Ai tempi in cui cercavo casa qui a Sing Sing, grosso modo tre mesi fa,ma ormai mi sembra una vita,avevo fermamente ribadito all'agente immobiliare che io incarnavo il modello expat solo nell'aspetto: scarpe e borsa e orologio erano le uniche note intonate, in uno spartito altrimenti stravolto da disarmonie spaventose, lapeggiore delle quali era la mia ferma volontà di mischiarmi ai locali e fare la spesa nei loro mercati.
Questo succedeva tre mesi fa.
Ovvero, una vita fa.
Quando ancora non avevo fatto i conti col caldo- da una parte-e con quello che si intende per fare la spesa, dall'altra.
Il caldo, a Sing Sing, è un'entità fisica.
Concreta, corporea, pesante.
E con una missione ben definita- che è quella di non lasciarti mai solo.
Non servono docce dai getti perforanti, non servono amplessi col condizionatore, non servono meditazioni yoga ambientate fra i ghiacci: queste, prima o poi, sono esperienze che finiscono.
Mentre il caldo no.
E' lì che ti aspetta, paziente, pronto a sbarrarti la strada se vuoi camminare,a schiacciarti il torace se vuoi riposare, a sgualcirti l'anima, se solo ti azzardi a esplorare i dintorni, figuriamoci a fare la spesa, coll'aggravante del carico delle borse e dell'ora peggiore, che è sempre quella in cui ti accorgi che ti manca qualcosa.
Perchè, qui a Sing Sing, mi manca tutto.
A dispetto di 20 kg di teglie, erbe aromatiche, pummarola, acciughe e tutto quanto fa "valigia dell'emigrante", la lista delle cose che mancano è incommensurabilmente più lunga, anzi: più compro e più si allunga, in un modo scientifico e cospiratorio, per cui non faccio in tempo ad aver raccolto tutti i fondamentali che mi accorgo ora che non ho le fruste, ora che nonho lo stampo, ora che non ho la spezia-e nel frattempo, il burro si è sciolto in una pozza di liquido giallognolo e dalle uova provengono dei chiari "pio pio".
tutto questo per dirvi che ieri, nel Paese delle Spezie, nel Quartiere delle Spezie, nel Mercato delle Spezie, la sottoscritta è riuscita a comprare la cannella polverizzata in vasetto,di una nota multinazionale che affama il Terzo Mondo, trovando uno scampolo di giustificazione nell'aria condizionata che altrove non c'era- e nell'urgenza di fare una carrot cake per i colleghi del marito.
Salvo scoprire, arrivata a casa, di non avere le carote...
FOCACCIA SVUOTAFRIGO
500 g di farina (al 13% di proteine)
350 g di acqua, leggermente intiepidita
2 cucchiai di olio extravergine d'oliva
3g di lievito di birra secco
1 cucchiaino di sale
pomodorini
1 cipolla
timo e rosmarino freschi
sale grosso
olio extravergine
Due premesse:
1. qui, trovo solo il lievito di birra secco,almeno fin dove mi sono spinta finora, nellemie peregrinazioni.Escludo di fare il lievito madre, almeno fino a quando la farina dignitosa costerà 8 dollari al kg (6 euro nostri).
2. la cipolla andrebbe aggiunta dopo averla fatta stufare. Io avevo in mente dell'altro e ho dovuto ripiegare su questa farcitura, in mancanza di teglie adatte,per cui ho aperto il frigo e ho usato quello che c'era, senza pensarci su. Ma voi fate stufare la cipolla in padella, per una ventina di minuti e poi aggiungetela alla focaccia negli ultimi 5minuti di cottura. Sennò, vi brucia...
La cosa buona di questo caldo è che qui lievita tutto, in un attimo: per cui, non sto neppure a perdermi nei riti apotropaici della preventiva attivazione del lievito: setaccio lafarina in una terrina (trovata, santa Ikea), aggiungo il lievito e250 ml di acqua- e impasto, dentro la terrina.Poi aggiungo il resto dell'acqua poco alla volta,incorporandola all'impasto prima di aggiungerne dell'altra e solo alla fine l'olio, anch'esso poco alla volta.
A causa dell'alta idratazione, è possibile che impastare sia difficile, specie se lavorate a mano, come faccio io (il container, con il kenwood, arriva a settembre): invece di dannarvi l'anima, lavatevi lemani con l'acqua fredda,riprendete l'impasto,lavoratelo ancora un po' e poi lasciatelo riposare:riprendetelo dopo una decina di minuti e vedrete che sarà tutto più semplice. In ogni caso, aggiungete SEMPRE l'ultima parte dei liquidi poco alla volta.
Alla fine, unite il sale e assaggiate l'impasto: se dovesse risultare insipido, aggiungetene ancora un po'.
Di solito, impasto sul piano di lavoro per unaventina di minuti, massimo mezz'ora: alla fine, dovrete ottenere un impasto liscio e setoso, che trasferirete in una terrina leggermente unta.Coprite con pellicola trasparente e fate lievitare fino al raddoppio (con queste percentuali di lievito, son circa 4 ore, da voi).
Ungete bene una teglia rettangolare, con olio extravergine do oliva e rovesciatevi l'impasto lievitato, senza sgonfiarlo: stendetelo poi sulla teglia, tirandolo delicatamente verso i bordi: l'impasto farà resistenza,come è normale che sia, visto che si è sviluppata la maglia glutinica. Anche questa volta, non accanitevi, ma lasciatelo riposare quanche minuto.
Ripetete più volte l'operazione, dedicandovi fra una "tirata" e l'altra, alla preparazione della farcitura.
Lavate i pomodorini e tagliateli in due, eliminando il più possibile l'acqua di cottura.Mondate la cipolla, lavatela,asciugatela e tagliatela finemente (come dicevo all'inizio,se non volete l'effetto bruciacchiato, è meglio farla stufare e aggiungerla a fine cottura)
Appena avrete perfettamente disteso l'impasto in teglia, farcitelo con gli ortaggi, unite timo e rosmarino freschi, una bella spolverata di sale grosso, ungiro d'olio-e passate inforno a 230°C modalità statica, per 20 minuti circa.