venerdì 6 febbraio 2015

#Shelfie1: Alan Bennett- Gente



Allan Bennett, Gente
"Non esiste un luogo non visitabile. Questo, almeno, ci ha insegnato l'Olocausto".

Prendetela come va presa- e cioè come un paragone che, al pari di tutti i paragoni, ha il vizio di zoppicare. Ma se mai dovessi indicare, nella galleria degli autori contemporanei, quello che presenta più analogie con Oscar Wilde, non esiterei a puntare il dito verso Bennett: e non per lo stile di vita, considerato il basso profilo di quest'ultimo, quanto per quello sguardo impietoso, al limite della ferocia, con cui entrambi osservarono le magagne della loro società, raccontandole con uno stile asciutto, mai retorico, anzi semmai pungente ed ironico che ha fatto la fortuna di entrambi. 
Già, perché anche Bennett, in Inghilterra, è un monumento nazionale- e a ragione: a dispetto della sua proverbiale riservatezza, infatti, non c'è momento della storia degli ultimi cinquant'anni del Regno Unito che non sia stato sottolineato dal suo acume e dal potere dissacrante della sua penna- e questo sin dai primissimi anni Sessanta, quando, assieme a Peter Cook, Jonathan Miller e Dudley Moore, mise in scena Beyond the Fringe, una satira teatrale che molti oggi considerano il vero apripista della Swingin' London, più di quanto non lo siano stati i Beatles, poco tempo dopo. 
Da allora, non c'è costume- o meglio: malcostume- che possa sfuggire alla critica di questo grande commediografo che più centra il bersaglio, più è amato dal pubblico che detti vizi spesso incarna. E, forse per questo, tutto è concesso, a questo neanche più tanto enfant terrible della letteratura inglese, anche di scegliere come protagonista di una sua opera nientemeno che Elisabetta II e di riuscire a farla impersonare sulla scena, alla fine degli anni Ottanta, per la prima volta nella storia. 
D'altro canto, Bennett ripaga il suo pubblico senza mai sbagliare un colpo: e quest'ultima sua fatica, Gente, uscita l'altro ieri nell'edizione italiana di Adelphi che, da anni, cura tutte le sue pubblicazioni qui da noi, ne costituisce l'ennesima conferma. 
Anzi: come recita la terza di copertina, l'ultimo Bennett è ancora più esplicito, più feroce e più comico di quanto sia mai stato: e anche se di solito mi lamento, delle iperboli degli editori, stavolta non solo concordo, ma rilancio: di tutte le opere di questo autore, edite nel nostro Paese, Gente è la più graffiante, la più esilarante, la più bella. 

La commedia verte sul futuro di una storica dimora inglese, su cui gravano tasse di successione che gli eredi non possono pagare. Nella fattispecie, si tratta di due sorelle non più giovani, l'una, Dorothy, ex indossatrice, star delle passerelle degli anni Cinquanta, l'altra, June, rampante femminista che ha dato la scalata alla gerarchia eccelsiastica, di fresca nomina ad Arcidiacono. Costei è ben decisa a donare la casa al Trust ed è proprio su questo altro monumento nazionale britannico che si appuntano gli accenti più feroci della critica di Bennett. Dorothy, che incarna, in pelliccia e ciabatte, lo stereotipo del nobile decaduto che né sa né vuole rinunciare al proprio blasone, è fermamente contraria a tale donazione, che riempirebbe la sua casa di "gente", la stessa verso la quale il referente del Trust sembra invece averel'unica considerazione- perchè è la "gente" che porta denaro ed è alla "gente" che bisogna uniformarsi. La casa va donata con tutto quello che c'è dentro, compresi i vasi da notte con i resti della pipì dei personaggi famosi che lì la facevano, per non dover interrompere la partita di biliardo, perchè questo è ciò che vuole il pubblico. Ad interrompere le riflessioni sul da farsi - un susseguirsi di battute esilaranti- l'incontro con una vecchia fiamma di Dorothy, ora ridotto a fare da trovarobe per la produzione di un film pornografico: la location è adatta (ci son pure i letti a baldacchino), l'offerta economica è allettante, l'affare è fatto. 

Altro non vi dico, se non che si ride, a libro aperto, e si riflette, e tanto, a libro chiuso.
Tanto che, a dispetto della brevità del testo e della sua apparente leggerezza, il primo desiderio è quello di rileggerlo, questa volta senza farsi trascinare dalla curiosità del come andrà a finire, per soffermarsi sulla apparente levità di certe battute che, invece, son portatrici di significati ben più pesanti. L'accusa contro la svolta del Thatcherismo è scoperta, ma le occasioni per riflettere, in senso più ampio, sono molteplici, da "ma tu credi in Dio?/Noi siamo la Chiesa di inghilterra, non è richiesto" a "ogni cosa aveva un prezzo. Se non aveva un prezzo, non aveva valore", passando per l'aforisma con cui si apre questo primo "shelfie" dell'anno che,da solo, vale tutto il libro. 
Da comodino

Alan Bennett
Gente
Traduzione di Mariagrazia Gini
2015, pp. 127
12 euro in libreria
(sul sito della casa editrice, col 25% di sconto)

4 commenti:

  1. Hanno parlato di lui stamattina a Terza Pagina. Radio rai3 - Ha rifiutato il cavalierato perchè glielo aveva offerto la Thatcher.
    Dovrebbe esserci il podcast. Ascolatalo è molto interessante.

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  2. Ho scoperto Alan Bennett alcuni anni fa grazie alla fornitissima libreria di mio papà, con cui condivido l'insaziabile amore per la lettura e per il sarcasmo cinico e disincantato.
    Sono pronta a scommettere che, alla prossima visita, troverò questo libro sul suo comodino (insieme a Sellerio, Adelphi è l'editore di cui raramente si lascia sfuggire un'uscita) e ne approfitterò per farmelo prestare.
    Buon weekend!

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  3. L'ironia e il sarcasmo, specie quando sono pungenti e sottili, sono irresistibili per me. Confesso che questo autore manca nella mia disordinata libreria. Rimedierò. Ciao. Manu.

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  4. Me l'aveva consigliato un'amica, dei cui gusti mi fido così così, ma ora che me lo consigli tu, uno me lo compro e uno lo regalo!

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