Nella lunga lista di sacrosante ragioni per cui stramaledico il mio piede fuori uso, il primo posto è occupato dagli arresti domiciliari, la sera del Festival di Sanremo, resa ancora più cupa dall'altrettanto grave impossibilità di riunire la giuria e di rendere surreale e sostenibile l'evento più trash della televisione di stato, magistrale fusione della I legge di Murphy e dell'altrettanto ottimistica saggezza popolare per cui "non c'è limite al peggio".
E proprio perché non c'è limite al peggio, ogni promessa è debito e tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino, eccovi il consueto appuntamento del giorno dopo, quello senza il quale il trash non è trash, vale a dire Le pagelle di menuturistico
Antonella Clerici: è orfana delle tagliatelle di nonna pina, e si vede. Prova ad evocarle lanciandosi in ogni genere di balletti, dal can can al tuca tuca indiano, ma invano. Umiliata da scollature rotonde e da impietosi confronti con donne oculate nella dieta e nella scelta del sarto, si arrabatta dalla prima all'ultima serata, consapevole di aver perso la sua grande occasione di essere per sempre bandita dagli studi di Corso Sempione, laddove vezzeggia i suoi mostriciattoli a metà fra gli eunuchi e le Beline, anzichè rinnovare la modesta proposta di farseli arrosto.
Voto: 4
Orchestra: li capiamo. Resistono impavidi per tutte le cinque serate, cercando di scacciare il pensiero di come si sono ridotti con la certezza che, almeno questo mese, potranno fare un pasto completo e illusi dal poter esprimere il loro parere tecnico, frutto di anni di studio, con un voto che viene del tutto annullato da una giuria che si ammanta del titolo di "populare", ma che oltre il "volgare" non va.
Un unico appunto: se al posto degli spartiti gettati sul palco in segno di protesta avessero lanciato dei pomodori, ci saremmo divertiti di più.
Voto: 8
Cantanti (in rigoroso ordine di apparizione)
Noemi & Valerio Scanu non li ho nè visti, nè sentiti: per la prima, mi dispiace, per il secondo, ringrazio la Provvidenza che ha fatto sì che il ragazzo delle pizze sia arrivato proprio in quel momento
Noemi: 7 (atto di fede)
Valerio Scanu : sotto zero (atto di fede)
Pizzaiolo: santo subito
Marco Mengoni: la sua voce fa dimenticare tutto- mossettine, ammiccamenti, anellazzi e pure una canzone già sentita. E' l'unico che riesca a tenere la scena abbottonato come Govi e con un leccapentole nel taschino. Sublime
Voto: 8
Povia: stavolta, fa il salto di qualità: dopo averci ammannito perle di saggezza con bambini, piccioni e gay rinsaviti, salta il fosso e passa direttamente a cantare la Verità. Avesse fatto come Salinger, sarebbe vissuto di diritti e di intatta fama di autore. E noi saremmo stati privati di questo strazio, nei secoli dei secoli, amen.
Voto: 2
Arisa: riesce a far sembrare sobria la moderna versione delle Sorelle Bandiera, che, a loro volta, riescono a far sembrare sobrio il Gay Pride. Si prende in giro, perché c'è poco da stare allegri, ma l'intonazione della sua voce fa sì che le si perdoni tutto. Anche le sue canzoni.
Voto: 8
Malika Ayan: la palma della più brava di questo Festival non le fa onore, perché quando si è bravi come lei non si teme nessuno, se non il proprio lookologo, che la ingiarma come un incrocio fra una culturista del Bronx e una signorina anni '20, di buona famiglia. La Clerici ne esalta l'eleganza, ma in una società che ha fatto di Lapo Elkann un sex simbol, ci sta.
Voto: 10
(segue...)
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