domenica 21 marzo 2010

DEL FUROR D'AVER LIBRI (marzo)

 Visto che è primavera anche per menuturistico, stiamo mettendo in ordine nel gran casino che siamo riuscite a creare in poco meno di un anno ( e se non ci credete, date un'occhiata all'archivio e trovatemi un altro blog con le ricette indicate come 2) e 3)). Io ho iniziato dai libri e, già che c'ero, ne ho approfittato per dare un'occhiata a tutte le recensioni pubblicate sinora, con un distacco maggiore a mano a mano che retrocedevo nel tempo. Alcune mi sono piaciute di più, altre di meno e qualcuna per niente, anche perchè molte di esse (le meno recenti) erano destinate ad un "pubblico" diverso e quindi erano piene di riferimenti personali che con una lettura critica di un libro c'entrano come i cavoli a merenda. Tuttavia, mi sono accorta che, al di là della diversità di giudizio, esiste comunque un filo che le lega e che la dice lunga sul mio approccio all'argomento: vale a dire che, mentre sono più obiettiva con i libri meno noti, divento acida e impacabile con i best sellers e con le opere prime degli emergenti.
E' evidente che, almeno in apparenza, il nesso logico non c'è. Ma se si rilegge questo dato dal mio punto di vista (personalissimo e quindi fallace e criticabile) le due cose si incastrano benissimo. E vi spiego il perchè.

Che dietro ad ogni libro ci sia un'operazione di marketing è ormai un assioma, che vale soprattutto per le grandi case editrici: nel loro bilancio, ci sono tirature numerose e iniziative promozionali costosissime, per cui, se si decide di puntare su un autore è perchè o quest'ultimo ha già avuto "di suo" un grande successo, con case editrici più piccole, o è perchè ha per le mani un manoscritto che ha buone possibilità di sfondare fra il grande pubblico. Fin qui, niente di strano e neppure di emendabile, anzi. L'unico editore che ho conosciuto che pubblicava solo libri che gli piacevano ha portato al fallimento una delle più prestigiose case editrici italiane e la stessa Sellerio, come dicevamo l'altro giorno, avrebbe faticato parecchio a sopravvivere con il suo meraviglioso catalogo se non ci fosse stato l'insperato boom di Camilleri. La nota stonata, purtroppo, è che le strategie di vendita interpretano la necessità di assecondare i gusti della massa adeguandosi semplicemente al livello di quest'ultima, senza fare alcuno sforzo per elevarsi al di sopra di esso. Per quanto personalmente sia convinta che mai il cosiddetto "grande pubblico" sia sprofondato in tali abissi di volgarità e di becera ignoranza come al giorno d'oggi, non punto il dito contro le magagne della nostra epoca: fino a cinquant'anni fa, il livello di scolarizzazione in Italia era basso e l'analfabetismo era ancora diffuso. E tuttavia, le opere destinate a questa fascia di lettori, pur trattando tematiche alla moda e sviluppate in trame semplici, con personaggi stereotipati, si elevavano e di molto rispetto al loro pubblico, usando periodi grammaticalmente corretti, arricchiti da un lessico ricercato e comunque più alto del parlare comune. Tanto per fare un esempio, mia nonna, dall'alto della sua sesta elementare, trovava Liala stucchevole e melensa, "buona" solo per le comari: eppure, il peggiore romanzo di questa scrittrice era comunque infinitamente al di sopra del livello delle sue lettrici. La maggior parte dei best sellers di oggi, invece, fa esattamente il contrario: una volta trovata la banda di sintonia con il proprio mercato, anzichè esprimerla ed interpretarla in maniera rispettosa della fierezza della parola scritta, la svilisce in una prosa becera, sgrammaticata, consunta prima ancora che obsoleta, in total dispregio della dignità della letteratura con la L maiuscola.
Per cui, se permettete, mi arrabbio

Per lo stesso indentico motivo, mi arrabbio con l'"autor giovine". Mi guardo bene dal generalizzare, perchè, come in tutte le cose, accanto alle braccia rubate all'agricoltura, ci sono autori che promettono bene. Nello stesso tempo, però, non posso negare che un gran numero delle opere prime che ho dovuto analizzare/correggere/rivedere in questi anni sia viziato da una disarmante impreparazione dei rispettivi autori. E qui, faccio una digressione
Come sapete, la Dani ed io siamo madri di due ragazzine che studiano musica e che suonano entrambe uno strumento il cui diploma verrà rilasciato dopo aver superato i dieci anni previsti dal corso. Una volta diplomate, però, saranno solo al primo gradino della loro formazione artistica: dovranno fare un biennio di perfezionamento, una serie di master e, soprattutto, mantenere costante lo studio quotidiano che, già ora, è di parecchie ore al giorno (per mia figlia son minuti, ma tant'è). Per chi conosce la musica, tutto questo è assolutamente normale: la musica è una materia vasta e complessa, dove lo studio della storia si interseca con la fatica dell'assimilazione delle basi e dove le rigide leggi dell'armonia vanno di pari passo con l'originalità delle interpretazioni.
Se però trasferissimo queste categorie nell'ambito della letteratura, non ci troveremmo di fronte ad una materia tanto diversa, per vastità e per difficoltà, tutt'altro. Eppure, sfido a trovare un giovane autore che per dieci anni abbia letto classici per due-tre ore al giorno, abbia sudato sulla grammatica, abbia fatto esercizio di scrittura, di analisi del testo, di ermeneutica e filologia. Dieci anni, tutti i santi giorni, tre ore al giorno- per coltivare un talento innato, sia chiaro: perchè altrimenti si avrebbero degli onesti mestieranti, ma di artisti veri, neanche l'ombra.

A questo punto, il filo rosso su cui scorre la mia arrabbiatura dovrebbe essere chiaro: se i miei modelli sono Federico Moccia o Dan Brown o anche la Camilla, come posso pensare di dover dedicarmi ad uno studio matto e disperatissimo per diventare famoso? e se l'editoria richiede che il mio genio si adegui ai (dis)gusti del mio potenziale milione di lettori, che senso ha educarlo in modo tale che non riesca a piegarsi al servo encomio della legge del successo? e pazienza se si perdono occasioni preziose per insegnare agli altri a riflettere e a pensare e a crescere come persone autonome nella mente e nel cuore: la scalata alle classifiche di oggi non passa certo da qui

Almeno, lasciate che mi arrabbi....
Alla prossima
Alessandra

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