Jamie's Great Britain è, ancor prima di un libro, una dichiarazione d'amore.
Di quell'amore adulto consapevole e maturo che i figli provano verso le loro madri, una volta cresciuti. Dopo che le hanno criticate, contestate, a volte anche rinnegate, in nome di proposte, valori, culture diverse; dopo che le hanno abbandonate, in cerca di strade nuove, più personali, più libere e più proprie- e dopo che sono ritornati, novelli figli prodighi, ricchi di esperienze, di risorse, di conoscenze e di una nuova saggezza, che ha nella riscoperta delle proprie radici il senso ultimo di questo viaggio.
Jamie Oliver ha fatto così, con la cucina inglese: è cresciuto con essa, nel pub dei genitori a Clavering, nel'Essex, l'ha studiata, al Westminster Catering College, l'ha proposta, al River Cafè- e poi l'ha criticata, l'ha rinnegata, l'ha abbandonata per altre più seducenti, più intriganti, più confacenti a quella cultura gastronomica che stava formandosi nella mente di questo enfant prodige della cucina britannica, in nome di un ritorno ad un passato inteso nei suoi aspetti più concreti e materiali: veder cucinare Jamie Oliver è un'esperienza sensoriale a tutto tondo, ma è un'esperienza quasi primitiva, una sorta di rito di riapproriazione di ciò che ci appartiene in quanto uomini di questa terra.
E' in questo senso che la cucina di Jamie è, ancor prima che biologica, democratica, in questo suo impulso ad essere cucina di tutti: non solo nell'utilizzo di materie prime sane, ma anche e soprattutto nel suo essere e dover essere garanzia di salute per tutti, in un recupero essenziale, quasi scarnificato, di quella "dieta" greca che era, in primis, stile di vita.
Jamie ritorna alla cucina britannica riscoprendo nei vecchi ricettari di famiglia- da quella del pub dei suo genitori a quella sempre più allargata che arriva fino ai confini dell'Impero- lo stesso filo conduttore che ha trovato nella tanto amata cucina italiana, nella tanto celebrata dieta mediterranea, vale a dire quel "great food" che è l'essenza stessa di ogni buon cibo, indipendendentemente da dove ci si trovi e che lui, oggi, finalmente, riscopre nella sua terra.
Lo fa alla Jamie, naturalmente, in un libro corposo, divertente, colorato, domestico, familiare e confidenziale e con ricette che creano immediati legami emotivi con il lettore, grazie a quella sua straordinaria capacità di semplificare tecniche e procedimenti- e di dare l'impressione che lo stia facendo per te e per te solo. Era quindi inevitabile che "quelle dello Starbooks" ne rimanessero contagiate, sensibili come siamo state al fascino di questo ex ragazzone che ancora oggi continua a non aver perso nulla dell'ingenuità, dell'entusiasmo e della tenacia che lo ispirano a portare avanti un progetto che, di giorno in giorno, assume sempre più i contorni di una missione.
Esattamente come sta succendendo qua :-), sia chiaro, con queste 4+1 sempre più esaltate, che in queste tre settimane ci aiuteranno a regalarvi alcune fra le più belle fra le 130 ricette di Jamie's Great Britain. Per comodità, abbiamo deciso di dividerle per temi: al momento siamo ferme a tre, ma non è escluso che se ne faccia un quarto, a seconda della piega che prenderanno i nostri calendari. Da oggi e per i prossimi due mercoledì, vi parleremo di piatti legati alle teste coronate, all'ora del tè e alla cucina del pub, nei blog di Cristina G., Cristina B., Ale e Patty, oltre che qui sopra. La Mapi riposa, ma visto ciò di cui è capace quando è sveglia, meglio lasciarla in letargo per un po'....
Per il ripieno
• 2 cucchiai di olio d'oliva
• 1 noce di burro
• 3 rametti di rosmarino fresco tritato
• 3 rametti di timo fresco
• 3 foglie di alloro fresche
• 3 cipolle rosse medie, sbucciate
• 1 kg di stinco di manzo (chiedere al macellaio di tagliare in dadi 2.5cm e vi darà l'osso)
• sale e pepe macinato di fresco
• 2 cucchiai di passata di pomodoro
• 400ml buona birra
• 2 cucchiai colmi di farina
• 1,5 litri di brodo di manzo biologico o brodo di pollo
• 140 g di orzo perlato
• 3 cucchiaini di senape inglese
• 2-3 cucchiai di salsa Worcestershire,
• 100 g di formaggio Cheddar
Per la pasta
• 300g di farina normale, più extra per spolverare
• 100 g di strutto (ho usato il burro)
• 100 g di burro
• sale marino
• 1 grande uovo sbattuto
Procedimento
Mettete l'olio d'oliva, il burro e le erbe aromatiche in una grande casseruola di circa 24 centimetri di diametro e 12cm di profondità, a fuoco vivo. Tritate grossolanamente e aggiungete le cipolle, con la carne tagliata a dadini, la tibia e un paio di pizzichi di sale e pepe. Mescolate bene e far cuocere per 10 minuti, mescolando di tanto in tanto. Aggiungere la passata di pomodoro, la birra, la farina e il brodo e mescolare fino ad arrivare al punto di ebollizione. Abbassate la fiamma (molto bassa), mettete il coperchio e lasciate cuocere per 1 ora, mescolando di tanto in tanto. Trascorsa un'ora, aggiungete l'orzo perlato. Rimettete il coperchio e fate sobbollire per un'altra ora, poi togliete il coperchio e fate sobbollire per altri 30 minuti, o fino a quando la carne si sfalderà facilmente sotto la pressione del cucchiaio e il sugo sarà diventato spesso. Col l'aiuto di un cucchaio, togliete via tutto l'olio dalla parte superiore, quindi aggiungete la senape e la salsa Worcestershire e grattugiare finemente il formaggio. Salate e pepate a vostro piacere.
Nel frattempo, preparate la pasta
mettete la farina, lo strutto e il burro in una ciotola con un buon pizzico di sale. Usando il tuo pollice e l'indice iniziare a strofinare il burro nella farina fino a che il composto non prende la forma dei Cornflakes. Aggiungervi lentamente 125ml di acqua fredda, quindi impastare con le mani, rapidamente, fino ad ottenere un composto piuttosto ruvido. Avvolgete la pasta nella pellicola trasparente e mettere in frigo fino al momento dell'uso.
Preriscaldare il forno a 180 ° C. Eliminare l'osso dallo stufato e versare quest'ultimo in un piatto da pie (per noi, una piroflila da forno), di circa 24 x 30 cm, e di 4 cm di profondità. Spennellare i bordi del piatto con un po' di tuorlo d'uovo. Stendere poi la pasta con un mattarello in una sfoglia di circa 1 cm di spessore e leggermente più grande della pirofila, appoggiarvela sopra, farla aderire bene ai bordi con una leggera pressione delle mani e spennellare la superficie con uovo sbattuto.
Infornare per 40- 45 minuti, modalità statica.
Servire con verdure al vapore
1. l'orzo: non l'ho messo- ma ci va. Sono pure andata a comprarlo, sia chiaro, perchè le buone intenzioni ce le ho messe tutte. Poi, al momento buono, ho pensato che quella schizzinosa della creatura non l'avrebbe mangiata, che per cena non c'era nient'altro, che ero stanca morta, e così l'ho lasciato dov'era, commettendo un gravissimo errore di bilanciamento (marito dixit), perchè senza orzo il ripieno è un po' troppo sbilanciato verso l'acidità del pomodoro. Considerato che se ne è fatto fuori 4 fette la prima sera e 3 la seconda, direi che ha avuto modo di assaggiarla per bene e possiamo fidarci, no?
2. il cheddar: qui, invece, è stato un rifiuto consapevole. Nel senso che amo il Cheddar sopra ogni cosa, ma solo quello buono. E quello buono, in Italia, non lo trovo neanche se piango. Di sostituirlo con il groviera, in questa preparazione, non me la sono sentita- e così ho tirato dritta, pensando che se mai dovesse ricapitare, di trovarmi davanti ad una cucina vera, in Inghilterra, allora sì che potrò finalmente prendermi una bella rivincita...
3. l'osso: ci andrebbe. Uso il condizionale, perchè ci son mille remore, ma se avete un macellaio di fiducia, resta il migliore insaporitore di tutt. In più, è un tocco molto "oliveriano", in questa ricerca della cucina essenziale, della Ur-materia prima e quindi, se avete modo di procurarvelo, fatelo, perchè ci va.
4. la pasta: ho fatto una doppia sfoglia, anzichè uno stufato rivestito di pasta. Scelta dettata da elucubrazioni personali? Assolutamente no. Ho letto "pie" e ho fatto una pie... per una volta che obbedisco, mi va male :-)
Jamie Oliver ha fatto così, con la cucina inglese: è cresciuto con essa, nel pub dei genitori a Clavering, nel'Essex, l'ha studiata, al Westminster Catering College, l'ha proposta, al River Cafè- e poi l'ha criticata, l'ha rinnegata, l'ha abbandonata per altre più seducenti, più intriganti, più confacenti a quella cultura gastronomica che stava formandosi nella mente di questo enfant prodige della cucina britannica, in nome di un ritorno ad un passato inteso nei suoi aspetti più concreti e materiali: veder cucinare Jamie Oliver è un'esperienza sensoriale a tutto tondo, ma è un'esperienza quasi primitiva, una sorta di rito di riapproriazione di ciò che ci appartiene in quanto uomini di questa terra.
E' in questo senso che la cucina di Jamie è, ancor prima che biologica, democratica, in questo suo impulso ad essere cucina di tutti: non solo nell'utilizzo di materie prime sane, ma anche e soprattutto nel suo essere e dover essere garanzia di salute per tutti, in un recupero essenziale, quasi scarnificato, di quella "dieta" greca che era, in primis, stile di vita.
Jamie ritorna alla cucina britannica riscoprendo nei vecchi ricettari di famiglia- da quella del pub dei suo genitori a quella sempre più allargata che arriva fino ai confini dell'Impero- lo stesso filo conduttore che ha trovato nella tanto amata cucina italiana, nella tanto celebrata dieta mediterranea, vale a dire quel "great food" che è l'essenza stessa di ogni buon cibo, indipendendentemente da dove ci si trovi e che lui, oggi, finalmente, riscopre nella sua terra.
Lo fa alla Jamie, naturalmente, in un libro corposo, divertente, colorato, domestico, familiare e confidenziale e con ricette che creano immediati legami emotivi con il lettore, grazie a quella sua straordinaria capacità di semplificare tecniche e procedimenti- e di dare l'impressione che lo stia facendo per te e per te solo. Era quindi inevitabile che "quelle dello Starbooks" ne rimanessero contagiate, sensibili come siamo state al fascino di questo ex ragazzone che ancora oggi continua a non aver perso nulla dell'ingenuità, dell'entusiasmo e della tenacia che lo ispirano a portare avanti un progetto che, di giorno in giorno, assume sempre più i contorni di una missione.
Esattamente come sta succendendo qua :-), sia chiaro, con queste 4+1 sempre più esaltate, che in queste tre settimane ci aiuteranno a regalarvi alcune fra le più belle fra le 130 ricette di Jamie's Great Britain. Per comodità, abbiamo deciso di dividerle per temi: al momento siamo ferme a tre, ma non è escluso che se ne faccia un quarto, a seconda della piega che prenderanno i nostri calendari. Da oggi e per i prossimi due mercoledì, vi parleremo di piatti legati alle teste coronate, all'ora del tè e alla cucina del pub, nei blog di Cristina G., Cristina B., Ale e Patty, oltre che qui sopra. La Mapi riposa, ma visto ciò di cui è capace quando è sveglia, meglio lasciarla in letargo per un po'....
Quindi, a farla breve, cominciamo oggi, con un bel menu reale, gustato col sottofondo del "God Save the Queen", insieme ai
Kate and Will's Wedding Pie di Menuturistico
KATE AND WILL'S WEDDING PIE
Per il ripieno
• 2 cucchiai di olio d'oliva
• 1 noce di burro
• 3 rametti di rosmarino fresco tritato
• 3 rametti di timo fresco
• 3 foglie di alloro fresche
• 3 cipolle rosse medie, sbucciate
• 1 kg di stinco di manzo (chiedere al macellaio di tagliare in dadi 2.5cm e vi darà l'osso)
• sale e pepe macinato di fresco
• 2 cucchiai di passata di pomodoro
• 400ml buona birra
• 2 cucchiai colmi di farina
• 1,5 litri di brodo di manzo biologico o brodo di pollo
• 140 g di orzo perlato
• 3 cucchiaini di senape inglese
• 2-3 cucchiai di salsa Worcestershire,
• 100 g di formaggio Cheddar
Per la pasta
• 300g di farina normale, più extra per spolverare
• 100 g di strutto (ho usato il burro)
• 100 g di burro
• sale marino
• 1 grande uovo sbattuto
Procedimento
Mettete l'olio d'oliva, il burro e le erbe aromatiche in una grande casseruola di circa 24 centimetri di diametro e 12cm di profondità, a fuoco vivo. Tritate grossolanamente e aggiungete le cipolle, con la carne tagliata a dadini, la tibia e un paio di pizzichi di sale e pepe. Mescolate bene e far cuocere per 10 minuti, mescolando di tanto in tanto. Aggiungere la passata di pomodoro, la birra, la farina e il brodo e mescolare fino ad arrivare al punto di ebollizione. Abbassate la fiamma (molto bassa), mettete il coperchio e lasciate cuocere per 1 ora, mescolando di tanto in tanto. Trascorsa un'ora, aggiungete l'orzo perlato. Rimettete il coperchio e fate sobbollire per un'altra ora, poi togliete il coperchio e fate sobbollire per altri 30 minuti, o fino a quando la carne si sfalderà facilmente sotto la pressione del cucchiaio e il sugo sarà diventato spesso. Col l'aiuto di un cucchaio, togliete via tutto l'olio dalla parte superiore, quindi aggiungete la senape e la salsa Worcestershire e grattugiare finemente il formaggio. Salate e pepate a vostro piacere.
Nel frattempo, preparate la pasta
mettete la farina, lo strutto e il burro in una ciotola con un buon pizzico di sale. Usando il tuo pollice e l'indice iniziare a strofinare il burro nella farina fino a che il composto non prende la forma dei Cornflakes. Aggiungervi lentamente 125ml di acqua fredda, quindi impastare con le mani, rapidamente, fino ad ottenere un composto piuttosto ruvido. Avvolgete la pasta nella pellicola trasparente e mettere in frigo fino al momento dell'uso.
Preriscaldare il forno a 180 ° C. Eliminare l'osso dallo stufato e versare quest'ultimo in un piatto da pie (per noi, una piroflila da forno), di circa 24 x 30 cm, e di 4 cm di profondità. Spennellare i bordi del piatto con un po' di tuorlo d'uovo. Stendere poi la pasta con un mattarello in una sfoglia di circa 1 cm di spessore e leggermente più grande della pirofila, appoggiarvela sopra, farla aderire bene ai bordi con una leggera pressione delle mani e spennellare la superficie con uovo sbattuto.
Infornare per 40- 45 minuti, modalità statica.
Servire con verdure al vapore
Note mie
Per gran parte sono un "mea culpa", perchè le due modifiche che ho fatto hanno solo dimostrato che quando si è di fronte a chef d'eccezione (e Jamie Oliver lo è), bisogna obbedire e tacere. Per cui, le segno, per dovere di cronaca ma, per dovere di onestà, vi dico subito che me le dovevo evitare- e vi spiego anche il perchè.1. l'orzo: non l'ho messo- ma ci va. Sono pure andata a comprarlo, sia chiaro, perchè le buone intenzioni ce le ho messe tutte. Poi, al momento buono, ho pensato che quella schizzinosa della creatura non l'avrebbe mangiata, che per cena non c'era nient'altro, che ero stanca morta, e così l'ho lasciato dov'era, commettendo un gravissimo errore di bilanciamento (marito dixit), perchè senza orzo il ripieno è un po' troppo sbilanciato verso l'acidità del pomodoro. Considerato che se ne è fatto fuori 4 fette la prima sera e 3 la seconda, direi che ha avuto modo di assaggiarla per bene e possiamo fidarci, no?
2. il cheddar: qui, invece, è stato un rifiuto consapevole. Nel senso che amo il Cheddar sopra ogni cosa, ma solo quello buono. E quello buono, in Italia, non lo trovo neanche se piango. Di sostituirlo con il groviera, in questa preparazione, non me la sono sentita- e così ho tirato dritta, pensando che se mai dovesse ricapitare, di trovarmi davanti ad una cucina vera, in Inghilterra, allora sì che potrò finalmente prendermi una bella rivincita...
3. l'osso: ci andrebbe. Uso il condizionale, perchè ci son mille remore, ma se avete un macellaio di fiducia, resta il migliore insaporitore di tutt. In più, è un tocco molto "oliveriano", in questa ricerca della cucina essenziale, della Ur-materia prima e quindi, se avete modo di procurarvelo, fatelo, perchè ci va.
4. la pasta: ho fatto una doppia sfoglia, anzichè uno stufato rivestito di pasta. Scelta dettata da elucubrazioni personali? Assolutamente no. Ho letto "pie" e ho fatto una pie... per una volta che obbedisco, mi va male :-)
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