giovedì 21 maggio 2020

DESERTUM FACIUNT, ORDINEM APPELLANT. LA TORTA DI MELE RITROVATA




Di norma, sono la persona più disordinata dell'universo mondo.
Non sono io a creare, il disordine: è il disordine che si crea attorno a me. 
Datemi un luogo ordinato e vedrete come si trasformerà, dopo neanche 5 minuti che è benedetto dalla mia presenza. 
Da giovane, non mi dava fastidio, anzi, lo portavo con orgoglio. E' stato solo quando i neuroni hanno iniziato a perdere smalto che ho cominciato a sentirmi a disagio: il che, più che confermare l'equazione fra genio e sregolatezza, conferma ogni volta i miei peggiori sospetti e cioè che sto diventando come tutti (per me) e mi sto rimbambendo (per mio marito) 
Ora, chiunque e dico chiunque suggerirebbe qui di imparare a mettere in ordine: decluttering, magico potere, hashtag instagram, figlie di Marie, non ci sono più scuse, insomma. Se non fosse che, da qualche parte del mio cervello, c'è ancora qualcosa che resiste, affezionato agli scampoli della ragazza che sono stata e di cui non è rimasto altro che il casino, a ricordarne i fasti. 
E così succede che la più buona delle torte di mele finisca per essere preparata ogni volta ogni tot anni, quando ritrovo la ricetta, alla faccia della stagionalità, delle diete, del tempo che passa e dell'archivio di ricette che ancora non ho. 
Ma ora che il ritrovamento del foglietto coincide con il lock down, non sia mai che mi faccia scappare l'occasione. 
Anche perché un'altra bella pandemia, quand'è che ricapita più?

TORTA SOFFICE DI MELE



La fonte era uno "speciale dolci" di qualche rivista di almeno 26 anni fa, visto che la preparavo appena sposata. Quando è preparata con tutte le mele che servono (non come quella della foto, che di mele ne avevo solo due) somiglia molto alla "invisibile", con la differenza che questa ha un impasto più strutturato. 

per 6 persone (a quei tempi, funzionava così, i diametri degli stampi non esistevano perché ne possedevamo uno solo e quello si adattava a tutto :) 
La ricetta suggerisce uno stampo a cerniera: a memoria, non ricordo di averlo mai usato. 

INGREDIENTI 
3-4 mele
200 g di farina bianca (vedi sopra, anzi, qui eravamo già evoluti, perché esisteva già la farina integrale)
75 g di burro morbido
100 g di zucchero più un cucchiaio per la decorazione
1 uovo (tuorlo e albume)
1 bicchiere scarso di latte (calcolate 60-80 ml)
la scorza grattugiata di un limone (non trattato, aggiungo io)
1 bustina di vanillina (orrore!!!! un cucchiaino di estratto di vaniglia)
1 bustina di lievito per dolci
cannella in polvere
zucchero a velo a piacere


PROCEDIMENTO
In una terrina, lavorate il burro con lo zucchero, aggiungete il tuorlo e mescolate bene il tutto. Incorporate, alternandoli, la farina e il latte, mescolando con un cucchiaio di legno. Amalgamate infine la scorza del limone, la vaniglia, il lievito e l'albume montato a neve con un pizzico di sale. 
Imburrate uno stampo a cerniera, versatevi dentro il composto e livellatelo. Lavate le mele o, se preferite, sbucciatele, affettatele e disponetele a cerchio sulla superficie della torta. Spolverizzate con un cucchiaio circa di zucchero e un pizzico di cannella, poi mettete in forno a 170°C per 45 minuti circa. 
Servite il dolce tiepido o freddo, spolverizzato a piacere con lo zucchero a velo 

NOTE MIE 

La torta che vedete nella foto corrisponde all'originale solo al 50%: l'originale è più bassa e ha più mele, tagliate oltretutto più sottili, MA
- qui di solito siamo in due e al massimo faccio torte di 20 cm, non di 24-26 come gli stampi a cerniera di vetusta memoria
- avevo solo due mele
- avevo come aiutante mia figlia che, pur di concludere l'atroce esperienza di cucinare con sua madre, avrebbe decorato la torta con le mele intere, se solo non l'avessi minacciata con lo spelucchino. 

Più che altro, sono le mele che vanno affettate sottilissime e messe tutte in superficie: siccome non ci stanno, finirete per creare spazio spingendo le altre più sotto ed ottenendo un risultato molto simile alla cosiddetta "Invisibile". 

Potete omettere cannella e vaniglia, ma non la scorza del limone che, come diceva mia nonna, "è quella che ci dà il buono". 



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