domenica 24 gennaio 2010

Ossobuco alla Milanese- e una passeggiata con Bill Bryson




Premessa: i signori che stanno per leggere la recensione che segue sono cortesemente pregati di convincersi di quanto segue- e cioè che un certo signor Jerome K. Jerome non sia mai esistito o, al limite, che non abbia mai scritto nulla su tre uomini che andavano in barca lungo i canali del Tamigi o a zonzo per le strade della Germania....

Bill Bryson, Una passeggiata nei boschi - Tea editore, 8,60 euro

A me, Bill Bryson piace. Anzi, faccio ancora un passo avanti e azzardo che, fra tutti gli scrittori che parlano di viaggi, è di gran lunga quello che preferisco. E sapete perché? Perche mi ci identifico, in un sacco di cose. La prima, in assoluto, è che entrambi abbiamo lo stesso modo di concepire il viaggio: in un mondo di turisti fai da te, dove il viaggio è diventato la sublimazione dell'ignoranza del parvenu e la patetica soddisfazione di frustrazioni macroscopiche, siamo rimasti in pochi a rispettarne la statura e a riconoscerne la dignità, al di là delle frasi fatte, degli stereotipi, delle mode. Nessuna meta ai margini dell'universo, nessun rischio mortale, nessun coltello fra i denti ma, piuttosto, la consapevolezza che la più grande avventura sia quella della conoscenza, qualsiasi strada essa prenda- e se magari non si incocciano orsi affamati lungo il nostro percorso o raduni di food blogger cannibali, siamo anche più contenti.
La seconda cosa, invece- che poi a ben guardare è quella che mi fa correre in libreria ad ogni nuova uscita di un suo libro- è lo stile con cui Bryson racconta i suoi viaggi: distaccato, ironico, dissacrante, minimal, umoristico e terribilmente coinvolgente. Il che, se è una qualità di per sè, diventa un pregio al confronto con l'enfasi e l'ampollosità dei suoi colleghi. Prova ne è, fra le tante, il titolo di questo libro, dove il percorso in prevalenza a piedi dell'Appalachian Trail, il sentiero montano più lungo del mondo, viene scanzonatamente definito "una passeggiata nei boschi" e dove si inizia a ridere sin dalle prime pagine, quando Bryson si affanna a spiegare di aver voluto intraprendere questa avventura per non sentirsi "la solita mammoletta, la prima volta che dei tizi in tuta mimetica e in cappellaccio da cacciatore, seduti a un tavolo del Four Aces Dinner, si fossero messi a parlare di spaventevoli imprese all'aperto. Desideravo almeno un po' di quella sbruffoneria che viene dal poter scrutare l'orizzonte con occhi che sembrano frammenti di granito e dire in un unico respiro lento e virile: 'Ebbene sì, anch'io ho cagato a cielo aperto".
E così, le descrizioni dei paesaggi e dei posti visitati, non sono mai esercizi di stile fine a se stessi o excursus nozionistici che ridondano autocompiacimento, tutt'altro. Ogni cosa viene filtrata attraverso gli occhi, la mente e il punto di vista dell'autore il quale, essendo un tipo che pensa e anche bene, riesce a rendere attuale il passato e critico il presente, tanto che quello che di solito si dice, quando si commenta in positivo un libro di viaggio- e cioè " mi sembra di essere lì", nei libri di Bryson si arricchisce di un ulteriore tassello: perché non solo ci sembra di essere lì, ma di esserci con lui. E quando il "lui" è un compagno di viaggio colto, intelligente, arguto e con un senso del'umorismo da paura, si finisce per perdonargli tutto, anche quei momenti di stanca in cui cade ogni tanto, ma che non intaccano per niente la qualità dei suoi racconti.
Orsù, rompete il porcellino


OSSIBUCHI ALLA MILANESE

ossobuco

...O "ossobuchi"? oppure "ossibuco"?
Boh, sentite, quale che sia la grafia corretta, qui si parla di un gran piatto, di quelli che, se fatti bene, ti spediscono dritti dritti in paradiso, con buona pace della fusgion, delle tendenze e dell'aria fritta.
Di ricette ce ne sono un'infinità, ma l'essenziale è che gli ossibuchi siano di vitello: "un ossobuco di vitellone è una delle peggiori disgrazie che possano capitare", sentenzia Allan Bay- e noi gli crediamo sulla fiducia

ossobuco

Ricetta tratta da Robert Carrier, I Grandi Piatti del Mondo

per 4 persone
4 ossibuchi tagliati spessi
farina
sale e pepe nero macinato al momento
2 cucchiai d'olio d'oliva
30 g di burro
2 spicchi d'aglio tritato finemente
mezza cipolla tritata finemente
1 bicchiere di brodo leggero o acqua
1 bicchiere di vino bianco secco
2-4 cucchiai di concentrato di pomodoro
4 filetti di acciuga tritati finemente
4 cucchiai di prezzemolo tritato
la scorza grattugiata di 1/2 limone
risotto alla milanese per servire

Scegliete 4 ossibuchi con molta carne, alti circa 5 cm l'uno. Spolverateli con farina, sale e pepe nero e fateli dorare in olio e burro. Unite uno spicchio d'aglio e mezza cipolla tritati finemente.
Bagnate con il vino bianco e il brodo caldo, in cui avrete sciolto il concentrato di pomodoro. Coprite la casseruola, abbassate la fiamma e lasciate sobbollire per un'ora e mezzo. Quindi,aggiungete i filetti di acciuga e l'altro spicchio d'aglio, tritato finemente. Mescolate, fate scaldare ancora e servite dopo aver spolverato il tutto con la gremolata, preparata mescolando il trito di prezzemolo con la scorza di limone grattugiata. Accompagnate con risotto alla milanese

ossobuco

Note mie
Più che altro, un appello: le mie vene contengono solo poche gocce di sangue lombardo, per cui oltre il sacro testo non vado. So che esistono disquisizioni dotte sull'uso del pomodoro, dell'acciuga, dell'aglio nella gremolata e così via: per cui, se qualcuno ne sa qualcosa, è il benvenuto

Buon Appetito
Alessandra



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