giovedì 16 luglio 2020

LE GIOIE DELLA VITA: L'OKRA FRITTA




Da noi si chiama "lady finger" e ci ho messo un anno a capire che no, non erano i savoiardi. 
Poi, l'ho relegata fra le "robe indiane che prima o poi ci proviamo"
Quando finalmente ho capito che era okra, ci ho messo una croce sopra. 
Perché a me l'okra fa senso, perché sbava. 
E' tipo la lumaca dei vegetali, per capirci.
E, come dice mi marito, a me la natura piace solo di plastica. 
Se non si muove, non sporca, non puzza, non lascia peli in giro, ecco. 
Figuriamoci se lascia bave. 
Poi però è successo che sono entrata nel mood della cucina degli Stati del Sud e questa cavolo di okra, mannaggia, era dappertutto. 
Ed era soprattutto nelle richieste del marito, che la voleva fritta. 
"perché da giovane a New Orleans"
E dopo averla messa nel Gumbo, nel Lamb Curry  (e anche dopo averla lasciata marcire nel frigo, confesso che ho fatto anche questo), è finita che ho ceduto e l'ho fatta. 
Ovviamente, comme-il-faut, con tanto di bagnetto nel latticello (sia benedetto, ora e sempre)
Con panatura aromatica, farina di mais, misto di pepi e robette varie
E frittura profonda
E indovinate un po' chi era, quella che sbavava?

Ricetta senza ingredienti, perché dovete regolarvi a occhio. 
Okra 
Farina di mais (tipo il nostro fioretto, leggermente meno fine. dovreste trovarla nei negozi etnici)
Farina bianca (per 200 g di farina di mais, calcolatene un cucchiaio)
Latticello (almeno 100 ml)
Sale, Pepe nero, Pepe di Cayenna o Peperoncino
Olio per friggere (tanto, è una frittura profonda)*

* in Italia, ho sempre e solo fritto con l'extravergine, anche il deep frying. Adesso che devo ragionare per scorte (ergo, non posso permettermi di sprecare un litro di extravergine per una frittura, anche se friggo una volta ogni due anni), mi sono arresa ai nuovi olii di semi. "Nuovi" riferiti a me, perché non avevo idea che ci fossero prodotti biologici anche su questo fronte: ma qui trovo degli olii di semi di girasole, per esempio (arachidi no, sono allergica) che vengono spremuti a freddo e che, soprattutto, sono privi di solventi e schifezze varie. Friggere con quelli è un sacrilegio, ma - chiedo venia- non riesco a pensarli per altro uso. E quindi, uso quelli. 

Per le dosi, calcolate che da ciascuna okra (lunghezza massima 10-12 cm) ricaverete 3-4 pezzi, tenuto conto dello scarto (il picciolo). Vanno giù come ciliegie, quindi io vi direi di considerare 3 okra per persona. 

Lavate l'okra sotto l'acqua corrente, asciugatela bene e tagliatela in pezzi regolari, di 2-3 cm. Mettetela a bagno nel latticello, mentre preparate la panatura
Mescolate 200 g di farina di mais con circa 30 g di farina bianca. Salate e pepate (pepe nero) e insaporite con peperoncino o paprika (o entrambi)

Consiglio: usate la panatura poco alla volta perché l'okra sarà bagnata e c'è il rischio che i residui di latticello la facciano raggrumare. 

Versate metà della panatura sopra due fogli di carta da cucina, sovrapposti. 
Con un mestolo forato, scolate bene l'okra dal latticello e disponetela sulla panatura. Procedete a un mestolo per volta. Aiutandovi con la carta da forno, fate in modo che questa rivesta bene tutti i tocchetti (non dovete toccarli). Vedrete che la panatura aderirà all'okra, senza fare grumi. A mano a mano che sono pronti, trasferiteli su in tagliere, coperto anch'esso con carta da forno. Procedete così, fino ad esaurimento degli ingredienti. 

Dopodiché, scaldate almeno 700 ml di olio in padella (se usate una padella piccola, potete usarne un po' meno: l'importante è che la frittura sia profonda). 
L'okra va fritta immediatamente, altrimenti perde il suo gusto: procedete un po' alla volta (io ho usato 8 pezzi e li ho fritti in tre tempi- e non c'è stato bisogno di cambiare l'olio, fino a tre-quattro volte regge bene). Scolateli a mano a mano su carta assorbente da cucina, salateli (poco, la pastella è già salata) con sale fino e servite subito.


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