Il post che aveva inaugurato la mia carriera sul web era stato una dichiarazione d'amore nei confronti della cucina inglese.
Era l'inizio del 2009, Nigella & Jamie eran roba da satellitari di nicchia, i libri che impazzavano erano le traduzioni dal francese di Guido Tommasi e Bibliotheca Culinaria e io avevo dovuto quasi chiedere scusa, per quello che stavo per confessare- e cioè, che quella che generazioni di Italiani avevano mandato giù, a Londra, fra pub fumosi e fish&chips unti e bisunti, nulla aveva a che fare con quello di cui io stavo per tessere le lodi.
Prevedibilmente, ero stata sommersa da un coro di buuuh.
Era quanto di più prevedibile potessi aspettarmi: e così, anziché scoraggiarmi, avevo recuperato motivazioni per proseguire in quella che,allora, mi sembrava una ragionevole risposta al "che ci faccio qui?" che un giorno sì e uno pure scandiva le mie riflessioni sul ruolo del cibo nel web.
Parlerò di cucina d'oltremanica, mi son detta.
Quella con cui sono stata cresciuta, per scelta di una madre colta e curiosa, capace di coniugare una carriera avveniristica per quei tempi con una passione altrettanto fuori moda per lamentalità di quei tempi, per cui trascorrere il proprio tempo libero ai fornelli era condannarsi ad una schiavitù atavica, da cui ci si doveva liberare.
Quella che abbiamo coltivato, in 50 anni di condivisione senza filtri, scappando a Londra in ogni momento libero e raccogliendo libri usati, ricette antiche, testimonianze orali che poi venivano trascritte e provate e confrontate, in una ricerca inesorabile, gustosa e divertente, che è stata uno dei pochi punti fermi di questa vita errabonda.
Quella che ho raccontato per qualche anno sull'altro blog, assieme a tranci di vita veramente vissuta, ignara com'ero dei meccanismi che regolano un mondo in cui, in molti casi, la metà delle cose si inventa e l'altra metà, vivaddio, la si copia
Da allora, sono passati otto anni e non c'è blog che non parli di cucina inglese.
E a parte alcune voci, che lo fanno con competenza, serietà e quel velo di ironia che suggella i loro contenuti come realmente originali, il resto è un pianto.
"orange jam"
"made home"
"l'ora del te"
la maizena nel lemon curd
gli shortbread senza farina di riso, ma con lo stampino
gli hot cross buns con la croce di glassa reale
e gli scones, colpevoli solo di essere fotogenici e per questo maltrattati, dissacrati, violentati dall'armata del "sotto lo scatto, niente"-con buona pace di chi nulla riconosce dei sapori del'infanzia, in queste pallottole di pasta compatta,rigorosamente "hand home"
Mi permettete di ricominciare?
Il Dorset è un angolo di paradiso, dolcemente appoggiato fra il Devon e il Wiltshire, noto per aver dato i natali ad una tale concentrazione di celebrità da ritener d'obbligo un approfondimento, se non proprio sui quadri astrali, quanto meno sulla dieta: cosa diamine avranno mangiato,da piccoli, Thomas Hardy,P.D.James, John Le Carré e Douglas Adams, tanto per citare i più famosi, per diventare quello che son diventati?
Di sicuro gli wiggs, dei morbidi panini la cui età è dichiarata dal tipo di spezie presenti: chiodi di garofano, noce moscata e macis ci riportano infatti all'età dei Tudor e degli Stuart che potrebbe ragionevolmente essere il periodo dell'inizio della loro diffusione. quello che è certo è che soddisfecero presto i gusti di tutti, tanto da essere trasversali ai pasti dell'intera giornata: perfetti a colazione, leggermente tostati e cosparsi di burro e marmellata, ma ottimi anche per accompagnare l'ultima birra della giornata.
A proposito di birra: pare che il loro luogo di nascita sia da collocarsi nei dintorni di una birreria, perchè venivano prodotti con il primo strato della fermentazione di questa bevanda, utilizzato ovviamente come agente lievitante. Anzi,è assai probabile che la presenza delle spezie sia stata necessaria per mitigarne il sapore, altrimenti troppo forte e, in certi casi, troppo acido.
Una precisazione doverosa: la marmellata che vedete nella foto non è di fragole, ma di ribes rosso. Mi è servita per bieche esigenze fotografiche, ma l'accostamento non ci è piaciuto, proprio perchè la sua acidità fa a pugni con le spezie: molto meglio la classica marmellata di fragole o quella di arance.
Per 12 pezzi
500 g di farina
(o la manitoba già in commercio o una farina forte tagliata con farina debole, al 50%- in altre parole, 250 g di farina debole, 250% di farina forte)
150 ml di latte intero, a temperatura ambiente
150 ml di acqua leggermente intiepidita
75 g di burro molto morbido
dai 10 ai 25g di lievito di birra fresco (dai 2 ai 7 g circa di lievito di birra secco)*
la punta di un cucchiaino di noce moscata,grattugiata
la puntadi un cucchiaino di chiodi di garofano, pestati finemente
la punta di un cucchiaino di macis, pestato finemente
1 cucchiaino di sale
Prima considerazione: la quantità di lievito è variabile, perchè come ormai tutti sanno, basta allungare i tempi di lievitazione per ottenere gli stessi risultati, anzi: minore è la quantità di lievito, maggiore sarà la durata del prodotto (il giorno dopo,soo ancora mordibi) e gli effetti benefici sulla vostra salute, per chi ci crede.
L'importante è che consideriate questa variabile,prima di accingervi a prepararli- e di non mandarmi accidenti se, per l'ora del tè, avete ancora un impasto senza nessun accenno di lievitazione. Mettetevici prima- e il resto è fatto.
Seconda considerazione:la quantità di liquido è sempre approssimativa: dipende dal tipo di farina, da quanto assorbe etc.
Il mio consiglio è di provare sempre a inserirla tutta, perché più l'impasto è idratato e meglio reagisce, sia alla lievitazione che alla cottura: partite con metà dose, aggiungete il resto poco alla volta, anche goccia a goccia, attendendo che l'impasto lo abbia bene assorbito, prima di unire il resto, ma, se possibile, non datevi per vinti. Non alla prima difficoltà, intendo.
Setacciate la farina sulla spianatoia, unite il lievito,le spezie e tutta l'acqua tiepida e iniziate ad impastare, aggiungendo il latte poco alla volta, come descritto sopra,e il sale. Quando avrete ottenuto un composto liscio, uniforme e che si staccherà dalle mani, mettetelo alievitare in una terrina, leggermente infarinata e coperta con un foglio di pellicola trasparente, per un'ora circa.
Dopodichè, trasferite l'impasto sulla spianatoia e aggiungete il burro, morbidissimo e a tocchetti,poco alla volta, impastando sempre in modo da incorporarlo bene al resto. continuate ad impastare per altri dieci minuti, dopo che avrete aggiunto tutto il burro, fino a quando la pasta sarà elastica: tendetene un velo fra le dita: dovrà essere trasparente e non rompersi.
Se usate l'impastatrice, fate incordare, sulla frusta a gancio.
Lasciate lievitare fino al raddoppio, poi sgonfiatel'impasto e ricavate 12 panini, del diametro di 3 cm. Disponeteli su due teglie rivestite di cartadaforno, ben distanziati fradi loro e lasciateli riposare per 40 minuti
Nel frattempo, accendete il forno, modalità statica, a 200°C.
infornate per 15 minuti, coprendo se è il caso la superficie, per non farla scurire troppo.
Si consumano tiepidi oppure aperti in due e fatti tostare.
Si conservano fino al giorno successivo, se chiusi ermeticamente in un sacchetto per alimenti e conservati in frigo, altrimenti in freezer fino a due mesi.
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