lunedì 10 gennaio 2011

Mia Suocera Beve- D. De Silva

Giuro che non avrei voluto iniziare le rece dell'anno con una mezza stroncatura. Meno che mai su questo romanzo e su questo autore che, per quanto non notissimo è molto amato dai suoi lettori, molti dei quali transitano anche da qui. E meno che mai quando, dopo le prime trenta righe del libro, avevo deciso che da ora in poi la mia vita sarebbe cambiata e che avrebbe avuto come unico scopo quello di incontrare l'unico uomo al mondo che la pensa e soprattutto la scrive esattamente come te.  E di dichiarargli amore eterno, naturalmente. Non pensiate che scherzi, perchè ho i testimoni- nella fattispecie gli avventori del solito bar degli aperitivi dove affogo negli Aperol soda e nelle pizzette del giorno prima quel che resta del mio fegato e del mio tempo, fra un impegno e l'altro della creatura. Per inciso, sbevazzare con un titolo del genere sul tavolino mi sembrava un'occasione più unica che rara e non me la sarei lasciata scappare per nessuna ragione al mondo, anche se avessi avuto fra le mani una schifezza: e così, ho ordinato, mi sono messa comoda e ho iniziato a leggere. Tempo due minuti ed ero lì che declamavo il primo paragrafo a mio marito, nella (assurda) convinzione che se mai avessi scritto un romanzo, nella mia vita, lo avrei scritto così: stesso ritmo, stesso punto di vista, stesso sguardo distanziato quel tanto che basta per permettersi un' ironia che spunta le sue armi nella compassione per le miserie dell'umanità e nella  rassegnata malinconia  per le proprie. E la trama, poi, la trama: un condensato di genialità, surrealismo e contemporaneità, una galleria di vizi e virtù del nostro tempo (più vizi che virtù), raccontati da una prospettiva straniata e straniante e per questo più dannatamente impietosa nella sua denuncia, senza essere mai saccente, mai retorica, mai pedante. Il reality show con le telecamere del supermercato a filmare il disperato tentativo di vendetta di una vittima della camorra è il colpo di genio che abbatte le barriere fra la storia ed il lettore, nel nome della condivisione quotidiana di esperienze comuni, dal Gomorra al Grande Fratello, in una perfetta fusione nel segno della tragicommedia, del riso amaro, di un umorismo quasi pirandelliano, che trova nella simpatia, intesa nell'accezione più vera del termine, l'origine ed il punto di arrivo
Lascio per ultimo il protagonista del romanzo, quell'avvocato Malinconico il cui cognome è il presagio della sua esistenza e il cui sguardo è la chiave di volta per comprendere la grandezza del suo creatore:"un avvocato semi disoccupato, semi divorziato, semi felice", è il biglietto da visita della quarta di copertina, che mette l'accento sull'eterna incompiutezza di un personaggio che ha nella indeterminazione la cifra connotativa della sua natura. Il che rende fino a un certo punto, a parer mio: perchè se fosse toccato a me, di descrivere l'avvocato Malinconico, avrei detto semplicemente che è Napoletano. Perchè io ci sento Napoli, in questo romanzo, dalla prima all'ultima virgola- e la sento soprattutto nello sguardo del narratore, sempre venato da quella saggia e benevola comprensione per le magagne del mondo, alle quali siamo esposti tutti, dalle quali nessuno è immune- e pazienza se non siamo perfetti e se le cose non vanno come dovrebbero. Una mano tesa, un occhio da cui è assente ogni traccia di giudizio, l'inconfondibile tratto signorile che ti fa sentir subito a casa, fra amici, perfettamente a tuo agio.
E allora, cosa c'è che non va?
E' la sua bravura, che non va. O meglio: l'autocompiacimento che si avverte nel momento stesso in cui l'esaltazione per il racconto scema e alla risata subentra il sorriso, sempre meno spontaneo, sempre più tirato, portandoti dritta dritta alla noia. Un po' come era successo con questo libro qui- con la non trascurabile differenza che De Silva è scrittore infinitamente più bravo e completo. E però, alla fine, il risultato è lo stesso: tante belle parole- e la tensione narrativa a farsi fottere, insieme all'illusone di avere fra le mani un gran bel libro. E quella, a ben pensarci, è ciò che brucia di più. 
Buona serata
Ale

Prossima Rece: Sandor Marai, Le Braci