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giovedì 21 giugno 2018

SAMOSA CON GREEN CHUTNEY AL COCCO

  

 

 

 

 

Ricetta lunga e complicata- e forse inutilmente lunga e inutilmente complicata, visto che ormai le samosa in casa non le fa quasi più nessuno, meno che mai alle mie latitudini dove cucinare è una sfida nella sfida, fra ingredienti che non si trovano, umidità da anticamera dell'inferno e altre amenità su cui non vi tedio, visto che c'è tanto da dire, da scrivere e da fare. 

Tutto allo Starbooks, ovviamente 

lunedì 30 maggio 2016

MA CHE BOUNTA'! BOUNTY CHEESE CAKE per l'MTChallenge


di Carola Gennaro

Due premesse soltanto, prima di cominciare con la ricetta
 
1) Fabio e Annalu, vi odio.
In una settimana di lezioni, prove e concerti, l'unica serata libera l'avrei passata a dormire e a mangiar sano.
Anzi, a dirla tutta, me l'ero scordata di dover fare questa torta che, perdonate la sincerità, manco mi piace.
Eppure, chissà come mai, ho passato millemila viaggi Genova-Pavia a pensare a che tipo di cheesecake fare. 
Due giga di internet passati su Pinterest a cercare idee, sempre più confusa. 
Dolce o salata? 
Cotta o cruda? 
Alla fine ho deciso che va beh, quasi quasi potevo provare a fare qualcosina anche io... giusto perché ve l'avevo detto, eh.
E se alle otto di domenica sera, dopo una settimana infernale, dopo due ore di Paganini, mi metto a cucinare col sorriso, forse significa che un po' di bene ve lo voglio :)
E che la cheesecake proprio schifo non mi fa

2) Non sono fissata col cocco, assolutamente.

MA CHE BOUNTA'
BOUNTY CHEESE CAKE


per uno stampo a cerniera del diametro di 13 cm 
 per la base
120 g di Digestive
75 g di burro fuso
2 cucchiaini di rum bianco

Tritate finemente i Digestive, aggiungete il burro e il rum e amalgamate fino ad ottenere un impasto omogeneo. Stendetelo nello stampo precedentemente imburrato, in uno strato uniforme e mettete in frigo per circa mezz'ora. 
nota: la quantita' di rum e' indicativa, perche' potete aggiungerne ancora un po' o metterne un po' meno, a seconda del vostro gusto personale. Attenzione a non eccedere, senno' diventa troppo liquida. Nel caso rimediate aggiungendo altri biscotti.

per la crema

200 g di Philadelphia
3 cucchiai di yogurt bianco greco
1 cucchiaio di panna acida*
80 g di farina di cocco
1 uovo
1 cucchiaino di vaniglia liquida
1 cucchiaino di rum bianco 

Mentre la base di Digestive riposa in frigo, dedicatevi al ripieno
Montate con le fruste elettriche il Philadelphia, lo yogurt, la panna acida, la farina di cocco e l'uovo, fino ad avere un composto bene amalgamato.  
Aggiungete gli aromi che piu' vi piacciono 
(nota della madre: se mi ci mette lo zenzero la anniento) 
Io ho messo vaniglia e una puntina di rum
(nota della madre: per stavolta, l'ha scampata) 
La consistenza deve essere cremosa, ma non eccessivamente spumosa. 

Una volta che la base di biscotti si e' indurita, versatevi sopra la crema e infornate a bagnomaria, forno ventilato, a 160C per mezz'ora. 
(la mia tortina ci ha impegato circa mezz'ora, ma il mio consiglio e' di impostare il timer sui 20 minuti e controllare)
Sfornate e lasciate raffreddare completamente

per la prima copertura
ganache al cioccolato fondente
100 g di cioccolato fondente
50 ml di panna fresca liquida

per la seconda copertura
100 g di cioccolato al latte

Fate sciogliere a bagnomaria il cioccolato fondente con la panna:  con le fruste elettriche, sbattetelo fino a farlo quasi raffreddare. Stendetelo sulla torta e fatelo  raffreddare del tutto. 
Sciogliete a bagnomaria il cioccolato al latte e versatelo sulla torta. Lasciate raffreddare a temperatura ambiente poi passate in frigorifero fino al momento di servire.

Il motivo della doppia copertura e' semplice: volevo imitare lo spesso strato del Bounty. La scelta dei due tipi di cioccolato e' puramente personale: potete usare lo stesso tipo, due volte. 
Se la servite dopo averla tenuta in frigorifero qualche ora, sara' un successone:  somiglia davvero al Bounty solo che, grazie all'aggiunta del rum, rimane dolce senza mai diventare stucchevole. Mia nonna e il mio amico se la sono divorata

P.S. chi mi conosce sa che a Fabio ed Anna Luisa tengo particolarmente, quindi un p.s. per i saluti volevo aggiungerlo... tanti bacini, mi sono divertita tantissimo!
 
    

lunedì 16 febbraio 2015

A GRANDE RICHIESTA... LA STUPENDISSIMA!



"Stupendissima" è una voce che nel vocabolario della lingua italiana non c'è- perchè non tutti gli aggettivi hanno il grado superlativo e "stupendo" è fra questi. 
E' però una voce che Google conosce- e ancor meglio la conosceva qualche anno fa, quando questa torta spopolò sul web, in maniera dilagante ma del tutto inattesa. 
Correva l'anno 2009, scrivevo su un forum di cucina e mi ero innamorata di un libro, Kitchen, una raccolta di ricette della rivista Marie Claire, con foto alla Donna Hay e spiegazioni un po' traballanti, ma che all'epoca mi tenevano incollata alle pagine, neanche si fosse trattato delle cinquanta sfumature del catalogo ikea o dei nuovi arrivi alla voce "teglie".
Per farvela breve, era tutto un provare ricette, compresa anche questa torta, al limone e cocco, come vi racconto più sotto, nel post che in origine l'accompagnava. E siccome già al primo assaggio aveva praticamente steso tutti i volontari, avevo anche pensato di condividerla sul forum di cui sopra, chiamandola Stupendissima, in risposta ad una discussione sulle manchevolezze di alcune forumiste in materia di lingua italiana. 
Piccola premessa: devo parte della mia conoscenza culinaria a signore sgrammaticate e generosissime, che mi hanno messo a parte dei loro segreti e delle loro ricette, con una passione e un entusiasmo e una bravura che ho disperatamente cercato, senza trovarla, nelle cucine di chef laureati. Ragion per cui, anche se sono una vecchia prof di italiano, non è a queste persone che chiedo una conoscenza scrupolosa della nostra lingua, così come non la chiedo ai calciatori o ai meccanici o a quanti fanno un lavoro che non la prevede, come requisito essenziale:  ovvio che mi infastidiscono i congiuntivi sbagliati, ma a un centravanti che mi stende con la consecutio temporis e non segna un gol continuerò sempre a preferire uno che parla come un troglodita, ma al momento buono, la mette dentro.
All'epoca, mi chiamavo raravis, ma van pelt si nasce. e visto che le maestrine mi infastidiscono oltremisura, la mia risposta era stata tutta nel nuovo nome di battesimo dato a questa torta che, sul momento, passò inosservata. 
Ci volle questa signora qui (ma guarda un po'...) che un giorno riportò in auge la ricetta, magnificandola con tutti gli aggettivi ad hoc della lingua italiana- e pure usati in modo corretto: e da allora, per qualche tempo, "Stupendissima" entrò di diritto nel vocabolario internettiano, con buona pace dei censori e degli accademici della Crusca. 
Le mie informazioni si fermano qui. Da quel momento in poi, infatti, ho avuto un po' da fare e non son stata dietro alle sorti di questa torta: ogni tanto, qualcuno mi scrive ancora adesso per ringraziarmi per la porca figura e, anche se i miei meriti sono davvero risibili, incasso con soddisfazione, perchè so quanto piacere faccia rendere felici i propri commensali. 
A casa mia, la si prepara, anche in una versione mandorlata, detta la Stupenderrima, per la legge della par condicio, che per un colpo inflitto alla lingua italiana ne infligge uno anche a quella latina: è inedita, su questi schermi e ve la prometto, per le prossime volte.
Per ora, beccatevi l'originale, introduzione compresa. 
E poi, sappiatemi dire...



Fra le innumerevoli piacevolezze archiviate sotto la voce "gioie della maternità", noi ci godiamo da qualche anno l'avversione della creatura per la cucina in generale- e quella di sua madre, in particolare. A scanso di equivoci, la disgraziata mangia e anche in modo abbastanza giusto: rispetta gli orari dei pasti, non beve bibite gasate, si tiene a cauta distanza dalle merendine e negli anni ha capito che, quando gli alimenti si accoppiano è perché gli altri vivano felici e contenti e non perché perdano ore a separare accuratamente la carne dalla passata di pomodoro e la cipolla dai chicchi di riso. Se poi, nel giro dei prossimi dieci anni, dovessimo mai riuscire a farle capire che ingoiare della roba verde, ogni tanto, non la trasforma automaticamente in una specie di hulk con l'apparecchio ortodontico, ma la rende più sana e più bella, potremmo quasi cantare vittoria.
Anche sul fronte pratico, la ragazza avrebbe dei numeri: le performance ai fornelli si contano a malapena sulle dita di una mano e sono costate ogni volta lacrime e suppliche da parte della sottoscritta, ma i risultati hanno avuto un che di sbalorditivo. "ho preso dalla nonna", ha commentato ogni volta, fra il travaso di orgoglio di mia madre e le ghignate al mio indirizzo del marito.
Il problema, come divevo, riguarda la cucina materna: nel senso che, per mia figlia, o io non cucino mai ( giuro: lo sostiene impavida di fronte a testimoni) oppure cucino cose che non le piacciono. Su questo fronte, mi è toccato sopportare di tutto: dall'asssitere alla richiesta di una terza fetta di torta Cameo, alla festa di compleanno dell'amica inglese, al sentirle dire, come esempio di proporzione inversa, " più la mamma cucina, meno noi mangiamo" ( questa ha fatto il giro di Genova, anzi: se nel frattempo avesse assunto i contorni di una leggenda metropolitana, tranquilli, è tutto vero ed è successo qui, in questa casa, sotto i miei occhi).
Ultimamente, però, la cosa ha assunto un nuovo risvolto, manco a dirlo ancora più imbarazzante, non foss'altro perché pubblico ed indecoroso- e cioè l'abuffata in grande stile dei dolci che preparo per gli amici e che il galateo vorrebbe che si lasciassero nelle loro case e non che finissero negli stomaci di chi li porta in dono. Ogni volta, è un tormento: sguardi languidi lanciati all'ultima fetta, braccia tese con il piatto vuoto, sgomitate per arrivare prima e, come ciliegina finale, un lamentoso " per me, queste cose così buone la mamma non le fa mai" che ha il potere di intenerire anche il più goloso ed affamato dei nostri amici. Ovviamente, io vorrei sprofondare, dalla vergogna: ma a nulla valgono i calci sotto il tavolo, le minacce velate dal tovagliolo, le promesse "che giuro che quando siamo a casa te ne faccio dieci, di 'ste robe qui" : se ha deciso che il dolce le piace, non c'è nulla, ma proprio nulla, che possa fermarla. Anzi, ogni volta è un'escalation verso ulteriori brutte figure: ora, per esempio, siamo arrivati al doggy bag, per cui non solo mangiamo fino a scoppiare, ma ci facciamo preparare anche il pacchettino per la colazione del giorno dopo, con me che sempre più debolmente cerco di oppormi e gli amici sopraffatti dai sensi di colpa, per togliere il cibo di bocca a 'sta povera ragazzina, trascurata dalla mamma.
E così, domenica sera siamo rincasati a notte fonda, con il nostro pacchettino di stagnola nelle mani. E lunedì mattina, accanto ai resti della sera prima, sul tavolo della colazione c'era la replica della stessa torta, solo più fragrante e più profumata, come conviene alle torte appena uscite dal forno. Solo che stavolta era rotonda. E, come ben sanno tutti i grandi esperti di cucina, se c'è una cosa che influisce sul sapore è la forma dello stampo. E le torte quadrate, si sa, sono più buone delle altre. Motivo per cui, gli avanzi sono stati spazzolati in un battibaleno e la replicante ce l'ho ancora semi intatta sul bancone della cucina. Però, almeno stavolta, un commosso "grazie mamma" me lo sono beccato- e , di questi tempi, è meglio che niente....


TARTE AL LIMONE E AL COCCO

la fonte è Kitchen, Marie Claire, ma ho apportato tante e tali di quelle modifiche che ormai l'originale è solo un ricordo

per uno stampo da crostata, meglio se col fondo amovibile, del diametro di 24 cm

pasta frolla, da preparare con la ricetta che preferite

per il ripieno:
180 g di burro a temperatura ambiente
200 g di zucchero
4 uova intere, grandi
la scorza grattugiata di un limone non trattato
90 g di cocco grattugiato
uno yogurt alla vaniglia

con le fruste elettriche, montate il burro a crema, prima da solo, poi con lo zucchero, facendolo diventare bianco e spumoso; unite poi le uova, uno alla volta, sempre montando. Aggiungete poi la scorza di limone,(anche il succo,se volete un gusto piu' persistente) e lo yogurt e amalgamateli al resto degli ingredienti con un cucchiaio di legno: in ultimo, unite la farina di cocco e incorporatela al ripieno.

Per evitare che il composto si separi
1. usate il burro a temepratura ambiente (20-22 gradi al massimo)
2. se lo montate in planetaria, usate la frusta a foglia, altrimenti, vanno bene le fruste elettriche, ma a bassa velocità, perché lo surriscaldano troppo
3. montatelo prima da solo, poi aggiungete lo zucchero (per qualche pasticcere, meglio se a velo)
4. come faccio io (ma non è scritto da nessuna parte): anziché montare il burro da solo, lo stempero con il cucchiaio di legno e lo sbatto bene con quello. Poi aggiungo lo zucchero e passo alle fruste: in questo modo, contengo i rischi di surriscaldamento del burro.

La ricetta originale prevede di rivestire lo stampo con la frolla, di versare il ripieno nel guscio e di mettere in forno.
Io, invece, faccio così

1. prima, imburro e infarino bene lo stampo
2. stendo la frolla
3. la metto in frigo, per tutto il tempo necessario alla preparazione della crema (ma potete tenerla anche di più)
4. faccio una cottura in bianco di 10 minuti, ossia: stendo sul fondo della frolla un foglio di carta da forno, lo copro con fagioli secchi, lo inforno a 180°C, modalità statica, per 10 minuti. Poi spengo, sforno, lascio intiepidire per pochi minuti, elimino fagioli e carta forno, verso il ripieno e inforno, sempre a 180°C per trenta minuti circa.
La superficie deve essere appena brunita, come quella che vedete nella foto.
Non preoccupatevi se, appena fuori dal forno, il ripieno sarà molliccio e tremolante, perché rassoda a contatto con l'aria.

Lasciate raffreddare completamente, poi sformate con delicatezza sul piano da portata e spolverate con zucchero a velo, come se non ci fosse un domani.

mercoledì 24 marzo 2010

...e il terzo giorno....(flan di arancio e cocco)



flan arancia e cocco


...sfasciossi la mini.
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(spazio per gli smoccolamenti)
Prima che pensiate male, stavolta non è colpa mia: il battesimo della nuova auto è stato officiato da due o più idioti, con il rito collettivo dell'offerta di specchietti e di portiere. Noi ci abbiamo rimesso lo specchietto retrovisore del lato del guidatore (parcheggiato dal lato del marciapiede) e metà fiancata, oltre a un pomeriggio passato a convincere la signorina delle Assicurazioni che "no, non sto scherzando e sì, lo so che l'abbiamo appena stipulati, gli atti vandalici " et similia.
In ogni caso, perchè la pratica abbia inizio, è necessaria tutta una procedura che per il resto del mondo inizia con la denuncia ai Carabinieri e termina con la valutazione dei danni da parte del Perito, mentre per me si esaurisce in una telefonata a mio papà.
Va così da 44 anni e, se qualcosa è cambiato, è l'espressione del suo sguardo, che dalla solenne incavolatura dei bei tempi andati è passato ad una desolata rassegnazione, quasi che si sia piegato al crudele destino che lo chiama sempre - sempre- a tamponare i casini della sua figlia maggiore: ma per il resto, il copione è sempre lo stesso, con me che gli dò le chiavi e lui che nel giro di poche ore riconsegna la merce come nuova.
Oggi, però, abbiamo fatto eccezione.
Passo indietro: due o tre mesi fa, a seguito di una mezza rivoluzione del mio orario d'ufficio, mi sono ritrovata con il lunedì mattina libero- vale a dire 4 dicasi 4 ore senza ufficio, senza marito, senza figlia e pure senza casa da riordinare, visto che la signora viene il lunedì. Mi fosse piovuto addosso un tir di manna da cielo non sarei stata così contenta. E quindi, il lunedì mattina, dalle 9 alle 11, vado dall'estetista e guai al mondo se devo cambiare il programma, anche se questo significa costringere mio padre a salire due rampe di scale per prendersi la chiave della macchina.
Dall'estetista faccio una specie di impacchi rassodanti-restringenti-rilassanti, a base di non so quali erbe diluite con acqua di Lourdes, che pare facciano effetto solo se avvolti in non so quanti metri di pellicola trasparente e sotto non so quanti strati di coperte termiche: su di me, fanno un effetto inquietante, stile la cicciona di B.C. vestita da Tutankhamon per il ballo di carnevale: ma siccome se mi muovo vanifico ogni sforzo, tutti i lunedì affronto con coraggio questa prova, restando inchiodata al lettino come l'ostrica allo scoglio, chiudendo la bocca e trattenendo il fiato, che maniman mi muovo.

Sapete già come è andata a finire, vero?
La prima telefonata è arrivata alla fine dell'incellophanamento, proprio quando avevo le braccia completamente immobilizzate:
"guarda che la mini non ha niente"
" come non ha niente" dico alle mie pieghe del collo, nelle quali la man pietosa della Mercedes ha incastato il cellulare. "ha uno specchietto retrovisore rotto e una fiancata da rifare"
"no, no, non ha niente: qui c'è tutto perfetto- specchietto, fiancata, tutto. E' quella grigia, no? E' quella parcheggiata di fronte a casa, no? E allora, non ha niente"
La seconda telefonata l'ho presa sollevando l'avambraccio all'altezza dell'orecchio
" Belin, me lo potevi dire che qui son solo mini grigie..."
La terza telefonata, ha richiesto l'impiego del polso
"a che ora è avvenuto il sinistro?"
"papà, come parli?"
"son dai Carabinieri: a che ora è che ti han rotto la macchina?"
"papà, non è un incidente: è un atto vandalico, senza testimoni.."
Breve confabulazione
"ma qui vogliono sapere a che ora è successo..."
La quarta telefonata, l'ho presa direttamente con la mano sinistra, mentre con la destra davo pacche di conforto alla mia estetista, sempre più afflitta
"che lavoro fai?"
Secondo voi, le testate nel muro, lo fanno venire il collo liscio????

P.S. Nel lungo elenco delle persone /cose/situazioni che la gente mi invidia, mio padre occupa il primo posto. Su tutto il resto discuto, su mio padre no: perchè se c'è una figlia davvero fortunata al mondo, questa sono io.

FLAN DI ARANCIO E COCCO

flan arancia e cocco




La ricetta proviene da qui, con l'unica modifica della base, nel mio caso sostituita dalla pate sucrée di Michael Roux.

per la pasta sucrée (M. Roux)
-250 gr di farina
-200 gr di burro tagliato a pezzettini leggermente ammorbidito
-2 tuorli
-un pizzico di sale
-100 gr di zucchero a velo
Lavorare insieme tutti gli ingredienti. Lasciar riposare l'impasto in frigo per almeno mezz'ora, avvolto in pellicola trasparente

Per il flan
2 arance non trattate
40 g di farina di mais
3 uova
80 g di zucchero
30 cl di latte di cocco
pasta sablè


Preparazione

Imburrare bene uno stampo a cerniera di 22/24 cm di diametro e rivestirlo con una sfoglia di pasta sucrè

Grattugiate la scorza delle arance e spremetene il succo, in modo da ottenerne circa 150 ml. Filtratelo e stemperatevi la farina di mais, poco per volta.

Montare i tuorli con lo zucchero, fino ad ottenere un composto spumoso. Aggiungere il succo di arancia in cui è stata sciolta la farina e, in ultimo, il latte di cocco e la scorza d'arancia grattugiata


Versare il composto nello stampo ed infornare a 180 gradi, per 35 minuti circa. Fate raffreddare completamente, prima di sformare il flan
Buon Appetito
Alessandra



domenica 21 giugno 2009

Coconut bread ( il plum cake della cecilia)


di Alessandra

cocco bread

Quello che segue è un post datato, che risale al 7 gennaio di quest'anno, quando Genova si è svegliata coperta dalla classica coltre di neve. Il che potrebbe far sollevare il sopracciglio anche al più ben disposto di voi, perché va bene che non c'è più la mezza stagione, va bene che facciamo prima ad aspettare Godot che tre giorni di fila di bel tempo, va bene che anche il bucato di ieri sera è andato a farsi benedire, sotto l'ultimo dei temporali, ma inaugurare l'inizio dell'estate con un memoir della nevicata del 2009 , forse, è un po' troppo.
In verità, però, la neve non c'entra : o meglio, all'epoca era stata la fonte di una serie di ispirazioni culinaria fra cui il mitico plum cake del sottotitolo, ma oggi non ha più nessun senso, anzi: anch'io, come tutti, ho voglia di sole, di vacanze, di aria aperta.
Tuttavia, non posso fare a meno di inserirlo qui ed ora, per il semplice fatto che è da qualche tempo che mi accorgo che a questo blog manca un pezzo e che questo pezzo si chiama Cecilia. Che, nel tourbillon di amicizie della mia vita, è quella che resiste impavida da oltre vent'anni, secondo me perché è l'unica dotata di un seppur minimo bagaglio di doti intellettuali tali da poter riuscire ad apprezzare le mie altissime virtù, secondo lei perché è l'unica che ancora riesca a sopportarmi.
Quindi, siccome questo blog è un diario quotidiano della mia vita, e siccome una bella fetta di quest'ultima la condivido con lei, mi tocca presentarvela, attraverso uno dei ritratti più sublimi che mai siano usciti da questa penna, e non capsico perché, dopo averlo letto, mia figlia mi abbia tenuto i musi per una settimana ( la Cecilia è da anni sulla vetta dell'Olimpo personale della creatura e non accenna a schiodarsi da lì) e sia stata inversata come un guanto da mio marito, perché pare che non sia così che si trattano le amiche. A conferma di quello che dicevo sopra, la protagonista, per contro, ci ha riso alle lacrime, al punto che ancor oggi, a distanza di mesi, quando le ho preannunciato che sarebbe uscita dall'anonimato delle persone reali per diventare un personaggio di questo blog, ha convenuto che migliore presentazione di questa non ci potrebbe essere. Anzi, ha anche aggiunto di metterci il sonoro....

Stamattina ci siamo svegliati sotto la neve. O meglio: voi vi sarete svegliati, perché io sono stata tutta la notte in piedi, a saltellare per casa, un po' per il freddo e un po' per l'eccitazione che ogni volta mi prende quando nevica. Può essere che sia una sintomatologia grave, di sicuro è congenita e non curabile, visto che ce l'ho praticamente dalla nascita, l'ho trasmessa alla figlia e con gli anni peggiora: è che la neve, per me, esalta il lato più bello della parte domestica della mia vita, dai plaid della nonna con un bel libro giallo, fino alle tazze fumanti di cioccoalta calda. Da accompagnarsi, rigorosamente, con un dolce antico, di tradizione, di quelli che, già dalla preparazione, ti riportano indietro nel tempo, a quando queste cose le facevano la nonna e la mamma e tu, al massimo, potevi sperare di pulire la pentola o di avere un pezzetto di pasta cruda, in attesa che fosse tutto pronto. Una torta di mele, una crostata con la marmellata di prugne, un ciambellone soffice da prima colazione, per intenderci. Oppure un bel plum cake, come questo qui, preparato con la ricetta della prima land lady ( che sarà morta e sepolta da vent'anni, mi sa), un trionfo di canditi, di uvetta e di burro, uscito fragrante dal forno giusto ieri pomeriggio e che sembrava quasi aspettasse la neve, per essere mangiato.
Quasi.
Già, perché fra l'operazione di sforno e la nevicata, è arrivata la Cecilia.
Che, per i due o tre che non lo sapessero, è la mia segretaria lionisitica- o meglio: l'incarnazione dell'idea platonica della segretaria: efficiente, puntuale, misurata in tutto...
In tutto, tranne che negli appetiti.
Mai vista persona mangiare di più, giuro: e questo a discapito dell'aspetto da "così piccola e fragile" per cui nessuno, vedendola, si immaginerebbe che dietro quelle fattezze preraffaellite e sotto quei chili di maglioni si nasconda uno stomaco senza fondo, da fare invidia ad intere colonie di struzzi.
E' evidente che parlo a ragion veduta, forte delle decine di cene che l'hanno vista arrivare in rigoroso anticipo, con il solo intento di abbuffarsi prima dell'arrivo degli ospiti. Presentandosi sistematicamente con un " che cosa c'è da mangiare???" e finendo ogni volta per scegliere ora il bigné che tiene in piedi la montagna di profiterol, ora la tartina faticosamente incastrata in mezzo al piatto, ora rovinando tutti gli effetti artistici studiati per giorni dalla sottoscritta e realizzati con sudore, fatica e lacrime.
E sorvolo sulla volta che, con l'intento di aiutarmi, si è fatta fuori tre quarti ( 3/4) del gelato che sarebbe dovuto servire a riempire un panettone da un chilo, sotto gli sguardi atterriti delle mie amiche che ancora non la conosncevano e che non osavano dirmi che, per ogni cucchiaio che finiva al posto giusto, ce n'erano tre che si ingollava beatamente giù dal gargarozzo...
Ieri, ovviamente, non è stata da meno: giulio non aveva ancora finito di tagliare la prima fetta che già era sotto con la mano, "su, su, muoviti che c'ho fame", e poi un'altra e poi un'altra ancora, fino alla completa sazietà. dopodiché, cosa pensate che abbia fatto? Che mi abbia ringraziato, per averle dato la merenda? Che abbia fatto una novena alla befana, per aver avuto in sorte un'amica come me, che son vent'anni che la sostiene, tipo punto di ristoro ai raduni degli Alpini? Che abbia detto, " complimenti, che buono, mi dai la ricetta?"
nossignori: prima si è fatta un garbato ruttino di gradimento che le vetrerie di casa hanno tintinnato per mezz'ora, dopodiché, guardandomi con fare accusatorio, ha sentenziato che c'era troppo burro e infine, non paga di quanto già non avesse fatto, ha iniziato a tirar fuori metri di rotolini di ciccia dalla cintura dei calzoni, dicendomi che adesso, per colpa mia, si sarebbe dovuta fare gli straordinari in palestra e un guardaroba nuovo. Il tutto, ovviamente, sorseggiando una pinta di camomilla- perchè il tè- guai al mondo- le sta indigesto...


COCONUT BREAD

cocco bread




300 g di farina
70 di burro
150 di farina di cocco
300 di zuchero
2 uova
2 cucchiaini di cannella
200 ml di latte
una stecca di vaniglia
2 cucchiaini di lievito

Far bollire il latte e mettere in infusione i semi di vaniglia.
Far fondere il burro e lasciar raffreddare.
Quando latte e burro sono a temperatura ambiente, versare tutti gli ingredienti nel robot da cucina e mescolare bene il composto: dovrà rimanere piuttosto liquido e un po' grumoso, a causa della farina di cocco.
Imburrare e infarnare uno stampo da plum cake da un litro e mettere inn forno caldo a 180 gradi, modallità statica, per 50 minuti. Se dovesse scurire troppo in superficie, cuocete gli ultimi dieci minuti coprendo lo stampo con carta stagnola.
Rispetto ai plum cake tradizionali, che partono da una base di 4/4, questo è molto più leggero: solo 70 g di burro e 2 uova, per un totale di almeno quindici fette di dolce...
Perfetto così, ma anche con banane fresche ( io le odio e non lo farò mai, ma la morte sua mi sa che sia quella) oppure con altra frutta a picere. Se preferite che si senta di più il cocco, dimezzate la cannella o toglietela del tutto.
Va da sè che il plum cake del post fosse quello very british, ma stavolta mi son messa a vento: la stiamo aspettando da un momento all'altro ( la Cecilia, si intende) e non sia mai che mi accusi di averle rovinato la prova costume...
buon appetito
alessandra