domenica 2 maggio 2010

L'ERBA DEL VICINO

 

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Questa è tutta vera.
Anzi, per un po' era anche stata uno dei miei cavalli di battaglia, nelle chiacchiere con gli amici, tanto che non escludo che qualcuno possa averne già avuto sentore, visto che mi è già capitato di sentirmela raccontare da terzi: e visto che, ogni volta, mi tocca assumerne la maternità, con annessi e connessi, taglio la testa al toro e la racconto coram populo qui sopra.
Ad essere sinceri, me ne ero completamente dimenticata e, se non fosse stato per la versione di greco della creatura, probabilmente chissà per quanto tempo avrei lasciato l'episodio nei menadri della memoria. Ma quando, ieri pomeriggio, ho letto che Solone voleva che le leggi suscitassero nel popolo la compassione per chi era vittima di ingiustizia, allora mi si è accesa la lampadina e ho recuperato questa storia qui. Che va nella direzione contraria, rispetto alle intenzioni di Solone, purtroppo: ma lascia comunque aperta una speranza, nelle astuzie della sagacia. Come dire, che a confidare nella potenza del nostro intelletto, molto o poco che sia, ci si guadagna sempre...


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Uno dei motivi che hanno accelerato il nostro trasloco nella nuova casa è stata l'impossibile convivenza con i vicini del piano di sopra. Erano una coppia giovane, all'epoca senza figli, nipoti della padrona della palazzina e comproprietari della stessa, che si erano trasferiti grosso modo insieme a noi e con cui, chissà per quale misteriosa ragione, mi era pure venuto in mente che avremmo potuto fare amicizia. Tanto che, nell'elenco delle cose da fare, il "caffè con i vicini" veniva subito dopo il "metter su le tende" e subito prima l'"appendi i quadri dello zio". E- forse- sarebbe andata davvero così se, un sabato mattina, all'alba delle 10.00, mio marito non avesse avuto la malsana idea di metter su un quartetto di Mozart, con danni gravi sul fronte dell'inquinamento acustico e irreparabili su quello dei rapporti di buon vicinato.
"Spengo subito" avevo detto ad una specie di Erinni al Pigiama Party che sbraitava sul pianerottolo, chinando il capo di fronte alla fiumana di focose variazioni sull'unico tema del diritto al riposo, "perchè- sa- NOI lavoriamo. NOI".
Da lì in poi, fu un incubo. Ad ogni squillo di campanello sobbalzavo, certa di trovarmeli di fronte con ogni tipo di accusa (dal Kenwood che faceva troppo rumore ai vasi di fiori messi storti): il clou venne toccato una mattina, alle 7, durante una bufera di vento, quando il marito, in mutande, scese a lamentarsi perchè una nostra tapparella scrollava e lui non riusciva a dormire.
Quel che è peggio è che io vivevo nel terrore di disturbare. Ero arrivata ai punti di parlare sottovoce, al sabato mattina, fino alle dieci, facendo preparare la figlia in punta di piedi e uscendo di casa per le scale perchè, maniman, se l'ascensore fa rumore, si svegliano. Avevo dato una tabella di marcia alla donna di servizio, modulata solo sull'umore dei vicini, avevo abbassato la suoneria della sveglia e quella dei telefoni, bagnavo le piante col contagocce e aspettavo di vederli andar via per stendere e fare il bucato.
Le cose si complicarono mostruosamente quando alla Carola venne in mente di suonare il violino. Neanche a dirlo, le lezioni con l'insegnante vennero fissate in base all'orario d'ufficio dei vicini di sopra ma, neanche a dirlo due, bastò una nota fuori tempo per ritrovarmeli entrambi sul pianerottolo, a farmi la lezioncina sull'ABC del comportamento condominiale.
Fu allora che decisi di telefonare all'amministratore, chiedendogli quali fossero le deroghe del nostro condominio ad un regolamento comune. L'aministratore cadde dalle nuvole e mi disse che non c'era nessuna eccezione. Nessun rumore molesto prima delle otto del mattino e dopo le 23- "e se proprio non riesce a fermare gli operai, gli dica almeno di non iniziare a picchiare prima di quell'ora. E se è un violino, suonato dalle 5 alle 6 del pomeriggio, non ci sono problemi"
Vi lascio immaginare, quindi, con quale piglio affrontai il successivo squillo di campanello, alle nove e 25 di un mercoledì di settembre, la vigilia dell'esame di ammissione al Conservatorio, a tre minuti esatti dall'inizio della lezione di musica
"dica a sua figlia di smettere"
"no, mi dispiace"
"avevamo stabilito dopo le dieci e mezza"
"di sabato e di domenica. Oggi è mercoledì"
"nei giorni feriali si era stabilito dopo le nove"
"ora sono le 9.25. E comunque, esiste un regolamento. E l'amministratore mi ha detto..."
"lo so cosa le ha detto l'amministratore. Crede che non mi abbia telefonato? Lui è un mio dipendente, esattamente come lei è una inquilina di mia zia, nel condominio che, guarda caso, è di proprietà della mia famiglia"
E a questo punto, aveva fatto un sorrisino. Di scherno, ovviamente, e di uno scherno cosmico, che comprendeva me, la mia famiglia, la nostra casa e la legge.
Ed è stato allora che ho avuto il colpo di genio.
" Facciamo così, dottore. Ne parli con mio marito.Lui, su queste cose, ci sa far meglio di me. Un attimo solo, che glielo chiamo"
E mentre mi giravo verso il nulla, davanti allo sguardo sbigottito di mia figlia e della sua insegnante, ho preso fiato e, con tutta la voce che avevo in gola, ho urlato
"OLINDOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!"
Quando mi sono voltata, il vicino di sopra non c'era più.
E, da allora, non lo abbiamo più visto....


"Sentore di spiga di grano ligure al sapore di carciofo avec frutto di gallina dorato"


dagli amici detti anche

Asparagi di Albenga con Uovo Fritto, Burro e Parmigiano,

( e , per gli intimi, "Angiosperma Ovulare")

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( Un ringraziamento speciale a madame Muscarià, Mousse Ispiratrice di siffatto titolo)

Per 2 persone
mezzo chilo di asparagi neri di Albenga
2 uova
burro
Parmigiano Reggiano
Pepe nero di mulinello
sale

Far lessare gli asparagi in acqua salata, dopo averli lavati bene e dopo aver loro tolto la parte filamentosa del gambo. Scolarli appena teneri e disporli sul piatto di portata.
Friggere due uova al tegamino, disporle sopra gli asparagi, cospargere il tutto con burro fuso e parmigiano grattugiato e servire. Pepe in tavola, a chi piace.

Ciao
Ale

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