Ho capito che non avrei mai dovuto giudicare i cibi dai loro colori quando, secoli fa, all'epoca in cui a Genova inziavano a spuntare i primi ristoranti cinesi, io e una mia amica decidemmo di lanciarci nella prima esperienza etnica della nostra vita. Mentre attendevamo, titubanti, di varcare le Colonne d'Ercole del mondo gastronomico allora conosciuto, a botte di riso alla cantonese, pollo al limone e gelato fritto ( ed è inutile che storciate il naso: tanto non ci casco: alzi la mano chi non si è macchiato di simili ordinazioni, almeno una volta), mentre aspettavamo di essere servite, dicevo, arrivò il cameriere con due salsine. Alla prima, un liqudo denso e mucillaginoso, da un odore dolciastro e vagamente nauseabondo, lanciai la prima delle mie famose occhiate inceneritrici, quelle che, tradotte nel linguaggio comune, significano: ok-per-quest-volta-è-capitato-e-passi-ma-col-cavolo-che-mi-rivedi. (per inciso, la seconda di queste famose occhiate fu riservata a quelo che poi è diventato mio marito. Superfluo aggiungere che sono diventata una salsa di soia addicted. E ancor più superfluo aggiungere che, visti, gli esiti, le famose occhiate sono finite in cantina, con l'ordine di restarci per sempr. Quando si dice tertium non datur...)
La seconda salsina, invece, era uno spettacolo: un pastone denso, di un rosso lacca lucido, liscio, setoso, che diceva mangiami al solo vederlo. E così, fra una chiacchiera e l'altra, non ho resistito alla tentazione e ho afferrato il cucchiaino. E, già che c'ero, l'ho riempito ben bene. Dopodiché, l'ho infilato in bocca.
Vedete, sebbene io abbia facilità di espressione e mi destreggi felice fra le parole, non sono mai riuscita a descrivere che cosa sia esploso nella mio palato, nel preciso istante in cui il famigerato cibo è entrato in contatto con le mie mucose. Dirvi che avevo il fuoco nella bocca, nella gola, nelle orecchie, nel naso è riduttivo e se mi avessero assicurato che in qel momento stavo sputando fiamme da tutti i pori, stile Grisù al ristornate cinese, non avrei esitato a crederci.
Non so dire quanto tempo sia passato e cosa abbia detto, nel frattempo, ma ricordo che l'unico imperativo che martellava nel mio cervello era che dovevo subito mangiare qualcosa: e, in mancanza di pane, afferrai i due grissini torinesi mal cotti che erano appoggiati sul mio piatto e li morsicai con tutte le forze che mi erano rimaste.
I denti, stranamente, li ho salvati. In compenso ci ho rimesso il palato e la reputazione, nel senso che una "lacerazione palatale da bastoncini cinesi" al Pronto Soccorso di San Martino non l'avevano ancora vista. Ad essere sinceri, il medico di guardia avrebbe voluto ricoverarci entrambe in psichiatria, visto che la mia amica non aveva smesso un minuto di contorcersi dalle risate. Alla fine, però, me la cavai con una medicazione, tre giorni di silenzio e una specie di lumacone in calore incastrato nell'arcata superiore per una settimana.
La lezione, però, l'ho imparata bene: tanto bene che quando, dieci anni dopo, con la stessa amica, abbiamo ricevuto il battesimo della cucina nipponica, col cavolo che mi sono avvicinata a quella turgida gocca verde piselli che luccicava a lato del mio sushi. L'ho guardata, l'ho ammirata, l'ho sollevata delicatamente con i bastoncini e l'ho lasciata tutta alla mia amica. E stavolta, ho riso io: perché gli ingredienti saranno diversi e le tecniche differenti, ma la vendetta si consuma sempre fredda- oriente compreso...
La seconda salsina, invece, era uno spettacolo: un pastone denso, di un rosso lacca lucido, liscio, setoso, che diceva mangiami al solo vederlo. E così, fra una chiacchiera e l'altra, non ho resistito alla tentazione e ho afferrato il cucchiaino. E, già che c'ero, l'ho riempito ben bene. Dopodiché, l'ho infilato in bocca.
Vedete, sebbene io abbia facilità di espressione e mi destreggi felice fra le parole, non sono mai riuscita a descrivere che cosa sia esploso nella mio palato, nel preciso istante in cui il famigerato cibo è entrato in contatto con le mie mucose. Dirvi che avevo il fuoco nella bocca, nella gola, nelle orecchie, nel naso è riduttivo e se mi avessero assicurato che in qel momento stavo sputando fiamme da tutti i pori, stile Grisù al ristornate cinese, non avrei esitato a crederci.
Non so dire quanto tempo sia passato e cosa abbia detto, nel frattempo, ma ricordo che l'unico imperativo che martellava nel mio cervello era che dovevo subito mangiare qualcosa: e, in mancanza di pane, afferrai i due grissini torinesi mal cotti che erano appoggiati sul mio piatto e li morsicai con tutte le forze che mi erano rimaste.
I denti, stranamente, li ho salvati. In compenso ci ho rimesso il palato e la reputazione, nel senso che una "lacerazione palatale da bastoncini cinesi" al Pronto Soccorso di San Martino non l'avevano ancora vista. Ad essere sinceri, il medico di guardia avrebbe voluto ricoverarci entrambe in psichiatria, visto che la mia amica non aveva smesso un minuto di contorcersi dalle risate. Alla fine, però, me la cavai con una medicazione, tre giorni di silenzio e una specie di lumacone in calore incastrato nell'arcata superiore per una settimana.
La lezione, però, l'ho imparata bene: tanto bene che quando, dieci anni dopo, con la stessa amica, abbiamo ricevuto il battesimo della cucina nipponica, col cavolo che mi sono avvicinata a quella turgida gocca verde piselli che luccicava a lato del mio sushi. L'ho guardata, l'ho ammirata, l'ho sollevata delicatamente con i bastoncini e l'ho lasciata tutta alla mia amica. E stavolta, ho riso io: perché gli ingredienti saranno diversi e le tecniche differenti, ma la vendetta si consuma sempre fredda- oriente compreso...
CIOCCOLATO BIANCO, WASABI E FRUTTI DI BOSCO
ricetta tratta da Bicchieri tutto cioccolato di Jose Marechal, Bibliotheca Culinaria editore: l'originale lo trovate qui
Qui sotto, invece, le mie modifiche, che consistono sostanzialmente nella sostituzione del coulis di fragole con della frutta di bosco (criterio della stagionalità, null'altro) e nell'aumento delle quantità del cioccolato per la ganache.
Per dodici bicchierini
per la mousse al cioccolato bianco
1 foglio di colla di pesce
300 g di cioccolato bianco
500 ml di panna
per la ganache al cioccolato bianco e wasabi
200 g di cioccolato bianco
un cucchiaino colmo di wasabi
150 ml di panna
Si inizia preparando la mousse.
Ammollare il foglio di gelatina in acqua fredda. Spezzettare il cioccolato (più i pezzi sono piccoli, meglio è) e metterlo in un pentolino col fondo spesso, in un bagno maria a fuoco bassissimo.
In un altro casseruolino, scaldare 100 ml di panna e sciogliervi la colla di pesce, ben strizzata e asciugata. Mescolare bene con un cucchiaio di legno, fino allo scioglimento completo. Rimettere il pentolino sul fuoco e portare ad ebollizione, dopodiché versare il liquido sul cioccolato: non importa se non è ancora fuso, anzi, probabilmente non lo sarà e va bene lo stesso. Si scioglierà a contatto con la panna bollente, sempre che voi mescoliate bene, meglio se con una frusta. Quando il cioccolato si è completamente sciolto ( se è il caso, continuate a lavorare a bagno maria), lasciatelo raffreddare, mescolando ogni tanto per evitare che il composto "tiri". Quando è freddo, aggiungete il resto della panna montata, incorporandola lentamente, facendo attenzione a che non smonti.
Mettete il composto in una siringa da pasticcere, riepmite dodici bicchierini e mettete in frigo per un'ora almeno
Per la ganache al cioccolato, stemperate in poca panna il wasabi, poi aggiungetelo al resto e portate ad ebollizione. Versate la panna bollente sul cioccolato spezzettato e fatelo fondere del tutto, mescolando con una frusta. Lasciate raffreddare bene, prima di versarlo sulla mousse al cioccolato bianco- a meno che non vogliate ottenere l'effetto della foto, classico prodotto di ansie culinarie per cui ogni tempistica va a farsi benedire, sotto l'urgenza del "vediamo come viene". Decorare con frutti di bosco freschi
In frigo fino al momento di servire.
Detto fra noi, qualche dubbio ce l'avevo e ho trattenuto il fiato per tutta la durata dell'assaggio: beh, che ci crediate o no, è piaciuto pure alla suocera. Meglio di così...
Buona giornata
Aessandra
Qui sotto, invece, le mie modifiche, che consistono sostanzialmente nella sostituzione del coulis di fragole con della frutta di bosco (criterio della stagionalità, null'altro) e nell'aumento delle quantità del cioccolato per la ganache.
Per dodici bicchierini
per la mousse al cioccolato bianco
1 foglio di colla di pesce
300 g di cioccolato bianco
500 ml di panna
per la ganache al cioccolato bianco e wasabi
200 g di cioccolato bianco
un cucchiaino colmo di wasabi
150 ml di panna
Si inizia preparando la mousse.
Ammollare il foglio di gelatina in acqua fredda. Spezzettare il cioccolato (più i pezzi sono piccoli, meglio è) e metterlo in un pentolino col fondo spesso, in un bagno maria a fuoco bassissimo.
In un altro casseruolino, scaldare 100 ml di panna e sciogliervi la colla di pesce, ben strizzata e asciugata. Mescolare bene con un cucchiaio di legno, fino allo scioglimento completo. Rimettere il pentolino sul fuoco e portare ad ebollizione, dopodiché versare il liquido sul cioccolato: non importa se non è ancora fuso, anzi, probabilmente non lo sarà e va bene lo stesso. Si scioglierà a contatto con la panna bollente, sempre che voi mescoliate bene, meglio se con una frusta. Quando il cioccolato si è completamente sciolto ( se è il caso, continuate a lavorare a bagno maria), lasciatelo raffreddare, mescolando ogni tanto per evitare che il composto "tiri". Quando è freddo, aggiungete il resto della panna montata, incorporandola lentamente, facendo attenzione a che non smonti.
Mettete il composto in una siringa da pasticcere, riepmite dodici bicchierini e mettete in frigo per un'ora almeno
Per la ganache al cioccolato, stemperate in poca panna il wasabi, poi aggiungetelo al resto e portate ad ebollizione. Versate la panna bollente sul cioccolato spezzettato e fatelo fondere del tutto, mescolando con una frusta. Lasciate raffreddare bene, prima di versarlo sulla mousse al cioccolato bianco- a meno che non vogliate ottenere l'effetto della foto, classico prodotto di ansie culinarie per cui ogni tempistica va a farsi benedire, sotto l'urgenza del "vediamo come viene". Decorare con frutti di bosco freschi
In frigo fino al momento di servire.
Detto fra noi, qualche dubbio ce l'avevo e ho trattenuto il fiato per tutta la durata dell'assaggio: beh, che ci crediate o no, è piaciuto pure alla suocera. Meglio di così...
Buona giornata
Aessandra