Preliminare momento di tolleranza, sotto gli effluvi dei buoni sentimenti del post di ieri.
Se leggo ancora una volta "the" al posto di "tè" prendo un bazooka e faccio una strage.
Ultima puntata dello Starbooks del mese di marzo e appuntamento pressocchè annunciato, visto che da tempo immemore, a los cinque de la tarda, tutta la Gran Bretagna si ferma per celebrare il rito che meglio la identifica e meglio la connota, vale a dire l'ora del tè. E siccome lo Starbooks del mese di marzo è una celebrazione in chiave oliveriana della cucina britannica, non poteva mancare un intero capitolo dedicato a questo momento, ricordato però solo ed esclusivamente in chiave dolce. Con tutta che il rich tea non ha nulla da invidiare alle cene continentali, Jamie Oliver fa una scelta di gusto, ora rinunciando alla leziosità di certi bocconcini che pure hanno segnato una parte importante della cultura inglese (cosa sarebbe stato, Oscar Wilde, senza i cucumber sandwiches?), ora relegando altrove piatti più robusti. Noi però avevamo voglia di dolce e di tradizione e così, pur potendo scegliere fra molti altri argomenti- su tutti, la cucina dell'Impero: ma avremo altre occasioni...- ci siamo trovate concordi su questo: che sia un problema di (mezza)età o il fiuto tutto femminile verso le situazioni che meglio si prestano a riscaldare la muscolatura più allenata, che gravita sempre attorno alla lingua, non è dato di interrogarci. Anche perchè gli argomenti da trattare sono ben più importanti e il tempo, tant per cambiare, fugge....
E dunque, tiriamo le somme e chiediamoci se, alla fin fine, vale la pena di avere questo libro sugli scaffali delle nostre librerie.
A prezzo pieno, forse no: 30 sterline sono una cifra notevole e anche se dal punto di vista editoriale il prodotto li vale tutti, io per prima ci avrei pensato su due volte prima di investire una somma piuttosto consistente in un testo che rivisita ricette già note.
Ma, al di sotto di questa cifra- e God Save Amazon.co.uk, che periodicamente svende anche al 70%- assolutamente sì, per i seguenti motivi:
1. per quanto sia sovraesposto e onnipresente, Jamie Oliver continua a confezionare prodotti di alto livello. Tralascio per un attimo le considerazioni sui contenuti che, essendo fortemente caratterizzati dall'impronta dell'autore, meritano un discorso a parte. Ma dal punto di vista del prodotto editoriale in sè- concezione dell'opera, impostazione grafica, materiali- siamo sempre di fronte a signori libri. copertina rigida, carta "come una volta", repertorio fotografico vario, mosso, in una parola vivo, pienamente in sintonia con lo stile del suo autore che coinvolge a tutto tondo un modo di pensare al cibo come veicolo di salute, di convivialità, di rinnovamento di una tradizione che continua a vivere nella costante riattualizzazione dei propri fondamenti. Leggere un libro di Jamie Oliver significa trovarsi di fronte ad un'opera unitaria, nella scrittura, nelle immagini, nella scelta delle ricette, a conferma dell'essitenza di un progetto di fondo in cui l'autore crede fermamente e che trapela da ogni dettaglio, in modo genuino ed immediato.
2. la capacità di scrittura. Lo dicevamo qualche giorno fa, lodando il tempo andato della Ada Boni e dei Pellegrino Artusi: le ricette si prestano ad essere raccontate: basta avere competenze solide, da una parte e un po' di talento narrativo, dall'altro. Jamie oliver ha entrambi e leggere le sue ricette è un piacere che a volte supera anche l'interesse per il piatto proposto. Noi ci siamo esaltate, seguendo spiegazioni che ci esortavano ad essere impavidi nel dosaggio degli ingredienti, a non avere paura ad alzare la fiamma e abbiamo sognoato di fronte a insalate di pollo che diventavano epiche o a cosciotti di agnello che riscattavano la secolare mitezza della specie lanciandosi in cotture ardite per non parlare delle onomatopee (crunchy , creamy, gnummy, sticky), dei superlativi, dei delicious e degli easy che suonano come continui moniti a mollar tutto e correre in cucina, per dar vita a queste meraviglie. Per non parlare delle introduzioni, una per ogni ricetta (e son più di 130), spesso lunghe, spesso dedicate, sempre impregnate di quell'amore travolgente per il cibo che contraddistingue questo eterno ragazzone e che costituisce l'ultimo argomento a sostegno del "sì lo voglio"
3. il cibo, si diceva- che è la parte più importante, se vogliamo: perchè di un libro di cucina sempre si tratta e di un libro di cucina deve avere le caratteristiche. La premessa, quando si affrontano autori così connotati da un proprio stile, è consequenziale a quanto si è appena detto. Ancor prima che un libro sulla cucina britannica, questo è il libro di Jamie Oliver sulla cucina britannica. Se cercate la tradizione tout court, cioè, rivolgetevi altrove. Ma se invece amate l'approccio di questo chef al mondo del cibo, siate impavidi anche voi nel varcare la soglia della libreria: Jamie's Great Britain non vi tradirà, forte di ricette che riescono al primo colpo e che stupiscono per una bontà che, sulla carta, non sembravano garantire.
Se non ci credete, fatevi un ultimo giro dalle nostre 4 amiche dello Starbooks, alle prese con i dolci più tipici dell'ora del tè, seguendo i link che trovate più sotto. E se vi restano ancora dei dubbi, andate allo scaffale dello Starbooks e selezionate il titolo di questo libro: oltre ai nostri contributi, troverete anche alcune proposte delle altre amiche che ci aiutano in questa avventura e che vi permettono di toccare con mano (e di assaggiare, con tutte le papille) se quanto abbiamo detto di questo testo è fondato o meno.
Per noi, è stato un successo: una dimostrazione di credibilità a tutto tondo, che è poi la vera scommessa, il vero investimento, il vero punto di forza che dà la misura della serietà di qualsiasi professionista degno di questo nome- e Jamie Oliver, ancora una volta, dimostra di esserlo.
A dopo Pasqua, con lo Starbooks di Aprile
Patty- Andante con Gusto: Wonderful Welsh Cakes
Cristina G.- Insalata Mista: Scottish Shortbread
Alessandra- Ale Only Kitchen: Walnut Banana Loaf
Cristina B. - Vissi di cucina: Earl Grey Tea Loaf
MT- My Nan's St Clement's Cake
Cristina G.- Insalata Mista: Scottish Shortbread
Alessandra- Ale Only Kitchen: Walnut Banana Loaf
Cristina B. - Vissi di cucina: Earl Grey Tea Loaf
MT- My Nan's St Clement's Cake
MY NAN'S ST. CLEMENT'S CAKE
da Oliver, J, Jamie's Great Britain
Immensa figata, senza se e senza ma. Una sorta di mix fra la lemon drizzle cake e una torta di mandorle, con il tocco di Jamie che stavolta culmina in questo mix delizioso di arancio e limone e suggerisce abbinamenti agrumati per tutte le stagioni, dai pompelmi in inverno, all'accoppiata lime e limone per il bel tempo in arrivo. Facilità quasi offensiva, di quelle che mi distendono un sorriso da parte a parte, con buona pace di chi è convinto che le cose buone escano solo da trattati sull'arte di montare il burro e da cestini della spesa riempiti in farmacia. La riprova è in quello che non vedete dal confronto fra le due foto, scattate la prima alla sera di domenica scorsa, con la trota appena glassata- e la seconda alla sera del lunedì, dopo un'intera giornata passata fuori casa, noncurante delle sorti di un dolce che, in quanto tale, è sempre snobbato dagli appetiti domestici. La fetta che vedete immortalata è l'unica sopravvissuta all'assalto delle fauci del marito e della creatura alla quale, sia chiaro, le arance nelle torte non piacciono e il limone così così. Il tutto per una decina di minuti di lavoro (esclusa la cottura) e 5 per la farcitura. Devo aggiungere altro, o basta cosi?
Le Note mie in fondo
per 12 persone
125 g di burro a temperatura ambiente, più quello per ungere
225 g di zucchero (125 +100)
4 uova grandi
1 arancia, grande (scorza e succo)
200 g di mandorle macinate
100 g di farina autolievitante
per la glassa al limone
225 g di zucchero a velo
1 limone
Forno a 180 gradi
Stampo rotondo con fondo amovibile, del diametro di 20 cm
Fondo imburrato e rivestito di carta da forno
Montare il burro cn 125 g di zucchero, fino a quando si otterrà un compposto soffice e morbido, aggiungere le uova ad uno ad uno e la maggior parte della scorza di arancio. Tenerne da parte un po' per la decorazione finale, conservandola in pellicola trasparente. Aggiungere le mandorle grattugiate e la farina setacciata, incorporare bene il tutto e versare il composto nella teglia, precedentemente preparata come da istruzioni, più sopra. Infornare a 180 gradi per circa 30 minuti o fino a quando la superficie sarà dorata. Fare la prova stecchino. Lasciar raffreddare per pochi minuti
Nel frattempo, preparare uno sciroppo con i 100 g di zucchero rimasti e il succo dell'arancia. Mescolare entrambi gli ingredienti in un casseruolino e metterlo sul fuoco, lasciandolo sobbollire a fiamma media per pochi minuti, fino a quando lo zucchero si sarà sciolto.
quando la torta è ancora calda, praticare sulla sua superficie dei buchetti, usando uno stuzzicadenti e versarvi sopra lo sciroppo, tutto intorno. Quando quest'ultimo sarà stato ben assorbito, estrarre la torta dallo stampo e farla raffreddare su una gratella.
Per preparare la glassa (lemon icing), setacciare lo zucchero a velo in una ciotola, aggiungerci gran parte della scorza di limone grattugiata (tenendone da parte un po' nella pellicola per la decorazione) e unire il succo di limone, mescolando bene e aggiungendo ancora un po' di succo, se il caso.
Disporre la torta, completamente raffreddata, su un piatto da portata, versare la glassa sulla torta, lasciando che scenda lungo i lati e sparpargliarvi sopra le scorze di arancia e limone tenute da parte.
Note mie
Arancia e limone si intendono non trattati.
Se non avete la farina autolievitante, aggiungete due cucchiaini rasi di lievito
Le mandorle si intendono macinate a grana sottile, ma anche no: per esempio, io ho usato 100 g di farina di mandorle e 100 g di madorle macinate un po' più grossolanamente e vi assicuro che il contrasto, sotto ai denti, era piacevolissimo.
Non è indispoensabile conservare le scorze di arancio e limone nella pellicola: serve a non farle seccare, ma poi vi rmangono tutte appiccicate lì. Basta metterle da parte, coperte. Un po' di carta da forno va benissimo.
Ho usato un normale stampo da 22 cm di diametro, senza fondo amovibile, semplicemente imburrato e infarinato.
La cottura è a modalità statica e non siamo arrivati a mezz'ora: 25 minuti ed era pronto. Sfornate il dolce quando lo stuzzicadenti è umido: se rimane dell'impasto attaccato, lasciatelo cuocere ancora: ma non così tanto da farlo diventare troppo secco.
per quanto riguarda lo sciroppo, niente termometro, siamo inglesi: non deve essere densissimo, ma appena meno che liquido (quando uso questi tecnicismi, mi amo). L'essenziale è che lo versiate sulla torta quando sono ancora caldi, sia l'uno che l'altro.
I buchi sulla superficie non sono trivelle per il petrolio. Usate uno stuzzicadenti e fatene un po': più ne fate, più lo sciroppo penetrerà nella torta, senza finire sul fondo dello stampo.
per la glassa invece, andrei piano, con l'aggiunta del succo di limone: procedete goccia a giccia, mescolando sempre bene e aggiungendo liquido solo quando il precedente è stato bene assorbito. Personalmente, preferisco coperture leggermente più dense: per quella che vedete nella foto, ho avuto bisogno di una spatola, per aiutarmi a stenderla.
Altra piccola annotazione: non lavorate sul piatto di portata, a meno che non vogliate servire il dolce su una superficie appiccicaticcia e zuccherosa. Foglio di carta da forno+gratella+ torta, e la glassa che cade si recupera e si risistema sulla superficie del dolce. Dal che si evince chi pulisce la cucina, anche quando tocca agli uomini mettersi ai fornelli...
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