ovvero: di un post che comincia in ridere, ma poi no.
La creatura studia la terza declinazione dei nomi greci ed è arrivata alle fatidiche eccezioni: le ripete dopo il solito rituale di blandizie-suppliche-minacce e, fra le tante, declina con sguardo da martire la parola "ther,theròs" che significa "fiera". Dopodichè, passa dalla teoria alla pratica.
La versione è la storia di Perseo che libera Andromeda, dopo che "la fanciulla è stata data in pasto dal padre ad una fiera marina", così come hanno appreso generazioni di studenti, dai portici della Stoà in poi e come anche mia figlia conosce. Anzi, la conosce tanto bene che si permette pure qualche variazione sul tema, forte del conforto del volcabolario, trasformando l'aggettivo "marina" nel corrispondente complemento: "metto 'del mare', che ci sta meglio".
Dei due, chi ci è arrivato prima è stato mio marito, che ha subito chiuso lo schermo del portatile, con un ghigno stampato sulla faccia, determinato a non perdersi neppure un nanosecondo della scena che sarebbe seguita di lì a poco. Io ci sono arrivata un po' dopo ma, anzichè glissare, per una volta, ho scelto di bere l'amaro calice fino alla feccia, chiedendo quale funzione logica avesse "alla fiera del mare".
La sventurata rispose.
La versione è la storia di Perseo che libera Andromeda, dopo che "la fanciulla è stata data in pasto dal padre ad una fiera marina", così come hanno appreso generazioni di studenti, dai portici della Stoà in poi e come anche mia figlia conosce. Anzi, la conosce tanto bene che si permette pure qualche variazione sul tema, forte del conforto del volcabolario, trasformando l'aggettivo "marina" nel corrispondente complemento: "metto 'del mare', che ci sta meglio".
Dei due, chi ci è arrivato prima è stato mio marito, che ha subito chiuso lo schermo del portatile, con un ghigno stampato sulla faccia, determinato a non perdersi neppure un nanosecondo della scena che sarebbe seguita di lì a poco. Io ci sono arrivata un po' dopo ma, anzichè glissare, per una volta, ho scelto di bere l'amaro calice fino alla feccia, chiedendo quale funzione logica avesse "alla fiera del mare".
La sventurata rispose.
E mentre davanti ai miei occhi, insieme a Perseo e ad Andromeda teneramente avvinghiati sulla prua di uno yacht lungo un chilometro- un affare, "prezzo fiera" -sfilavano tutti i miei sacrifici, le mie sere passate a leggerle le favole della buona notte, i sabati da donne da Feltrinelli, i fine settimana fra Parigi e Londra per mostre, concerti e musei, ho pensato che stavolta non poteva finire così e che, se mai c'era un resposabile, era il momento che saltasse fuori. Considerato poi che, se in casa mia si urla, in quella delle madri delle amiche di mia figlia non è che si stia tanto meglio, afflitte come siamo da questo mal comune che, credetemi, per noi genitori che "ci abbiamo creduto" è tutto, ma proprio tutto fuorchè un "mezzo gaudio". Siccome non sapevo da dove cominciare, ho proceduto per tantativi, andando per esclusione.
Ho escluso un deficit di neuroni, da parte della creatura. E' ancora nella fase in cui la regola del massimo risultato col minimo sforzo si rivela sistematicamente vincente, il che significa che i neuroni ci sono, sono tanti e sono pure belli arzilli. In più, giusto in quei giorni, si era appena fatta fuori, uno via l'altro, "Cime Tempestose" e "Orgoglio e Pregiudizio", entrambi in traduzioni serissime e rigorose, che non facevano nessuno sconto alla modernità o allo slang- per giunta standosene chiusa in camera a leggere o alla finestra a sospirare, chiaro indizio di profonda comprensione delle suddette storie, dalla prima all'ultima parola, virgole incluse.
Ho escluso responsabilità della famiglia: e non perchè in casa nostra si legga di più, si viaggi di più, si facciano cose "di più" rispetto al resto del mondo. Chi scrive è la orgogliosissima figlia di un tranviere, per cui quando dico che non ne faccio una questione di privilegi culturali non parlo per fare del politically correct. Anche perchè qui il problema è un altro e riguarda semmai non una mancanza di informazioni, ma una incapacità di incamerarle. Usare un italiano corretto, in casa mia, non ha mai implicato l'uso di termini desueti: per mia madre, io e mia sorella siamo sempre state "le bambine", non "le fanciulle" e quando andavamo a scuola eravamo le "alunne", non le "discepole". E quando bisognava che mio padre si tirasse su dal letto, per venirmi a recuperare nei vari punti di ritrovo con gli amici, non è che mia madre gli dicesse "orsù, uomo, levati dal talamo, perchè l'auriga scaricotti la fanciulla al crocicchio della Genova-Nervi". Ciononostante, quando ci si imbatteva in parole a noi sconosciute (carriaggi, fare impeto, tappe forzate etc etc) non è che ci rifiutassimo di ricordarcele, perchè intanto chi le usa più, anzi: semmai, era la volta che si cercava di imprimersele bene nella memoria, col risultato di perdere dei quarti d'ora per cercare il significato di "fero", ma di sapere alla prima che "angustiae vuol dire strettoie"
Ho escluso responsabilità della società: è vero che siamo ai minimi storici, che a leggere i loro messaggi sul cellulare c'è da uscirne scemi, che fiesbuk e la pleistescion e internet etc etc etc. Però, ai miei tempi si diceva "trooooooooooooooooopppppppppppo gggiusto", il modello vincente aveva un alberello sulle scarpe e un gallo sul piumino e internet e facebook, non c'erano, purtroppo. (la play no: è una delle poche cose su cui sono stata irremovibile). Come dire, che scemi lo eravamo anche noi, per età e per identità di gruppo, o come cavolo si chiama. Però, che le fiere fossero bestie feroci, lo sapevamo tutti...
Insomma, alla fine, mi sono rimaste la scuola e la parrocchia- e visto che il post è troppo lungo e un colpevole alla fine bisogna trovarlo, ho equamente suddiviso le responsabilità su entrambe: l'una per aver dimenticato di insegnare l'umiltà e l'altra per aver sbarrato una delle strade per praticarla: vale a dire, un sano, semplice, normale uso della memoria. Mica tanto, sia chiaro e non certo per sentirsi snoccoiolare nozioni come rosari: ma solo quel poco che basta per far capire ai nostri figli che, ogni tanto, esistono regole su cui non si discute- non quando si è in prima elementare e si è alle prese con la grammatica italiana, non quando si è il quarta ginnasio e ci si picchia con il lessico greco. Senza che questo comprometta in alcun modo un futuro da fini linguisti o da squisiti filologi, pregno di alti contributi allo studio delle lingue, classiche o moderne che siano.
Non so se ne faremmo studenti migliori di quelli che sono: ma, quantomeno, eviterebbero di perdersi negli stand di un Salone Nautico, in cerca degli amici che li aspettano allo Zoo. Il che, a ben guardare, sarebbe già qualcosa....
FRAGOLE SULL'ATTENTI
Per 20 fragole
200 g di mascarpome
dai 50 ai 100 g di zucchero a velo
mezzo foglio di colla di pesce
50 ml di panna da montare
Pareggiate le fragole, con un taglio netto alla base, in modo che possano stare in piedi.
Con un coltellino appuntito, togliete il picciuolo, scavando leggermente all'interno della fragola, in modo da creare una piccola cavità
Ammollate la gelatina in acqua fredda
In un pentolino, scaldare la panna e, poco prima che prenda bollore, sciogliervi fuori dal fuoco la colla di pesce, mescolando rapidamente con un cucchiaio di legno.
Amalgamare alla panna il mascarpone, un cucchiaio per volta, mescolando di volta in volta per far incorporare bene il liquido.
Dopodichè, aggiungere lo zucchero e montare per pochi minuti con le fruste elettriche.
Riempire una tasca da pasticcere con la crema così ottenuta e farcire le fragole, come nella foto, completando con una spruzzata di granella di pistacchio.
In frigo fino a mezz'ora prima di servire
Ciao
Ale
200 g di mascarpome
dai 50 ai 100 g di zucchero a velo
mezzo foglio di colla di pesce
50 ml di panna da montare
Pareggiate le fragole, con un taglio netto alla base, in modo che possano stare in piedi.
Con un coltellino appuntito, togliete il picciuolo, scavando leggermente all'interno della fragola, in modo da creare una piccola cavità
Ammollate la gelatina in acqua fredda
In un pentolino, scaldare la panna e, poco prima che prenda bollore, sciogliervi fuori dal fuoco la colla di pesce, mescolando rapidamente con un cucchiaio di legno.
Amalgamare alla panna il mascarpone, un cucchiaio per volta, mescolando di volta in volta per far incorporare bene il liquido.
Dopodichè, aggiungere lo zucchero e montare per pochi minuti con le fruste elettriche.
Riempire una tasca da pasticcere con la crema così ottenuta e farcire le fragole, come nella foto, completando con una spruzzata di granella di pistacchio.
In frigo fino a mezz'ora prima di servire
Ciao
Ale
n