russe, poter
assaporare una prosa cesellata, perfettamente ritagliata sulla
situazione (immediata nei dialoghi, sempre felice nelle battute ad
effetto, ben dosata nelle introspezioni, sempre capace di sorreggere il
contenuto, in un sempre più raro equilibrio fra forma e sostanza) vale
qualunque prezzo: anche quello di una trama che non c'è.
Ampiamente compensata dai pezzi sulle
canzoni della Carrà (tutti da antologia) o dalla descrizione delle donne
in aereoporto, a maggior ragione se la lettura del brano avviene
proprio nella sala d'imbarco di uno di questi, dopo che tu hai appena
replicato tutti i gesti, nessuno escluso, che l'autore ha appena
descritto, in modo così lucido e così bastardo.
Insomma, se non si fosse capito, io di
De Silva leggerei pure la lista della spesa. Perchè so che sarebbe una
buona lettura. Anche se comprasse i quattro salti in padella....
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