Bollettino medico del 27 febbraio 2010 ore 8.30: a parte che è tutto come prima (il ditone non accenna a sgonfiarsi, se non fosse nel posto sbagliato sembrerebbe il naso di Rudolph, mentre la sottoscritta continua a sclerare in ciabatte) ho finalmente una diagnosi: non ho niente. Non ho infezioni, non ho fratture, non ho slogature, nada de nada, insomma. A parte il piccolo particolare che rischio l'ambutazione dei piedi. Entrambi, ovviamente, e pure nello stesso tempo.
Ma andiamo con ordine.
Ieri mattina, dopo una notte insonne, passata al lume del dolore, arranco verso il Pronto Soccorso, non prima di aver invocato un mantra collettivo per evitare il taglio (non DEL dito, che quello me lo avrebbero fatto in anestesia, ma SUL dito, che invece, a detta dei colleghi, sarebbe avvenuto "a freddo", in stile prosciutto di Natale, solo che quello è morto prima, mentre io sarei morta durante). Parto col protocollo dei diritti del malato, nella borsa mentre il marito, in un impeto di bontà, prima mi consola, spiegando scientificamente che un taglio solo non servirebbe a niente, mentre due sì, ma tre son meglio, e poi mi lascia ad un km dall'ingresso del Pronto Soccorso, verso il quale arranco, invocando tutti i Santi del Paradiso non prima di essermi scusata per averli disturbati poco tempo fa - ma giuro, non volevo e giuro non lo faccio più.
La prima dura prova mi attende all'ingresso, quando vengo interrogata all'accettazione:Ieri mattina, dopo una notte insonne, passata al lume del dolore, arranco verso il Pronto Soccorso, non prima di aver invocato un mantra collettivo per evitare il taglio (non DEL dito, che quello me lo avrebbero fatto in anestesia, ma SUL dito, che invece, a detta dei colleghi, sarebbe avvenuto "a freddo", in stile prosciutto di Natale, solo che quello è morto prima, mentre io sarei morta durante). Parto col protocollo dei diritti del malato, nella borsa mentre il marito, in un impeto di bontà, prima mi consola, spiegando scientificamente che un taglio solo non servirebbe a niente, mentre due sì, ma tre son meglio, e poi mi lascia ad un km dall'ingresso del Pronto Soccorso, verso il quale arranco, invocando tutti i Santi del Paradiso non prima di essermi scusata per averli disturbati poco tempo fa - ma giuro, non volevo e giuro non lo faccio più.
"cos'ha?"
Ok, questa la so
" ho male a un dito del piede"
"cos'ha?"
Ussegnur, mi è capitato il sordo
"HO MALE A UN DITO DEL PIEDE"
"cosa urla, mica son sordo. Le ho chiesto che cosa ha al dito del piede: un'infezione, una frattura, una slogatura, insomma, che cos'ha?"
Attimo di smarrimento. O sono entrata dalla porta sbagliata, o sono su scherzi a parte. Azzardo "un giradito", ma a quanto pare non basta
" A quale dito?"
Ussegnur due, e questa non la so. So tutti i sette nani, tutti i re di roma, tutte le virtù teologali e i peccati capitali, ma non chiedetemi le dita dei piedi, perchè oltre l'alluce non vado. Confesso la mia ignoranza e- miracolo- mi dice che sui piedi si va a numero: pare che dopo "l'anulare del piede sinistro" si siano arresi all'ignoranza dei pazienti. Dopodichè, mi spiega dove devo andare.
Ora, dovete sapere che io sono mancina e, come dice mio marito, ho il senso di orientamento di un piccione viaggiatore morto. Per me, destra e sinistra sono dei concetti astrusi, che sostituisco da "di là" e "di qua", per giunta senza alcuna mimica: cioè, io dico "di là" e "di qua" senza indicare da che parte è il "di là" e da che parte il "di qua" .Quindi, quando il tipo mi ha detto " vada a sinistra, prenda il corridoio, giri a destra, faccia la scala, poi vada avanti nel corridoio, giri a destra e poi a sinistra", ho capito che non era cosa. Per fortuna, però, so leggere, ho seguito tutti i cartelli e sono arrivata a destinazione.
Mentre son lì che aspetto, mi cade l'occhio sul foglio di accettazione e comincio a leggere: quando arrivo a "segni vitali", passando per "valutazione pupille", "scala del dolore" e "fattore di rischio", non ne dò più. Di segni vitali, intendo. Ho appena la forza di rispondere alla telefonata del marito che, tutto accorato, mi chiede a che ora apre il suo parrucchiere, dopodichè mi chiamano e mi dicono di andare dalla dottoressa Caviglia*. (il primo che ride, lo ammazzo)
La succitata dottoressa Caviglia è una virago di 100 kh lungo cappelluta, che vederla e associarla a bisturi affilati e luccicanti è praticamente tutt'uno. Mi intima di salire sul lettino e, con la forza di venti braccia, comincia a mastrussarmi il dito. Che, orrore, non mi fa più male.
Io ho sempre pensato che, quando sono stata creata, il Signore mi abbia detto "va', e fa le tue figure di m..": per cui, una più, una meno, non fa differenza. Solo che, quando sto per scusarmi, con tutti i sensi della mia mortificazione, mi rispedisce sul lettino e mi diagnostica l'imminente amputazione di entrambi i piedi.
Domanda da cento milioni: che cosa avreste fatto voi? indifese su un lettino, con 'sta specie di vikinga davanti, che emette un sì tragico verdetto, senza mutare espressione e, soprattutto, senza mollare la presa sui vostri piedi?
Io mi sono messa a ridere. Cioè, ho pensato che un po' di sano senso dell'umorismo non si nega a nessuno, che una tipa così non poteva che avercelo macabro e che a me conveniva non irritarla, dandole a intendere che avevo capito il battutone e che mi era pure piaciuto.
"rida rida, che poi quando rimarrà senza piedi, riderò io"
Morale: due cerotti di nitroglicerina da tenere sotto le dita per almeno tre mesi, pediluvi caldi un giorno sì e un giorno no e solenne de profundis per i collant, almeno fino a giugno. Per cui, se vedete su una spiaggia una tipa in costume, con i collant fino alla vita, saprete chi è...
* per ovvi motivi di privacy, il cognome della dottoressa riguardava un'altra parte del piede- ma sempre di piede si trattava. Parola di Giovane (?) Marmotta
altra non ricetta, da fine del mondo
Fate bollire un finocchio, ovviamente dopo averlo mondato e pulito, in acqua leggermente salata.
Nel frattempo, stendete in una tortiera (20/22 com di diametro) un foglio di pasta brisée, sempre rigorosamente comprata e sbattete 250 ml di panna (l'ideale sarebbe la creme fraiche) e due uova. Salate leggermente. Quando il finocchio è cotto, suddividetelo a spicchi e ricoprite con questo il fondo della tortiera. Ovviamente, vi resteranno degli spazi, fra uno spicchio e l'altro, che verranno colmati da tanti dadini di roquefort. Qui si va a gusto: se vi piacciono i sapori forti, mettetene tanto, se invece preferite un gusto più delicato, metetene meno. Versatevi sopra il composto di panna e infornate a 200 gradi per 15-20 minuti, fino a quando la torta non è bella gonfia e dorata. Servite con un'insalata mista.
Buon Appetito
Alessandra
Nessun commento:
Posta un commento