martedì 9 giugno 2009

ligurian lemon cake- pierre hermè


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Siccome è da una settimana circa che stiro, senza che questa mia fatica abbia prodotto un benché minimo abbassamento di quella specie di K2 che ho fisso in tinello, il mio umore sta pericolosamente virando verso il basso. Non che sia una novità, tutt'altro: mi capita ogni volta che devo sbrigare qualche faccenda domestica, con particolare propensione per quelle più rutinarie ed avvilenti, per cui hai appena finito e già devi ricominciare, ed inevitabilmente ti chiedi per quale motivo ci siano state date 24 ore di tempo al giorno, se almeno un quarto deve andarsene via così. Per dire, a me andrebbe benissimo una giornata di 18 ore, se mi manlevassero dal fare il bucato, stenderlo, mettere in ordine la camera della figlia, riempire la lavastoviglie, pulire i pavimenti ed altre amenità del genere. Eccezion fatta per la spesa: quello, infatti, mi piace da matti.
Ad essere onesti, se la psicologia fosse una scienza esatta, io dovrei odiare questa incombenza più di tutte le altre: da piccola, era una specie di maledizione. Mi ci mandava sempre mia nonna, che doveva avere una specie di stramaledetto sesto senso (sta a vedere che era un sensore...) per cui sul più bello di ogni gioco mi chiamava per andare a comprare. Mai che mi abbia cercato quando mi annoiavo, nei pomeriggi in cui mi toccava giocare a mamme, o quando ciondolavo davanti ai libri di scuola facendo finta di studiare. Nossignori: o stavo per tagliare il traguardo al gioco del fazzoletto, o ero lì lì per far liberi tutti o era la volta che forse mi riusciva l'impennata con la bici, che quella, implacabile come la morte, piombava sul campo da gioco brandendo a mo' di vessillo la lista della roba da comprare fra i mugugni collettivi e gli sguardi di aperta antipatia dei miei amici.
Le cose sono mutate col passare degli anni, tanto che fare la spesa è diventato, da un dovere, un piacere sempre più incontrollabile: laddove le mie amiche fanno salti mortali per concentrare la spesa al sabato, io la dilaziono in tutti i giorni della settimana; appena ho un minuto di tempo mi fiondo fra i banchi del mercato orientale e non c'è marca di genere commestibile che non abbia conosciuto le mensole della mia dispensa . Naturalmente, più mi allontano da casa, più mi scateno e con la scusa che "questo a Genova non si trova" riesco a caricarmi di qualsiasi cosa, dal prodotto DOP alla schifezza DOC: e vi lascio solo immaginare i vertici della mia felicità quando ho imparato a fare la spesa in internet, facendo scorte di vaniglia dal Madagascar, di spezie per lebkuchen dalla Baviera e di sale dalle Hawaii, che intanto quello non scade, prendiamone un po' di più che c'è l'offerta.
L'unico negozio che ancora non sono riuscita a scovare e che non so cosa darei per riuscirci è il supermercato dei foodografi. Che sarebbero i fotografi di cibo, attualmente i principali responsabili dei miei deliqui di fronte al pc o alle pagine delle riviste specializzate. Osservo le loro foto con tale e tanta attenzione che mi sono convinta che, oltre ad avere talenti e apparecchiature speciali, debbano anche servirsi di cibo altrettanto speciale. Di cioccolato fuso che, anziché spantegarsi sul tavolo in gocce dal colore poco invitante, ricopre le torte disponendosi in morbide e voluttuose curve, senza sbavatura alcuna; di verdure che, anziché perdere brillantezza e contorni dopo due ore e passa di cottura, spiccano nitide e lucenti, come appena colte; di pesci dall'occhio vispo e cigliato, di carni dal colore roseo e uniforme, di frutta che non annerisce e di gelati che non si sciolgono- e anche di granite al basilico che restano verdi, mentre la nostra è diventata giallina....
Ecco, se mai trovassi 'sto benedetto negozio, io ordinerei una vagonata di lamponi che in cottura non finiscono sul fondo. Così, almeno, riuscirei a fare la Ligurian lemon cake di Pierre Hermè uguale uguale a quella che ho visto su un sacco di riviste, con i lamponi belli al centro e non spiaccicati sul fondo come vengono a me. E dire che le ho provate tutte- dal cambio dello stampo alla quantità della frutta, dall'infarinatura previa alle preghiere davanti al forno: niente. Quelli che compro io, devono avere una vocazione da kamikaze, perché si sfracellano al suolo.
Lo hanno fatto anche stavolta, nonostante la grande pensata della forma a muffins: che, oltre a non aver dato soddisfazione alcuna sotto questo aspetto, ha anche prodotto una serie di dolcetti disuguali, con cupolette più o meno sbilenche e dorature più o meno unformi.
Che però non hanno minimamente influito sul sapore: perché questo è Pierre Hermè, signori, e qui si gioca sul serio: con ingredienti, profumi, sapori e tecniche d'eccezione. Il risultato è un capolavoro di leggerezza, di raffinatezza e di gusto che basta un morso a riconciliarti con il mondo intero. Lamponi sul fondo compresi

LIGURIAN LEMON CAKE - pierre hermè

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(versione senza burro)

la scorza di due limoni non trattati
190 g zucchero semolato
45 ml di latte freddo
4 uova intere
2 cucchiai di succo di limone filtrato
130 ml di olio extravergine  ligure ( leggero)
(100 g di burro fuso e fatto raffreddare- io non l'ho messo)
175 g di farina
mezzo cucchiaino di lievito
150 g di lamponi

Frullare lo zucchero con la scorza di limone, fino ad ottenere una specie di zucchero a velo giallo. Aggiungere le uova e montare con le fruste elettriche, aumentando via via la velocità, fino ad ottenere un composto spumoso. Abbassare la velocità ed aggiungere il latte, il succo di limone e l'olio. In ultimo, la farina setacciata con il lievito.
Imburrare uno stampo rotondo o uno da plum cake, versarvi 3/4 di composto, cospargere di lamponi e coprire con il resto.
Infornare a 180 gradi per 40 minuti circa.
Se usate la forma da plum cake, i tempi nel mio forno, modalità non ventilata, arrivano anche a 50 minuti, con gli ultimi dieci a superficie delle torta coperta con un foglio di alluminio
Nello stampo da torta, quindi più basso, 35. 40 minuti dovrebbero essere più che sufficienti
In versione mini muffins, un quarto d'ora in modalità ventilata, ventidue minuti in modalità statica.
La ricetta originale prevede anche 100 g di burro fuso e poi raffreddato che io ho omesso, con risultati comunque eccellenti.
Buon appetito
alessandra


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