Cara Santa Claudia,
mi permetto di indirizzare a lei l'ultimo anello di una catena infinita di rimostranze, dopo che, in oltre trent'anni di accorati interrogativi, nessuno mi ha ancora dato risposta. Confido nella sua santità, che deve certo essere sconfinata, se le ha permesso di scalzare dal calendario quella Santa Alessandra Martire che, quando son nata io e per gran parte delle mia infanzia, veniva degnamente ricordata il 20 marzo.
Me lo ricordo benissimo, perchè in casa nostra le feste vanno sempre raggruppate: mio padre, per esempio, è nato il giorno di Capodanno; io e mia sorella, festeggiamo il compleanno a tre giorni di distanza l'uno dall'altra. Per non palrare delle pletore di parenti e affini che si accavallano negli stessi giorni e le conseguenti figuracce legate ad auguri tanto inaspettati quanto inopportuni. Il mio onomastico non faceva eccezione: il 19 si festeggiava il papà (che si chiama pure Giuseppe, tanto per prestar fede a quanto sopra), il 20 il mio.
E questo avveniva a casa e soprattutto a scuola, visto che la maestra era una che ci teneva, alla storia e ai nomi e alle feste e chi aveva la fortuna di un omonimo martirizzato in tempo scolastico aveva un motivo di godimento in più: intanto, il primo quarto d'ora della giornata veniva dedicato alla biografia del santo (di solito, un minuto per nascita e vita, 14 minuti per la morte- e mai come in quei frangenti invidiavamo l'unica Caterina della classe che quel giorno lì riscattava le costanti prese per i fondelli a cui la costringeva un nome che in genovese suona come catena, con tutte le conseguenze del caso); e poi si procedeva a un po' di festeggiamenti che iniziavano con l'esenzione dalle interrogazioni e culminavano con l'accesso alla merenda della maestra, la famosa brioche che il bidello le portava ogni mattina col caffè.
Le lascio quindi immaginare lo sconcerto- anzi: il trauma- quando, nell'anno della quinta elementare, alla pagina del diario del 20 marzo è apparsa Lei. Con tanto di sogghigni delle Claudie dei banchi delle femmine, che da anni avevano tentato invano di far sentire la loro voce contro quell'unica Alessandra, dal nome così impervio e così strano.
Perchè, vede, ai miei tempi, ci si chiamava per lo più Antonella, Gabriella, Raffaella. C'era qualche Simonetta, resisteva ancora qualche Maria. Imperavano le Cristine e le Paole. Ma i nomi strani erano pochi e Alessandra era fra quelli. Per anni, son stata la "Alle", con due elle e non conto le volte in cui ho dovuto specificare che le "esse" eran due. Ero l'unica del paese, con quel nome, e chi condivideva con me le punte di esotismo, non aveva gli ostacoli dell'ortografia. "Monica", per esempio, scivolava via piano, senza doppie nè dittonghi; e le Sabrine e le Roberte avevano il conforto della fama su carta stampata, che fosse la locandina di un film (il primo) o la copertina di un disco (mia sorella, per dire, è una delle tante figlie putative di Peppino di Capri. Fosse stata un maschio, l'avrebbero chiamata Champagne). Ma Alessandra, era troppo difficile da mandar giù. Tanto che, fra gli errori di gioventù, annovero pure un lungo periodo in cui son stata Sandra- e se solo vi azzardate, ricarico il bazooka, santamente parlando.
Insomma, cara Santa Claudia, io rivorrei la mia santa. E la rivorrei il 20 marzo, esattamente dov'era quando ero piccina, subito dopo la festa del papà e subito prima dell'inizio della primavera. Se la dovesse incontrare, nei corridoi del Paradiso, glielo dica, che mi manca. Lei, la mia maestra, il diario di Jacovitti, i maschi contro femmine, il bidello col caffè- e anche le Claudie del banco di dietro...
Devotamente sua
Alessandra G.
JAMMY COCONUT SPONGE
da Oliver, J., Jamie's Great Britain
Siccome non son tipa che si arrende, ho imposto Claudia come secondo nome a mia figlia. Ne ho fatto un ossimoro vivente, come dice lei, ironizzando sul significato opposto dei nomi che porta (libera e zoppa), ma, nel concreto, mi sopno riappropriata della tradizione: si rifesteggiano gli onomastici e pure due per volta. In più, col fatto che non festeggio il compleanno, celebro almeno l'onomastico in ufficio, come ben sanno i miei colleghi con cui quest'anno abbiamo diviso questa spettacolare sponge cake di Jamie Oliver. Sapevo che non sarei riuscita a fermarmi alle ricette dello Starbooks e questa mi è proprio scappata: tant'è che all'ultimo minuto ho realizzato di non avere neanche una scaglietta di cocco, per la finitura. Ho usato del cioccolato bianco e ho sostituito la marmellata di more con quella di lamponi e vi assicuro che nessuno si è lamentato della variazione....
per la torta
225 g di burro morbido più un pezzetto per ungere la teglia
225 g di zucchero
4 uova grandi
225 g di farina autolievitante
mezzo cucchiaino scarso di lievito
un po' di latte
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
75 g di cocco disidratato (io ho usato 50 g di cioccolato bianco)
per la marmellata di more
250 g di more
125 g di zucchero
1/2 limone
Stampo rettangolare, 30 x 20 (io ho unsato uno stampo rotondo, di 22 cm di diametro)
180 gradi
Montare bene il burro con lo zucchero, fino ad ottenere un composto gonfio e spumoso e aggiungere le uova, uno alla volta, sempre montando. Aggiungere la farina e il lievito, un po' di latte e l'estratto di vaniglia e mescolare bene. Versare il composto in uno stampo imburrato e cuocere a 180 gradi per 25-30 minuti. Mentre la torta è in forno, preparare la marmellata
Schiacciare le more con lo zucchero, in una casseruola, usando una forchetta o uno schiacciapatate: unire il succo di limone, mettere sul fioco, portare a bollore. Abbassare la fiamma e far bollire per 20 minuti circa, mescolando ogni tanto, fino a quando la marmellata si addensa. Schiumare via via, durante la cottura, poi togliere dal fuoco e lasciar raffreddare pian piano.
Nel frattempo, la torta sarà diventata soffice e dorata: toglierla dal forno, lasciarla faffreddare 5-10 minuti. Rovesciarla su un piatto da portata e spalmarvi attorno la marmellata, spatolandola con un coltello a lama piatta anche sui bordi. Cospargervi sopra il cocco e servire.
Note mie
Ovviamente, la mia è una versione iper semplificata, sia nella scelta degli ingredienti che nella presentazione, visto che dovevo portarla in ufficio e non avevo voglia di tirar giù tutto l'ambaradan dei porta torte e affini.
In pratica, ho preparato una sponge cake con le dosi riportate, l'ho lasciata raffreddare nella teglia per una decina di minuti, l'ho sformata direttamente su un piatto da portata, l'ho cosparsa di marmellata di lamponi, fatta leggermente scaldare in un casseruolino, sul fornello, in modo che diventasse più liquida e quindi più facile da stendere, non ho toccato i bordi, per evitare che nel trasporto si appiccicasse tutta (di solito, cucino la mattina per l'ora dopo: non ho il tempo di far raffreddare etc) e ho grattugiato sopra del cioccolato bianco.
Velocissima, facilissima, buonissima
ciao
Ale